Dicembre – Santa Bibiana – Caro Babbo Natale… – Santa Barbara! – Se a l’é galaverna ..- Messer Porro! – Panettone o pandoro! – Arriva il S. Natale, lo stupore. – Barbania…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Dicembre
Dicembre è un mese importante perchè accompagna le grandi feste come il Natale, ma anche l’arrivo dell’inverno. Qui da noi lontani dalle grandi città si ha la fortuna di vedere ogni giorno il trascorrere delle stagioni e carpirne i piccoli cambiamenti. Un giorno ti basta uscire con il maglione e la sciarpa, il giorno dopo occorre il giaccone e il cappello. Ormai le foglie sugli alberi sono quasi tutte cadute, solo alcune foglie sulle querce resistono impavide. Sono sempre le ultime a metterne ma anche le ultime a cadere. Dicembre è il mese delle feste lunghe ma è anche il mese della malinconia e dei ricordi struggenti dei nostri cari con cui festeggiavamo il S. Natale, ma che ora non ci sono più. Dicembre è il mese in cui col solstizio d’Inverno giunge il giorno più corto, ma proprio da quel momento iniziano ad aumentare le ore di luce. Relativamente non ad un giorno specifico, ma a tutto il mese abbiamo il proverbio che recita “ A dzèmber fiòca sensa gelé a val për ël gran pì dël liamé, A dicembre neve senza gelate vale per il grano più del letamaio”, che equivale al modo di dire italiano “Sotto la neve pane”: è importante dunque che d’inverno, e specie a dicembre, nevichi, per proteggere, sotto la coltre bianca, il seme del grano, a patto però che non geli, fatto che brucerebbe il seme, impedendogli di crescere. A completamento di questo abbiamo un altro proverbio che stabilisce che nel mese di dicembre è meglio che il clima non sia troppo sereno né caldo: “Dzèmber tròp bel a marca pa un bon ann novel, Dicembre troppo bello non indica un anno nuovo buono”. Inoltre, che la neve sia preferibile al ghiaccio o alla pioggia ce lo indica anche il modo di dire: “ Sota la fiòca ’l pan, sota l’eva la fam, Sotto la neve il pane, sotto l’acqua la fame”, la pioggia infatti favorisce anche la nascita e lo sviluppo dei parassiti che possono danneggiare il grano. Infine Dicembre è l’ultimo mese dell’anno, lasciamo il 2020 anno bisestile e ci auguriamo tutti nella bontà del 2021, si Dicembre è un mese bellissimo.
Favria, 1.12.2020 Giorgio Cortese

Con tutto l’amore che può contenere il mio cuore ti auguro un Natale pieno di felicità!

Santa Bibiana
Il giorno di Santa Bibiana determina, nella tradizione piemontese come in altre regioni, una curiosa dichiarazione meteorologica. El temp ch’a fa, con tutte le varianti climatiche: s’a pieuv, s’a tira vent, s’a fà sol… a Santa Bibian-a, për quaranta di e na sman-a. Quindi per quasi 50 giorni, quaranta giorni ed una settimana, il clima sarà lo stesso di quello del giorno di questa Santa.
Favria 2.12.2020 Giorgio Cortese

Il Natale è un’emozione nella felicità e nello stupore di chi ho vicino, una ricchezza incommensurabile. Tanti auguri di Buon Natale.

Caro Babbo Natale,
come tutti gli anni si sta avvicinando il Santo Natale, spero che sia un giorno di pace per tutti. Io non sono un bambino, ma conservo nel mio l’immutato stupore del Santo Natale.
Scrivo questa letterina non per chiederti dei regali per me, sono troppo cresciuto ormai, ma di portare in dono ai bambini e a tutte le famiglie del mondo la speranza e la serenità sperando che nel 2021 questa pandemia si risolva con un vaccino donato gratuitamente a tutti gli abitanti della nostra comune casa chiamato terra.
Certo per fare questo bisogna confidare e sperare in un miracolo, chiedi aiuto a Gesù Bambino, Lui è bravissimo nei miracoli e sicuramente Ti aiuterà a trovare anche da mettere sotto l’albero e vicino al Presepe un dono materiale per ogni bambino.
Caro Babbo Natale Ti prego di farci passare fisicamente un bel Santo Natale con tutti i parenti e non solo a parlare con loro con il cellulare, per carità evviva la tecnologia, ma Tu lo sai che il contatto umano è tutta un’altra cosa, dona nei nostri animi la gioia di un abbraccio e la vicinanza, delle sensazione che nessun algoritmo matematico può creare con i freddi numeri.
Caro Babbo Natale da parte mia prometto di impegnarmi sempre di più nel migliorami nel carattere per essere migliore con i miei simili e nel rispettare sempre di più il Creato che mi circonda e poi se nel Tuo capiente sacco rimane qualcosa per me, sarò felice perchè mi hai pensato.
Caro Babbo io non ho niente da darti se non un sorriso da estendere a tutti quelli che leggono questa letterina, si sa che il sorriso ed il buon umore sono contagiosi e valgono a volte più di una medicina.
Ciao, il Tuo affezionato Giorgio
Favria, 3.12.2020 Giorgio Cortese

È il Natale nei nostri cuori che infonde il Natale nell’aria.

Santa Barbara!
Santa Barbara è ricordata invece non tanto nella memoria del suo giorno, il 4 dicembre quanto come protettrice, essendo la sua figura legata agli incendi ed agli scoppi dai fulmini e dai tuoni, insieme, presumibilmente per necessità metriche e di rima, con San Simone: Santa Barbara e San Simon livreme, o goerneme, da la lòsna e dal tron, Santa Barbara e San Simone liberatemi, o proteggetemi, dal fulmine e dal tuono”. Detto che ritroviamo tale e quale in Istria, Santa Barbara e san Simòn, dalibarinde da stu ton, dalibarinde da sta saita, santa Barbara banadita. A sua volta un proverbio pugliese avverte che Si a Sande Barbere chjove assà, n’alte e quarnde dì a da chendà, Se per Santa Barbara piove tanto, durerà altri quaranta giorni. Ma non basta. In realtà santa Barbara ha radici ancora più profonde di quelle rivelate da questi detti popolari. Infatti in Provenza il 4 dicembre vi era la tradizione del grano. e cioè di far germinare dei chicchi di grano o di lenticchie in alcune coppelle, per farle germinare entro Natale e per trarne auspici per le prossime messi. Santa Barbara, Patrona dei minatori, pompieri fu martirizzata nel III secolo dal padre pagano, che la decapita e viene subito punito da un fulmine che lo incenerisce, da cui il legame di Barbara col fulmine e col fuoco, viene raffigurata con la torre, in cui il padre l’aveva rinchiusa, con le penne di pavone con cui fu fustigata, con la colonna cui fu legata. In Siria e Libano, il 4 dicembre si commemora la fuga di Sainte Barbe, detta Barbara, dalla torre dove è stata imprigionata. Secondo la credenza, il suo volo avrebbe avuto difficilmente successo senza l’aiuto dei suoi amici, che gli diedero l’idea di mascherarsi. Da qui la tradizione libanese, che alla vigilia della festa di Santa Barbara, il 3 dicembre, i bambini si vestono di tutti i tipi di costumi e maschere e vanno a bussare alle porte del quartiere e affascinano gli adulti, a loro volta mascherati, chiedendo dolci o denaro, ma non senza prima di un ritornello cantato in onore di Barbara, mentre si suona la darbouka, sia sulla soglia di casa sia sulla strada. La leggenda vuole anche che durante la sua fuga Barbara si sia nascosta in un campo di grano e che si sia alimentata di grano. Pertanto, in memoria di S. Barbara, è consuetudine che si prepari il 3 dicembre una dolce chicco di grano bollito, aromatizzato con anice e sormontato da una varietà di semi di frutta secca, mandorle, pistacchio, noci. Questo delizioso spuntino è consumato nelle case ed è offerto ai visitatori. È anche comune che si coltivi, simbolicamente, germe di grano in casa in questa stagione. Questo aspetto della festa popolare ricorda nella sua forma quella del Mardi Gras in Francia così come anche la festa di Halloween nei paesi di lingua inglese. La festa di Santa Barbara cade esattamente tre settimane dal 25 dicembre, giorno di Natale.
Favria, 4.12.2020 Giorgio Cortese

Oggi regalatemi un sorriso… e sarà un Natale speciale per tutti noi! Tanti auguri!

Se a l’é galaverna ….
Se a l’é galaverna, i sai pao bin s’a l’é fiòca neuva:sla tèra ’nco’ tëbbia, antrerana tra ’d ciairor a bërlusa.E se a l’é nebia i sai pa,o fum ch’a biauta për l’aria:leugne là dnans le muraje,e ’l fornel, e l’uss ciavà.E l’istà già vantà via,e l’invernada che a ’riva:e ’ntorn a la mèira solanen la marca ’d na pianà. A-i sarà, drinta, ’n cheur vivche ’nt ël solengh as fà fiara?Da le tos-ce a-i ven la frèid,da le bëcche ’n siflé ’d bisa.O ’n leu për j’Ànime, al tempche a dëspartiss càud e gèil?O ’l brandé d’un foalé ’d carn: un buf ëd feu, la paròl.
Favria, 5.12.2020

Il S.Natale è gioia nel cuore, festa negli occhi, impronta di luce, lasciamo che tutto questo entri nel profondo dell’animo e che seguiti a brillare come dono d’amore.

Messer Porro!
Il porro era già consumato in Egitto ed in Estremo Oriente nel 4000. C, ed i Romani lo usavano in cucina, Nerone era appassionato di questa pianta. Il porro veniva utilizzato in insalate, zuppe, budini, come le verdure e condimenti. Per la sua ricchezza di acqua ha poco contenuto calorico per le sue proprietà diuretiche consigliato per chi soffre di ritenzione idrica e l’ipertensione e per trattare la costipazione dalla quantità di fibra. Il narciso venne affiancato al porro come simbolo nazionale del Galles perché agli occhi internazionali il porro sembrava essere troppo semplice per rivendicare l’identità nazionale del Galles. Il porro è però il vero simbolo storico del Galles: ci sono documenti storici che raccontano come, in battaglie medievali, i soldati gallesi portassero addosso dei porri per identificarsi nel caos della guerra. Si dice in particolare che alla vigilia di una battaglia contro i Sassoni, St. David consigliò ai Britanni di portare sui berretti i porri, per distinguersi dai nemici. Un consiglio che portò a una grande vittoria. Lo stesso espediente fu utilizzato anche a fianco di Enrico V alla battaglia di Azincourt nel 1415. Ancora oggi nel giorno di St David si indossano distintivi con i porri e la tradizione vuole che i militari dei reggimenti gallesi, nel giorno di giorno di St. David, mangino un porro crudo. Anche Shakespeare, nell’Enrico V, cita il porro come simbolo dei gallesi quindi spesso si vedono questi due simboli, narciso e porro, incrociati tra loro. La festa di San Davide è il 1 Marzo, la città di Cardiff capitale del Galles si veste dei colori di questo santo, giallo e nero, che sono anche i colori dei narcisi e dei porri. La tradizione vuole che in questo giorno tutti mangino porri crudi e bevano una pinta di birra locale
Favria 6.12.2020 Giorgio Cortese

Oggi non ho la barba e il vestito rosso, ma un dono te lo mando lo stesso. L’augurio sincero di Buon Natale!

Panettone o pandoro!
Quando si avvicina il S. Natale ecco apparire nei negozi e nelle tavole il panettone ed il pandoro, insomma il pane che indossa l’abito della festa. Si il pane cibo necessario per noi esseri umani che ci accompagna da circa 6.000 anni. La storia dell’umanità inizia con il pane, perché il pane è prodotto della natura e della cultura. Il pane è una realtà precisa, effettiva, ma anche un simbolo, un sistema di segni concreti che permette di stabilire una sapienza pratica. Il pane è alimento che ci nutre e ci trasmette vita, è alimento solido che si impone ai nostri sensi. Pensiamo al profumo del pane appena sfornato che un tempo al mattino presto si sentiva nelle vie dei paesi, passando accanto al fornaio. Il panettone è appunto un pane vestito a festa con l’aggiunta del tuorlo d’uovo, qualche acino di uva passa, un poco di noce moscata, burro, canditi, zucchero e la glassa mandorlata. Con la cottura del pane nel forno il profumo precede il pane stesso, raggiunge il nostro olfatto e fin dal mattino trasmette un sentimento di vita. Ma anche la vista è coinvolta: le infinite forme del pane, dovute alla fantasia e alla tradizione locali, fanno sì che il pane diventi una presenza, si imponga e chieda rispetto. Nelle generazioni passate, che conoscevano la fame di pane e sovente non osavano sperare di mangiare se non pane, vi era addirittura una sorta di venerazione nei confronti di questo straordinario alimento che al tatto si spezza con un frantumarsi di briciole, segno della sua brevità e, nel contempo, invito a discernerlo anche con l’udito. Ma pensate al pane come solletica i nostri sensi quando esso viene gustato, masticato, mangiato. Il pane accompagna gli altri cibi, non a caso detti companatico, dall’inizio alla fine del pasto, è solitamente gradito a tutti, alimento ricchissimo dal punto di vista dietetico. Pensate ai modi di dire sul pane, “pane del bisogno”, segno che senza il nutrimento non possiamo vivere. Per questo diciamo che “senza pane si muore”, parliamo di lavoro come “guadagnarsi il pane”, evochiamo il “pane delle lacrime” o speriamo in un “pane di vita”. E allora quando gustiamo un soffice panettone o pandoro pensiamo al pane e al mangiare con gioia per condividere con chi abbiamo vicino il S. Natale.
Favria, 7.12.2020 Giorgio Cortese

Le cose più belle della vita non si trovano sotto l’albero, ma nelle persone che ci stanno vicino nei momenti speciali. Buon Natale!

Arriva il S. Natale, lo stupore.
Ecco che arriva il S. Natale ma è ancora vivo il suo ricordo di quando ero bambino. Il ricordo di prendere dalle scatole degli addobbi le statuine del presepe nella polverosa soffitta. Per molti il Natale è un simbolo da brandire per altri un racconto da contemplare. Nel mio indelebile ricordo il presepe tra le statuine di pastori, lavandaie e pescatori in maniche di camicia nonostante la neve intorno, il personaggio anche il personaggio del pastore pieno di meraviglia ed attonito. Si quello raffigurato con la bocca aperta e le mani alzate, un distillato di contemplazione e di stupore. Secondo una delle leggende fiorite intorno alla tradizione del presepio, i pastori lo avevano rimproverato per non aver portato nessun dono al Bambino, mentre loro, chi un agnellino, chi una pagnotta, chi un cesto di frutta, si erano presentati con qualcosa tra le mani. Maria, a sua volta, li riprese aspramente, sottolineando che quel ragazzo aveva portato il dono più bello: il suo stupore. Oggi abbiamo sempre meno stupore e le emozioni si riduco a fredde ed impersonali faccine, emoticon sullo smartphone. Lo stupore è antico almeno quanto la poesia e la filosofia. Con i poemi omerici, qui in Occidente, sono stati delineati per primi i tratti di questa emozione, che fiorisce nel rapporto tra umano e soprannaturale. Nell’Iliade si stupiscono Achei e Troiani nel vedere la dea Atena balzare giù dall’Olimpo, impaziente di far riprendere le ostilità ai due schieramenti, prova stupore Achille comprendendo che l’incontro con l’anima di Patroclo gli ha dischiuso una nuova conoscenza sull’aldilà; genera stupore l’immagine di Ettore che, ispirato dal dio Ares, fa strage dei nemici. Nell’Odissea, poi, Ulisse è preso da stupore e timore alla vista di Nausicaa, mentre il figlio Telemaco viene colto da stupore quando percepisce la presenza del divino, Atena che non si rivela. nella reggia di Itaca. I soggetti colti da stupore sono attoniti, storditi dal tuono, perché quando sono colti da stupore rimango immobili senza parole, simili a delle pietre. Diciamo, infatti rimanere di sasso, perché con lo stupore siamo senza parole ed immobili. Questa espressione restare di sasso reca certamente traccia di questa prossimità tra lo stupore e la pietra, ancora più evidente in termini di altre lingue moderne, nell’inglese astonishmen, stone, nel tedesco staunen, stein. Lo stupore da una parte ci paralizza, ma ci permette anche una più profonda comprensione del reale. In filosofia si dice thaumazein, come affermano il Platone del Teeteto e l’Aristotele della Metafisica, l’emozione che cattura e sorprende permettendo anche la visione dell’alto e dell’altro, insegna ad abitare il confine, accompagna fino alla soglia del turbamento e della paura, alla tentazione di distogliere lo sguardo. Certo la sorpresa per il nuovo può annullare previsioni e prevenzioni e proprio per il suo essere spiraglio sull’altro più profondo, lo stupore ben si presta ad abitare lo spazio del mio animo e dei sensi in cui si sprigiona l’inebriante esperienza dell’amore. Penso ancora allo stupore dell’innamoramento a prima vista di Didone per Enea, il colpo di fulmine che si rivelerà fatale. Poi lo stupore misto a gioia per un dono insperato come quello di Catullo che deve ricredersi e scompaginare le proprie certezze, nel giorno in cui imprevedibilmente Lesbia torna da lui. Ma questa emozione non riguarda soltanto eventi su cui non si è depositata la polvere del tempo, la meraviglia dello stupore mi accompagna ogni giorno nel quotidiano con la forza di dilatare le corde del mio animo anche nelle piccole gioie quotidiane che significano di non smettere mai di cominciare ogni giorno anche se è fatica.
Favria, 8.12.2020 Giorgio Cortese

Il S.Natale lo si sente nel cuore e solo con il cuore possiamo trasmetterne la vera magia! Tanti auguri!

Barbania,
Il toponimo è attestato, dal 1184 al 1416, dall’unica forma di Barbania, derivante da Barabaneta, querceti. A questo, collegato a sua volta al provenzale Barben, quercia, si applica il suffisso – eta, plurale di -etum, utilizzato per formare collettivi di luoghi in cui gli alberi crescono copiosi. Gli abitanti di Barbania vengono detti ij mangia onor o mangia cusciense, detto forse nato durante il periodo napoleonico, dove tanti personaggi illustri si erano distinti come giacobini portatori di idee rivoluzione poco appezzate dalla popolazione ancora molto legata ad idee conservatrici. A Barbania esisteva l’Abadia, sussidiata dal Comune per la festa patronale di San Giuliano. Dal Pola Faletti si ha notizia che negli anni Trenta del Novecento era composta da 20 soci e nel giorno della festa interviene con l’alabarda tradizionale ornata di nastri alla principale festa con la bandiera nella festa patronale, in cui le priore distribuiscono i caritini, i membri dell’Abbadia infliggono sulle punte delle alabarde un galletto di pasta cotta. Una piccola schiacciata di pane viene infissa nella lancia della bandiera e nella spada portata dal Sottopriore è questo il simbolo che in quel giorno tutti mangiano lo stesso pane benedetto e pregano in comune lo stesso Dio. Da quanto si legge in anni meno recenti la Badia era composta da 13 membri fra cui annualmente si estraeva il Priore di turno. La Badia doveva provvedere una banda musicale militare e dare pranzo nelle tre feste principali. Nel 1906, il 6 gennaio con atto notarile si fece una nuova convenzione fra i cittadini di Barbania tra cui Cav.Uff. Aurelio Andreis, Avv. Antonio Bossetti e Notaio Tommaso Ferreri. Convenzione registrata a Ciriè il 12 dello stesso mese. Nel 1919 fu sostituita con altra con i cittadini di Barbania, nella convenzione è singolare la voce obade, che in piemontese vuole dire menestrello che si presta ad accompagnare la musica e le albate il giorno della festa patronale.
Favria, 9.12.2020 Giorgio Cortese

Natale arriva con una luce speciale. Possa questa luce essere il tuo sole e farti camminare lontano dall’oscurità. Buon Natale!
Giorgio