Malinconia! – 4 novembre 102 anni dopo! – La quotidiana scelta. – Dal miglio al meliassù – Da bandiera di guerra a gonfalone. – Gli acta diurna…LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Malinconia!
Ma che cosa è la malinconia. Il termine malinconia deriva dal greco, mélas, nero e cholé, bile, quindi bile nera che insieme con la bile gialla, e il sangue, e la flegma formava i quattro umori teorizzata da Ippocrate. Permettetemi solo un piccolo accenno a flegma da dove deriva la parola flemmatico con il significato di lento, freddo, paziente, serioso che trae origine dal greco phlègma, infiammazione, da phlego brucio, una cosa bruciata, che non può bruciare più. Per la medicina antica questi umori si credeva che controllassero tutta l’esistenza e i comportamenti dell’uomo e, a seconda del modo in cui si combinavano, determinavano il carattere degli individui in perfetta corrispondenza con gli elementi del cosmo e i suoi cicli, come l’alternarsi delle stagioni. Per gli antichi greci e romani la malinconia era l’afflizione dell’animo, molto somigliante alla tristezza ma meno dolorosa, e portava nell’animo un qualcosa di dolcezza. La tristezza è insidiosa perchè rasenta nella depressione, senza dei pensieri che portano a riflettere tale stato. La malinconia invece è alimentata da un pensiero più intimo forse più a contatto con le ragioni del cuore. Nel linguaggio moderno la parola malinconia o melanconia si usano indifferentemente per indicare cose alquanto diverse tra loro. Oggi molti identificano la come indizio della depressione, quando si accompagna a sensi di colpa e a umore depresso, sintomi però non scatenati da eventi ben identificabili e per lo più non caratterizzati da ansia. Le persone che ne soffrono manifestano anche insonnia, perdita dell’appetito e incapacità di trarre piacere. Ma io che non sono un dottore e non voglio parlare di questo atteggiamento medico, di sicura utilità per diagnosticare preventivamente una malattia depressiva, ma parlare della malinconia come uno stato d’animo che pervade a volte senza un perché! Oggi questo stato di malinconica introversione viene visto come pericoloso e genera non poche paure, del resto alimentate e sostenute dalla cultura del benessere che pone un’esasperata e pericolosa attenzione verso gli aspetti esteriori della vita. I media ogni giorno ci bombardano che dobbiamo vestirci bene, briosi, sorridenti ed ottimisti, e mi raccomando mai ammalarci. Questi sono alcuni dei molti precetti di una nuova religione quella del benessere ad ogni costo, e solo rispettandoli siamo visti e percepiti come individui sani e normali. Avete fatto caso che alla domanda del conoscente o del collega di lavoro che chiede: “Come stai?” affermiamo di stare bene anche quando non è vero! Ci sentiamo in obbligo di mentire perché sappiamo di essere stimati ed accettati sulla base della nostra capacità a prestare attenzione e ad adeguarci alle cose del mondo, di essere sempre sulla cresta dell’onda, a godere, a detta della pubblicità, delle infinite possibilità che la vita ci offre. Il malinconico ha invece la necessità di spostare la sua riflessione verso l’interno, ad ascoltare quelle sensazioni di disagio che emergono come ombre dalla nebbia, spesso sono sensazioni di una struggente nostalgia verso un luogo senza sapere dove questo si trovi oppure il mal d’amore verso una persona del passato o del futuro. Mi viene da pensare a quanti poeti, artisti e filosofi hanno descritto in modo memorabile questa vena d’uggia nell’animo. Nel passato Aristotele parlava della malinconia, del suo assumere numerose forme e della sua instabile fluttuazione, ma proprio per questa mutevolezza, per questa intrinseca capacità di trasformazione egli la indicava come lo stato dell’anima necessario alla creatività, una passione costantemente incostante. Anche Platone ne parlò diffusamente, suggerendo che la malinconia con i suoi vortici mutevoli dell’animo permette di superare le barriere della logica ed esplorare il mondo di ciò che sta oltre le apparenze percependo la realtà da altro punto di vista. La malinconia con le sue pennellate nella vita quotidiana ci offre una grande opportunità! Ma quanti sono disposti a coglierla, a perdere anche solo per un momento il controllo di sé? Questo stato dell’animo è dai più temuto e dato che ormai esiste un rimedio per tutto c’è anche la pillola contro la malinconia. La società attuale ci indica come modello quello di essere felici ad ogni costo, ma proprio in questa ideologia della felicità dove ogni desiderio che si appaga attecchisce nelle psiche delle persone fragili sempre più angoscia e paura che porta a tragici gesti. E allora a volte la malinconia aiuta, come scriveva Victor Hugo: “la malinconia è la felicità d’essere tristi”, una tristezza dal sorriso mesto, che rifugge dagli schiamazzi, ma densa di riflessioni capaci di arricchirmi, ed io immagino i miei momenti di malinconia simili ad una pioggia fertile che si alterna al sole della gioia genuina.
Favria, 3.11.2020 Giorgio Cortese

Tutto ha uno scopo nella vita, anche la piccola goccia di rugiada, quando muore, disseta un fiore. E allora perché non vieni a donare il sangue? Vieni a donare il sangue, Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 6 NOVEMBRE cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio

Ogni giorno la nostra speranza non sarà mai sopraffatta dalla disperazione, finché la teniamo legata al desiderio e alla fiducia, sursum corda!

4 novembre 102 anni dopo!
Centodue anni fa, il 4 novembre, si concludeva con la firma dell’Armistizio di Villa Giusti la Prima Guerra Mondiale, una carneficina che ha annientato la vita di milioni di giovani e poi ha lasciato come regalo al Mondo stremato dalla guerra l’epidemia della Spagnola. Oggi la data che segna la liberazione dal primo conflitto mondiale viene celebrata come Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, un momento di ringraziamento e gratitudine per il loro instancabile lavoro. Oggi più che mai, non possiamo che essere estremamente grati alle Forze Armate per la presenza al fianco dei cittadini durante ogni emergenza, non ultima quella epidemiologica da Coronavirus che ci ha tormentato per tutto il corso del 2020.Oggi che la parola emergenza ha invaso le nostre quotidiane giornate, entrando con la pandemia a far parte del vocabolario di ogni giorno, il ruolo di chi lavora in condizioni di pericolo e di urgenza è ancor più importante. Ringraziare le Forze Armate per il loro fondamentale contributo nei momenti più difficili non deve però condurci a essere indolenti di fronte agli eventi catastrofici. La cultura dell’emergenza non può mai prevalere né trasformarsi nella normalità nella nostra Patria e dove non solo il virus ma anche le alluvioni, i terremoti e le calamità naturali destabilizzano con inquietante frequenza l’Italico Stivale. Ricordiamoci sempre che le Forze Armate non sono il braccio forte al quale possiamo delegare la nostra responsabilità di cittadini, bensì rappresentano una mano tesa verso di noi, stringendo la quale possiamo mirare al rispetto, insieme, dei principi repubblicani fondati dal sangue di chi è morto per la Liberazione del nostro Paese per la costruzione di una democrazia che sia tale, per tutti noi italiani, W l’Italia!
Favria, 4.11.2020 Giorgio Cortese

La felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta.

La vita è bellissima, e ne assaporarne ogni minuto perché non sappiamo mai ce ne sarà ancora. Per assaporala meglio vieni a donare, Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 6 NOVEMBRE cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio

La quotidiana scelta.
Tempi grami per i libri che la recente pandemia ha accentuato. Oggi I nostri connazionali che leggono un libro al mese sono attualmente il 5 per cento circa della popolazione, una èlite molto più ristretta e asfittica rispetto ad altri Paesi europei e che diventa più piccola di anno in anno, a causa del rapido invecchiamento medio della popolazione e del conseguente diffondersi del fenomeno della diseducazione alla lettura. Le generazioni “educate” a leggere, infatti, non vengono più rimpiazzate nelle librerie fisiche o virtuali: le nuove generazioni sono immerse nei social media e nel bombardamento misto di news e fake tipico del web, e soprattutto hanno acquisito una modalità di espressione e di ragionamento “breve” che non risulta più compatibile con i tempi lunghi, la profondità e la pazienza intellettuale tipiche della lettura. Eppure, nell’estate del distanziamento sociale la compagnia di un buon libro appare la scelta ideale per tutti, ad ogni età. Gli ultimi dati diffusi dall’Associazione Italiana Editori mostrano segnali incoraggianti, dopo i mesi di chiusura forzata delle librerie: all’11 luglio la perdita di fatturato anno su anno degli editori si è ridotta all’11%, rispetto al 20% del 18 aprile. E in una precedente ricerca a cura del Centro per il Libro e la Lettura e di AIE, era emerso che gli italiani prevedevano di leggere più libri nella seconda parte del 2020 di quanto non avessero fatto nei mesi di chiusura. Recuperare e rilanciare l’educazione alla lettura rimane, tuttavia, il grande problema di fondo. È una strada stretta e in salita, ma l’unica in grado di migliorare la qualità del nostro “essere cittadini” e le nostre capacità quotidiane di scelta. Per questo invito a passare alla biblioteca Pistonatto a Favria perché oltre al coronavirus dobbiamo tutti insieme sconfiggere quella sciagura sociale che si chiama ignoranza!
Favria, 5.11.2020 Giorgio Cortese

Ogni giorno armiamoci di forza e coraggio ma soprattutto di speranza e anche questo brutto periodo passerà

Nella vita l’importante non è vivere, ma vivere bene la vita. Vieni a donare il sangue, Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 6 NOVEMBRE cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio

Dal miglio al meliassù.
Il miglio o meglio il Panicum miliaceum, è un cereale molto antico dai piccoli granelli giallo oro, appartenente alla famiglia delle Graminacee e originario dell’Asia, con India, Cina e Nigeria attualmente tra i maggiori Paesi produttori, compariva abitualmente sulle tavole nei nostri avi prima della scoperta del mais dall’America, infatti veniva chiamato meliga, nome poi dato al mais. Pensate che il miglio sfamava già gli antichi Sumeri, insieme a orzo, grano, ceci, lenticchie, cipolle, aglio, porri e cetrioli. Anche i Romani gli attribuivano notevole importanza ed era già diffuso in Italia fin dai tempi più remoti, perché si conservava a lungo e per le sue proprietà nutritive. Come detto prima questo cereale rappresentò, sino all’arrivo del mais, un alimento di base nell’Italia settentrionale, dove veniva consumato sotto forma di polentina, da esso veniva preparato il ben conosciuto migliaccio, oggi realizzato con farina di granturco, ed i campi coltivati a miglio venivano chiamati meliassù, oggi campo seminato a granoturco. Pensate che i Veneziani devono la salvezza della loro città alle scorte di miglio quando nel lontano 1378 i Genovesi avevano stretto d’assedio la Serenissima. Venezia si salvò e superò gli stenti della fame proprio grazie a questo cereale, conservato nei magazzini. Dopo la scoperta dell’America il miglio fu completamente abbandonato sia nell’Italia settentrionale che in quasi tutta l’Europa e sostituito dal mais importato dal continente americano, venendo relegato a mangime per gli uccelli e pollame, pur essendo un alimento da riscoprire, ricchissimo di nutrienti, in grado di apportare numerosi benefici all’organismo umano.
Favria 6.11.2020 Giorgio Cortese

Ogni giorno forse non abbiamo niente da insegnare a nessuno, ma forse se usiamo le parole giuste possiamo farli ragionare.
Oggi vieni a donare il sangue, Ti aspettiamo a Favria VENERDI’ 6 NOVEMBRE cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno anche di Te. Dona il sangue, dona la vita! Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Portare sempre dietro documento identità. a Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827- grazie se fai passa parole e divulghi il messaggio

Da bandiera di guerra a gonfalone.
Oggi il Gonfalone ha assunto i più alti onori come simbolo municipale, segue il Sindaco con la fusciacca ed entrambi sono il simbolo del Comune al quale si deve sempre rispetto. Ma l’origine di questo stendardo dei Comuni ha una sua origine guerriera, pensate che è giunto a noi attraverso l’antico francese gonfanon, a sua volta dal francone, lingua di ceppo germanico, gundfano. In origine era la bandiera di guerra dei Franchi in tedesco die fahne, vuole dire bandiera ed oggi è il più alto simbolo municipale, simbolo di identità ed appartenenza. Viene anche scritto confalone ed anticamente chi custodiva e portava questo vessillo ed il termine passò poi a indicare specifiche magistrature, soprattutto nelle città toscane, gonfalone di giustizia, istituito a Firenze nel 1289 come capitano di mille armati posti a difesa dei magistrati del popolo contro i magnati, e poi, con gli “Ordinamenti di Giustizia”, messo a capo del collegio dei priori, per divenire in seguito capo del governo civile fino all’avvento del principato. Ricordiamoci sempre di tenere sempre altro il nostro amato Tricolore e nel ricordo di chi ha dato la vita per la nostra bandiera non calpestiamola mai!
Favria, 7.11.2020 Giorgio Cortese

C’è qualcosa dentro di noi che nessuno ci può toccare né togliere, se noi non vogliamo. Si chiama speranza!

Gli acta diurna.
Gli acta diurna, cioè le decisioni del giorno, affissi nel Foro romano e in altri luoghi pubblici a partire dal 59 avanti Cristo. Secondo lo storico Svetonio non rivestivano il carattere di veri atti ufficiali, ma informavano la gente sui grandi avvenimenti politici e privati, l’emanazione di nuove leggi e così via. Nel Medio Evo, dato che pochissimi sapevano leggere, la circolazione delle informazioni era affidata soprattutto ai banditori, incaricati di gridare agli angoli delle strade il testo di particolari ordinamenti, e soltanto l’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte del tedesco Johann Gutenberg (1450) porterà alla nascita di notiziari, fogli economici e avvisi senza alcuna periodicità, ma stampati ogni volta che si voleva far conoscere qualche notizia importante. Il primo quotidiano impostato in modo relativamente moderno è nato a Lipsia il primo luglio 1650: era pubblicato da Timotheus Ritzsch e si chiamava Leipziger Zeitung. il quotidiano più antico d’Italia è la Gazzetta di Mantova: il primo numero risale al 1664.
Favria, 8.11.2020 Giorgio Cortese

Non c’è medicina come la speranza, nessun incentivo così grande, e nessun tonico così potente come l’attesa di qualcosa che accada domani.
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