Nella vita la speranza è un fuoco che mi mette le ali. – UCAS! – Solo e paziente. – Virus & chiacchiere! – Le virtù patrie e la pietà congiunta! – Una volta, ai miei tempi.. – Dall’antico jolif a jolly – Sogni!… LE PAGINE DI GIORGIO CORTESE

Nella vita la speranza è un fuoco che mi mette le ali.
Se penso alla speranza, se cerco che cosa è nell’essenza, per prima cosa mi viene in mente l’istinto della conservazione e della sopravvivenza, la sua necessità che è insita in tutti gli esseri viventi. Chi si suicida, lo fa perché si scontra con quell’istinto. Ne ha avuto tagliata la strada, in qualunque modo ciò sia successo. La speranza è dunque una cosa animale, ma ha le ali. Perciò nell’anima degli esseri umani, nella nostra storia, ed è il fondamento della visione ideale della vita, sia di quella terrena, sia di quella affidata alla sopravvivenza dopo la morte. È qualcosa di alato come l’anima, psiche, e quelle ali non accettano di poter battere in modo limitato. Se leggo Omero, leggo che tutto si può accettare nella vita. Leggo che Achille, che per la sua sorte sventurata nulla accetta di ciò che contrasta con l’areté, nell’Ade confessa a Ulisse che preferirebbe essere l’infimo servo di un bifolco che campa alla giornata, piuttosto che il re nel regno dei morti. Teti, sua madre, la prima dea vittima degli dèi che ne temono la potenza ed è costretta a sposare il mortale Peleo, vorrebbe battezzare il figlio con il fuoco segno dello spirito, ma ne viene impedita dallo sposo. Perciò viene detta madre delle lacrime, insomma una pre- madre dolorosa, una pre¬Maria che rappresenta il culmine dell’impotenza degli uomini, ma anche degli dèi, nei confronti della morte. Credo, mia opinione personale che filantropia degli antichi greci risalga sempre alla stessa radice della speranza, una cosa sola con psiche. Essi la rappresentarono attraverso la pietà di Prometeo, e a quel suo fuoco rubato agli dèi tutti gli uomini si sono riscaldati fino ad ora. La speranza si muove con l’idea dentro di noi con tre aspirazioni tra di loro collegate, sopravvivenza, felicità, immortalità, e con questo fuoco nell’animo che ogni giorno mi incammino nel quotidiano sentiero.
Favria, 6.05.2020 Giorgio Cortese

Abbiamo sempre più bisogno di mettere più bellezza nelle nostre vite, dentro e fuori di noi, nei nostri pensieri, nelle emozioni, nei comportamenti, ma anche nella società, in politica, nell’arte, sul lavoro, a scuola, in famiglia. La bellezza è sinonimo di armonia, equilibrio, sensibilità, comprensione e chiarezza, colpisce i nostri sensi, fa palpitare il cuore, arriva fino all’anima e, elevando lo spirito, ci conforta, ci risolleva e ci rende migliori. Per questo Vi invito a venire a donare il sangue a Favria venerdi 8 maggio , cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola. Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827

UCAS!
La nave Italia è ancora nel mezzo della tempesta del coronavirus, anche sei i primi spiragli di sole danno ancora più forza alla speranza e alla voglia di tutti noi italiani di mettercela tutta per uscire da questo fortunale che ha sconquassato negli animi e anche economicamente tutti noi italiani. Stare a casa e non uscire per fare passare questa tempesta non è facile per quelle famiglie che abitano in piccoli alloggi e non hanno le tenute simili a regge dove alloggia i Vip con mega parco annesso. Non è facile per quelle famiglie che da più di un mese non lavorano e i pochi soldi cominciano a scarseggiare. Siamo nell’occhio del ciclone e con la nave Italia che per la virulenza del morbo ha perso terreno perché giustamente dovevamo metterci in sicurezza. Ma non vorrei che nel continuare la cura dell’Italia la nave si salva ma periscono per troppe cure gli italiani, Italia guarita ma gli italiani… Ma adesso non voglio fare polemiche ne prestarmi a sterili discussioni politiche, per quello ci sarà tempo dopo. Ma una considerazione la voglio fare, con questa epidemia è sorto ancora una volta quale è l’italica debolezza, la burocrazia che genera e alimenta dell’immondo burosauro dell’UCAS. Ufficio Complicazioni Affari Semplici e il patrio dilemma di decidere di non decidere, dove si creano commissioni, comitati che poi non decidono perché per ogni decisione presa per il bene degli italiani si corre il rischio di prendersi poi la denuncia di qualche pincopallo di turno che ravvedere un modus operenadi fuori dalle normali regole, che per la maggior parte sono legate e strette dal burosauro che dalla legge emanata deve aspettare il decreto attuativo o dall’emergenza di acquisto materiale sanitario si sente estromesso dalla gara e ricorre giudizialmente. Ecco perché a differenza di altri paesi il nostro navigare per uscire dalle secche della tempesta è lento e macchinoso e poi per dirla tuttta, ma oggi non sento più nessuno che nuore d’infarto e tumore o altra complicazione ma solo del virus? Sarà solo una mia personale impressione e forse mi sbaglio….mah. Personalmente sono ottimista e nutro grande speranza perché noi abitanti dell’Italico Stivale con l’Ucas del Burosauro abbiamo affinato come anticorpo della fantasia dell’invettiva e l’arte di arrangiarci e ne usciremo anche questa volta. Coraggio, se rimaniamo uniti e facciamo tutti la nostra parte con passione e speranza non sarà l’ennesimo burosauro con l’Ucas e farci desistere.
Favria, 7.05.2020 Giorgio Cortese

Abbiamo tutti bisogno di una piccola scintilla di vita. Il buio pesto della notte non piace a nessuno. Dona una luce di speranza a chi ne ha bisogno, dona il sangue. Vieni a donare il sangue a Favria venerdi 8 maggio , cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 11,20. Abbiamo bisogno di Te e grazie se fai passa parola. Attenzione a seguito del DPCM del 8 marzo 2020, per evitare assembramenti è necessario sempre prenotare la vostra donazione. Grazie per la vostra collaborazione. Cell. 3331714827

Solo e paziente…
Nella vita quotidiana la speranza si nutre di attesa, ma l’attesa diventa sopportabile, davvero sopportabile, se a sua volta si nutre di determinazione. Questa è la storia di un essere solo paziente che non si lascia scoraggiare dal muro che lo separa dal suo simile, dal suo amico, perché qualcosa prima o poi succederà. Argo era solo più pelle e ossa, il suo sguardo era basso verso terra, tutto questo parlava del suo passato, senza bisogno di aggiungere nulla. Il suo presente era solo un sudicio muro, e la solitudine come sua unica compagna. Tutto il giorno se stava lì immobile di fronte a quel muro dove riesce a vedere solo uno spicchio di cielo oltre a quella barriera fisica. Ogni giorno prova ad immaginare cosa c’è oltre quel muro. Con l’udito ed olfatto provava a vedere quello che alla sua vista impediva il muro. Già, un muro di di 189 cm, che impediva di vedere ma non di sentire il pastore che con fischi acuti impartiva gli ordini ai cani nell’accompagnare il gregge di pecore all’ovile. Argo allora immaginava di appoggiare la teste tra le braccia del pastore, Argo lo avete capito è un cane. Argo sentiva i due cani del pastore, non poteva vederli ma dialogava con loro, anche se il muro li divideva. Argo appoggiava le sue zampe al muro, e anche gli altri cani lo facevano e tutti avevano il desiderio di vedersi e di strofinarsi il muso in faccia e poi correre liberi nei campi. L’unica distanza che separava era lì un muro di quello di 189 cm di altezza che gli impediva la libertà. Certi giorni lo sguardo di Argo sembrava perso nella rassegnazione, e ogni sera emetteva il suo lugubre lugubre ululato, quando tramontava il sole e spuntava la Luna. Questo suo ululare alla luna era la sua richiesta d’aiuto al cielo dopo aver aspettato con pazienza l’intera giornata, era il suo grido di speranza il suo grido per dire che era lì e ci sarà anche domani per aspettare che torni il sole e che si esaudiscano i suoi desideri. Ogni mattina Argo se ne stava lì sveglio al sorgere del sole e ricordava ancora l’ultimo sogno, che era quello di poter saltare quel 189 cm che lo separavano dalla libertà e dalla felicità. Poi correva avanti indietro lungo il muretto sperando che fosse cambiato qualcosa mentre aveva dormito e i giorni si ripetevano sempre uguali, ma lui aspettava solo e paziente. Poi una notte, le nuvole nere e cariche di pioggia oscurarono le stelle, si scatenò un grande temporale. Arrivò un forte vento impetuoso che squarciò una quercia che cadde con fragore sul muretto, abbattendone un tratto. Argo si vegliò nella sua cuccia e il suo sguardo allora smise di essere abbattuto e perso per trasformarsi uno sguardo deciso verso un punto preciso verso cui correre, la libertà!
Favria, 8.05.2020 Giorgio Cortese

Ogni giorno sognare sa di speranza. Non smettere mai!

Virus & chiacchiere!
Eccoci qua, la cosiddetta emergenza Coronavirus continua ad emettere i suoi tristi aggiornamenti nonostante pare siamo passati alla fase due peccato che il virus non sia stato informato. Leggo sui media di affermazioni negazioniste, che adesso vanno per la maggiore dopo l’epopea dei giudici con Mani Pulite e gli eletti dal Popolo stanno nell’angolo timorosi di prendere decisoni ma creando sottocomitati dei comitati. Come detto non sono né esperto né tuttologo terrapiattista ma per rispetto dei morti che abbiamo avuto e del dolore delle famiglie basta parole! Di parole se ne sentono troppe molte ma i fatti stanno a zero, con le chiacchiere qualsiasi misura va bene, e cosi diamo prova di italiana inettitudine perdendoci in cavilli burocratici e polemiche politiche da pollaio. Penso sia ora di fare e parlare di meno per dare valore nei fatti alla salute di tutti noi, ad un nuovo modo di confrontarci ed a una nuova stagione di umana convivenza tra di noi. Adesso non mi interessa di chi è la colpa, se potevano fare qualcosa prima o se è stato fatto tutto bene. Adesso per rispetto delle famiglie che hanno avuto dei lutti e di quei morti per la maggior parte anziani che lasciando questa terra hanno lasciato un grande vuoto della loro tradizione orale, è ora di fare e non inutili chiacchiere. Basta i due tormentoni di questo interminabile momento: “#iorestoacasa” e “#andràtuttobene” ora servono fatti concreti, la pazienza e la sopportazione degli italiani ha un limite e non solo la visibilità di qualche politico del momento!
Favria, 9.05.2020 Giorgio Cortese

Se certi giorni continua a piovere sui miei sogni, guardo oltre le nubi e vedrò l’arcobaleno.

Le virtù patrie e la pietà congiunta!
In questi giorni si parla molto di congiunti con il recente decreto, ma chi sono i congiunti? Dal vocabolario Treccani, la parola congiunto deriva dal lemma latino coniunctus e può avere la doppia valenza di aggettivo e sostantivo maschile e deriva dal participio passato di congiungere. Viene usato come aggettivo con il significato di unito, ad esempio mani congiunte o in banca per indicare un conto corrente intestato a più persone. Inoltre, l’aggettivo congiunto viene usato in economia per indicare beni economici risultanti da un unico processo produttivo, in musica e nel divorzio e nella separazione fra coniugi per indicare l’affidamento dei figli ad entrambi i genitori. Come sostantivo, la parola congiunto indica l’avere un parente, il più delle volte con uno stretto vincolo familiare. Celebre anche il verso di Foscolo: “Le virtù patrie e la pietà congiunta”, ovvero verso i congiunti. In piemontese ci sono le congiunzioni dichiarative, dato che siamo nel tema dell’autocertificazione: che, cum cume. Il verbo di modo finito introdotto da una congiunzione dichiarativa può essere all’indicativo, al congiuntivo o al condizionale, tutto dipende da come la proposizione reggente presenta il fatto. Se esso è reale si usa l’indicativo, se è possibile il condizionale, mentre se dubbio, nella preposizione indicativa si userà il congiuntivo. Il congiuntivo che congiunge congiunto con congettura, coinvolgendo congiunzione congeniale creando confusione con confutazione conforme coronavirus. Concludo con questa frase piemontese sempre con la congiunzione dichiarativa: “ a dis ch’a part par per Turin! A l’hai ripetute mila vire cum bzogna fé, adess lon c’a l’han vist a dimustra cume tuca sté atent con ‘l atesté.
Favria, 9.05.2020 Giorgio Cortese

Ogni giorno è sempre primavera quando sboccia un sorriso sul viso di chi prova, ogni giorno, a fare di una nuvola un gomitolo di speranza.

Una volta, ai miei tempi….
Sempre di più sento dire da dei mie coetanei una volta, ai mei tempi, parlare di una generazione nata in cui la benzina era con il piombo, le ricerche a scuola si facevano con l’enciclopedia in biblioteca, i dolci con l’olio di palma, il dentifricio con il fluoro e il talco con il boro, il telefono con i gettoni, le gomme con la camera d’aria, le caramelle con lo zucchero, la birra con l’alcol, il film con la cassetta, la febbre con il termometro a mercurio, le foto con la Kodak, il pesto con l’aglio, la tuta dei pompieri con l’amianto, la vacanza con i genitori, il ghiacciolo con il colorante, la bici con i pedali, il cinema dove respiravo il fumo passivo delle sigarette d’altri, la musica con il radio e mangianastri e poi dopo i cd, la cioccolata rigorosamente con la panna. Preistoria? Sembra, ma non lo è, parlo di epoche più recenti del classico “si stava meglio quando si stava peggio”, concetto abusato e nella maggior parte dei casi completamente falso e manifesto di ingratitudine verso il progresso. Ma è vero che pochi anni sono bastati affinché tanto sia diverso da prima. La ragione è che prima le alternative non c’erano, molte cose non si sapevano, e quelle che facevano male si sottovalutavano con un sorriso. O magari non facevano male affatto. Il tempo le ha rese nocive, e la convinzione che lo fossero ha consolidato il concetto. Il salutismo in particolare ci ha cambiato, forse perché nulla di ciò che è buono può essere anche sano, oggi i cibi migliori sono sempre quelli senza grassi, il pane senza sale, il latte senza lattosio, la pasta senza glutine, il caffè senza caffeina. Siamo nella civiltà del senza, un modo di vivere a cui ci stiamo abituando, traguardo scelto ma anche in parte imposto dalle mode, oltre che da allergie sempre più frequenti e ritmi di vita che non perdonano sgarri. Oggi sono cambiati sia i presupposti e anche gli orizzonti. Lo ammetto, vengo da una generazione di fine anni 50 del Novecento per la quale l’obiettivo era mangiare di più, possedere cose migliori, godere di più, sottovalutare lo spreco, cogliere l’attimo, guardando di stare meglio convinti che le risorse fossero illimitate. Così la vita media forse si è allungata, ma il consumo è degenerato in consumismo. Ora per fortuna abbiamo capito che occorre reimpostare il nostro rapporto con la terra, con l’aria e con l’acqua. Purtroppo molti, anche giovani non si adeguano, per diffusa ignoranza mista ad assenza di educazione: malattia incurabile, purtroppo. Meno male che c’è nella maggioranza delle persone una nuova consapevolezza verso un mondo che dobbiamo conservare per allontanarne il più possibile la fine, attraverso un diverso rapporto con noi stessi e con ciò che ci circonda. La parola chiave è una sola: RISPETTO! Che è un valore straordinario e inevitabile. RISPETTO per le cose, RISPETTO per le idee giuste, per i comportamenti che ci consentono di “durare”, unico sistema per cambiare il modello che per anni ci ha guidato e che era solo quello di sfruttare, ritenendo le risorse illimitate. Oggi dobbiamo togliere, limare, diminuire e non solo sulla tavola quotidiana, che aiuta per la nostra salute. Dobbiamo oggi rimettere qualcosa dentro dentro alla nostra umanità sempre più senza sentimenti, senza tempo, senza cortesia, senza confidenza, senza vita. Insomma oggi non basta eliminare, razionalizzare ed ottimizzare come scrivono sui media quelli che pensano di fare i bilanci, perché cosi il risultato finale è povero in tutti i sensi se mancano i contenuti di sentimenti, i concetti intelligenti e gli ascolti degli altri e tanto buonsenso. Oggi pare che ci sia penuria di buonsenso, e allora senza sale il gusto della vita diventa amaro e si rimpiange una volta, ai mei tempi….
Favria, 10.05.2020 Giorgio Cortese

La speranza è la luce del cuore, non facciamola spegnere mai.

Dall’antico jolif a jolly
la parola inglese jolly in alcuni giochi di carte, corrispondo all’italiano la matta. La parola matta deriva dallo spagnolo mata, da matar, uccidere, insomma una carta che può sostituirsi a qualunque altra assumendone il valore, onde completare, a discrezione del giocatore, una combinazione richiesta. Nella canasta indica la o il 2, la regina di cuori nel sette e mezzo. Come si può intuire il jolly è chi o cosa, in un certo ambito, è in grado di svolgere diverse funzioni, di ricoprire indifferentemente più ruoli o compiti. In inglese jolly joker è l’allegro buffone. La parola deriva dall’antico francese antico jolif, lieto, da cui poi joli, grazioso, in italiano giulivo nella vita tutti vorremmo avere, nei momenti critici, un jolly in tasca che ci permetta di risolvere una situazione intricata o di trionfare se messi alla prova. Ma che cos’è, esattamente, un jolly? Per noi, lo sappiamo, prima di tutto è quella carta miracolosa a cui si può assegnare qualsiasi valore, e quindi quando giochiamo ce lo teniamo ben stretto fino al momento di sfruttarlo per chiudere la partita e lasciare l’avversario con un palmo di naso. Va da sé che anche nella quotidianità, nello sport o in informatica, il jolly sia diventato qualcuno o qualcosa in grado di ricoprire più ruoli, di svolgere più compiti anche contemporaneamente, quella risorsa sempre pronta a trasformarsi e a colmare i vuoti laddove ce ne sia bisogno. E in genere è una risorsa vincente, estremamente fortunata, ritornando al francese antico jolif, ossia gioioso, felice, e subito intuisco perché il personaggio raffigurato su quella carta è sempre estremamente contento ed esultante, così come lo diventiamo noi quando lo peschiamo in un momento cruciale nella sfida della vita.
Favria, 11.05.2020 Giorgio Cortese

Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce.

Sogni!
Si trovano come al solito nel parco nel primo pomeriggio ed il primo dice che ha sognato che nuotava come un pesce, il secondo che sognava di recitare in un film di successo, il terzo che entrava in un bar e spazzolava via tutti i panini, il quanto che la sua amica gli comprava delle ciabatte tutte per lui, il penultimo che era uscito a cena con loro, ed infino l’ultimo che aveva ritrovato il biscotto che aveva seppellito lo scorso anno… Anche i cani sognano!
Favria, 12.05.2020 Giorgio Cortese

Ogni giorno il coraggio nel cammino quotidiano è solo la mia paura che trova la sua forza nella speranza.
giorgio