Archeologia in alta Val Soana

Il santuario di San Besso non è l'unico motivo dì interesse storico e culturale che si incontra lungo le escursioni descritte in questo capitolo. Intatti, le vaste ricerche condotte dal CORSAC (Centro ricerche e studi alto Canavese) di Cuorgnè per studiare gli antichi insediamenti delle valli Orco e Soana, hanno individuato alcuni reperti archeologici lungo il percorso Azaria-Arietta.

Un primo elemento interessante consiste in un masso al Barmaion, all'estremità superiore del Pian d'Azaria: sulla superficie superiore venne incisa una trentina di segni, soprattutto coppelle, cioè piccole cavità tondeggianti del diametro di pochi centimetri che rappresentano indizi di antichissimi culti. Proprio questa località viene segnalata dalla tradizione come sede di miniere già sfruttate dai Romani e, prima ancora, dai Salassi.

Le coppelle ricompaiono nei pressi del sovrastante alpeggio dell'Arietta che, in un documento di Cuorgnè del 1664, viene denominato "L'Arvietta": toponimo interpretabile come arp-vietta, cioè alpeggio vecchio, indice di antica frequentazione. A poche centinaia di metri da questo alpeggio, a quota 2350, si trovano i resti di un complesso edilizio assai vasto e articolato (sono state identificate le fondamenta ed i ruderi di 22 edifici!), localmente denominato "Pian Cravere". Si tratta di un punto topografico importante, all'incrocio dei percorsi tradizionali con la Valle di Cogne attraverso il Colle dell'Arietta e il bacino del Rancio; da Pian Cravere si può poi proseguire verso San Besso o scendere al Barmaìon e quindi a valle.

I resti di numerosissimi muri, tra loro variamente incrociati e talora sovrapposti, e la presenza di incisioni, hanno indotto ad intraprendere una vera e propria campagna di scavi, con la partecipazione di una decina di archeologi diretti dal professor Francesco Fedele dell'Università di Torino. Al termine degli scavi, si sono potuti identificare ben ventidue edifici distinti, costruiti con cinque diversi tipi di strutture murarie. Le parziali sovrapposizioni e le diverse tecniche edilizie permettono di seguire l'evoluzione del villaggio, dal semplice primitivo riparo utilizzato occasionalmente, ai rustici recinti notturni e alle strutture più complesse per soggiorni prolungati di grosse mandrie con necessità di stalle, abitazioni più confortevoli, strutture per la lavorazione dei prodotti caseari.

I reperti degli scavi, specialmente i materiali ceramici e metallici, suggeriscono una datazione al XVI secolo, coincidente col notevole incremento demografico. La località venne probabilmente abbandonata nei primi decenni del secolo scorso, non essendo affiorati reperti di epoche successive.

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