La suprema eccellenza consiste di rompere la resistenza dell’avversario senza combattere

Per me la festa del papà è un giorno come tutti gli altri, perché avere un papà come te è una festa per 365 giorni all'anno. Auguri che Tu viva tante di queste feste. Grazie per avermi donato le cose più importanti nella mia vita.; il tuo tempo, la tua attenzione il tuo amore. Buona festa del papà

Il modello di padre: Ettore!
Ho sempre provato non solo una grande simpatia ma ammirazione per Ettore, mentre non stimo affatto Achille. Eppure, non c'è dubbio che Ettore sia stato sconfitto e che Achille abbia mostrato una schiacciante superiorità guerriera. Ettore d'altra parte sapeva di essere meno forte di lui. Ora però so il perché di questa mia preferenza: Ettore è padre, mentre Achille è soltanto un guerriero, un eroe. Ettore rappresenta un'eccezione nel panorama greco, nell'epica omerica dove domina la figura dell'eroe che agisce per la propria Patria, per uno scopo che sembra annullare ogni altra dimensione, è colui che deve solo vincere. Ma Ettore perde, Troia viene sconfitta e il vincitore Achille mostra durezza anche nella vittoria, non rispettando neppure il corpo del suo nemico, desiderando anzi di darlo in pasto ai cani perché non abbia nemmeno una sepoltura. L'eroe perfetto è proprio Achille: iroso, privo di equilibrio, ebbro di vittoria e di dominio. Manifesta, insomma, l'arroganza che è parte della struttura epica dell'eroe greco e che purtroppo è propria nell’animo di persone che conosco. Non può essere padre poiché non si occupa della sua famiglia, ma deve tener conto dell'intera stirpe. Non può fermarsi sui propri figli, egli è il comandante, il difensore di tutto un popolo, insomma è lontanissimo dalla logica della paternità. Ma ecco la bella figura di Ettore, l'eroe che rimane padre, anzi che è “padre” e “patriota” parole dal comune suono. Anche Achille ha un figlio, Neottolemo, che è feroce quanto il suo genitore, e sarà proprio lui a uccidere Astianatte, il figlio di Ettore. Penso che con Ettore si profila per la prima volta nella cultura occidentale la figura del padre e l’attenzione all'intera famiglia. La famiglia di Ettore si presenta unita e continua anche dopo la morte di Ettore, come qualche cosa di stabile e di indistruttibile. Nel sesto canto dell'Iliade, uno dei più belli del libro, un capolavoro della poesia, e che rimane uno dei più elevati inni alla paternità e al senso della famiglia, in questo canto Ettore lascia il campo di battaglia in cui si svolge la lotta tra troiani e achei, le sorti sono incerte ma si profila la possibile sconfitta dei troiani, e lui ritorna dentro le mura della città per poter promuovere dei sacrifici a Atena. È bella già questa immagine: l'eroe che pensa di chiedere un aiuto speciale agli dei. L’eroe padre smette il panni del guerriero ed entra dentro la dimensione familiare, fatta di mariti, di mogli e di figli. Ettore tace, sa che molti dei mariti che le donne aspettano sono caduti in battaglia. Si limita a sottolineare il bisogno di pregare gli dei. Ettore potrebbe fare sfoggio del suo valore e promettere una vittoria grazie al suo eroismo ed alle sue capacità, come fanno oggogiorno degli insensibili presuntuosi personaggi, ma non assume questo atteggiamento e si dirige piuttosto verso la casa della madre. Un quadro altrettanto delicato, straordinariamente emozionante, mentre a pochi passi, al di là delle mura, si combatte e si muore. Poi si reca nell'appartamento del fratello Paride, causa della guerra per avere rapito Elena. E qui senza perdere la pazienza, senza mai esprimere ira, lo rimprovera per essere lui a casa mentre il popolo di Troia muore. Parole dure ma senza odio, sostenute dalla saggezza e da quello stile che sa di padre. E il fratello, che capisce e obbedisce senza sentirsi offeso, ritornerà a combattere. Ed ecco infine il bellissimo brano dove emerge in Ettore tutta la sua delicatezza e grandezza. Egli va verso casa per incontrare la moglie Andromaca e il figlioletto. Di fronte a un bambino il padre sorride, e mi sembra che non ci sia un espressione più significativa, un insieme di gioia e di tenerezza, che si prova davanti al volto buffo di un bambino. Astianatte, il figlio, si spaventa, non riconosce nemmeno il padre vestito dell’armatura del guerriero. E qui salta in evidenza una distinzione tra l'eroe e il padre. Un padre non è né guerriero né eroe. Ecco la differenza. Con i figli non si può essere né eroi né guerrieri. E se non ci si spoglia mai delle armi, non si può essere padri ed Ettore capisce la reazione del figlio e sorride ed il figlio riconosciuto il padre senza armatura gli va incontro sorridente ed Ettore alza il figlio al cielo e lo mostra agli dei. Se la madre abbraccia il figlio e lo stringe al seno, il padre lo abbraccia e lo alza al cielo per mostrandolo agli dei. Perchè il desiderio di ogni padre è: che il figlio possa essere meglio di lui. Scusate se mi sono dilungato ma volevo condividere con Voi quanto sia chiaro il senso della paternità di Ettore, che è certamente stravolgente all'interno stesso dell'epica omerica, perché neanche in Ulisse, l'eroe dell'avventura, risalta così la paternità, nonostante Penelope e Telemaco. Ulisse è un personaggio sovente irato, attratto più dalla curiosità che dagli affetti. Ettore è veramente il padre della cultura greca. Ettore è il guerriero che sa essere padre, e per questo sa togliere l'elmo, il padre è una nuova figura: né guerriero né eroe. Fare il padre è altro. Certo oggi la figura del padre è strana. A dominare oggi è la sua immagine giovanile. Un adolescente che avesse sedici anni con un padre di quaranta, fino alla seconda guerra mondiale riteneva suo padre vecchio, con un'aspettativa di non più di cinque-sei anni di vita. Adesso è invece un padre-giovane che non ha nulla di quella età senile che lo avrebbe caratterizzato in passato. Basta pensare che allora era "normale" mancare di alcuni denti, il che significava anche biascicare le parole.. Il cambiamento enorme ha indotto l'idea di un padre-amico, di un padre che può fare le stesse cose di un figlio, che magari si accompagna ad una ragazza della stessa età del figlio. Quella attuale è una figura fisica di padre meno distinta e meno identificata rispetto a quella del figlio. E viene così meno quel rispetto che prima di essere mentale è naturale, essendo legato alle caratteristiche del corpo. Se il volto del bambino ha una configurazione che accende la protezione e porta a vincere la violenza, la figura del vecchio richiama il bisogno di aiuto, di difesa, e quindi attribuisce al giovane, senza leggi scritte, questo compito, come se si capovolgesse la situazione: da un padre protettivo ad un padre che ha bisogno di protezione. Questo gioco oggi è mutato, e l'aspetto della "natura", non serve più, tutto può venire stravolto, tutto finisce per legarsi alle idee, agli interessi. E allora tra padri e figli si accendono guerre, e un giovane arriva ad ammazzare il padre, che però non è vissuto come vecchio ma come un competitore, quindi come un nemico. Se cambiano le percezioni, allora mutano anche i comportamenti dei figli verso i padri e tutte le varie relazioni dentro la famiglia. Per questo mi sono attardato a parlare di Ettore una figura che ha fatica a rientrare nella nostra quotidianità, in mezzo a padri che non ci sono più.
Favria , 19.03.2012 Giorgio Cortese