L’esperienza non è solo ciò che mi succede ogni giorno, ma anche quello che realizzo  utilizzando ciò che mi accade. 

Nel gelo con l’ottuso e l’acuto

Il  gelo  di questi giorni pare che  assorba tutto,  coprendo la campagna, le strade e i campi di grano. Questo freddo mi congela la pelle e mi blocca, mi soffoca, mi opprime, ma  non riesce ad arrivare all’animo. Ma purtroppo il gelo è penetrato nell’animo di molte persone  rendendole ottuse.  Queste persone erano già ottuse prima ed il gelo di questi giorni che ne ha aggravato la patologia. Nella vita quotidiana penso che non ci sia persona più patetica di coloro che, a torto od a ragione, cercano di convogliare su di loro sempre l'altrui attenzione. Ma oggi ho conosciuto due persone strambe, una Ottusa e l’altra Acuta. Quel che è certo l'Ottuso è ottuso e l'Acuto è molto arguto. Ho osservato come l'Ottuso non voleva oltrepassare un muro che ci divideva e che con passo tronfio e assai sicuro finirà prima o poi per sbattere contro il muro. L'Acuto, invece,   con fare cauto e circospetto, ispezionando lo stesso muro, pensava di farci un buco! Ma mi pare che  l'Ottuso appariva assai aperto, di converso l'Acuto chiuso.

NB OGNI RIFERIMENTO A PERSONAGGI REALI E’ PURAMENTE CASUALE

Favria 7.02.2012                      Giorgio Cortese

 

Nel gelo della notte

Nel gelo della notte spezzato da bagliori e sogni, la   mia ispirazione cammina nella neve. Nel calcolo del tempo misurato sull'attesa che l'ultimo grano cada nel fondo della clessidra voltata dal capriccio del Destino, perché   basta a coprire le distanze un solo battito di cuore. Sento  il freddo  e il torpore l'inerzia. In questi momenti il tepore di un fuoco lontano non può più riscaldarlo, il  resto non conta quando sottrarre è la sola operazione consentita e minime le cifre. Dovrò  attendere l'alba e la carezza del sole  sulla guancia per vedere cose che nessuno vide sentire melodie  che nessuno udì.

Favria   7.02.2012                    Giorgio Cortese

 

L’adulazione
Esausto per l’ascolto di  discorsi che corrono per una strada diritta, dove all'imbocco si vede già il traguardo, mi sembra corretto fermarmi un attimo e riflettere su di una frase di Jean de La Bruyère. “Vedo un individuo circondato e seguito; ma occupa una posizione importante. Ne vedo un altro che tutti cercano di avvicinare; ma è in ascesa. Ecco uno abbracciato e coccolato persino dai politici; ma è ricco. Un altro è guardato con curiosità e additato da tutti; ma è colto ed eloquente. Ne scopro uno che nessuno dimentica di salutare; eppure è cattivo. Io vorrei, invece, un uomo che sia buono, e nient’altro, ma che sia ricercato da tutti!”.  E’ vero se sei una persona di successo, sei in carriera, sei ricco, sei un conduttore televisivo, sei una canaglia ma furbo?Ebbene, non ti mancherà mai il corteo degli ammiratori, pronti a stenderti davanti la passatoia rossa, a esaltare come virtù anche i tuoi vizi, a sperare in un tuo gesto d’attenzione. Sei un onesto ma poveraccio?Sta certo, avrai come compagna solo la tua coscienza e, al massimo, chi ti ama veramente. Mai, però, una folla plaudente celebrerà il tuo rigore morale. Purtroppo questa è una legge costante e, allora, mano alla manovella dell’adulazione, ai grani d’incenso, alle lodi improbabili perché, se è vero che la piaggeria è il cibo degli stupidi ma potenti, è anche vero che risulta sempre gustosissimo. Persino Goethe, nelle sue Massime e riflessioni , si rassegnava ad affermare che “chi non ha doti deve imparare ad adulare se vuole cavarsela nel mondo”. Penso che se voglio rimanere indenne da questo difetto miserabile devo essere sempre pronto a cercare l’amicizia anche delle persone semplici ma integri. Ma devo anche sforzarmi affinché ogni giorno con dignità non metto le mie scarse risorse umane al servizio del successo a ogni costo, e devo evitare di avere come unico metro di giudizio il mio interesse, scegliendo sempre di lodare esclusivamente il giusto, il vero, il bene. Ma è anche vero che tutti da natura siamo pronti più a biasimare gli errori, che a lodare le cose ben fatte. Così annotava nel suo Libro del cortegiano, pubblicato nel 1528, lo scrittore, diplomatico ed ecclesiastico Baldesar Castiglione, centrando una verità costantemente attestata nella prassi. Pronto e vispo sempre nel cogliere in castagna gli altri, sono restio e reticente nel riconoscerne i meriti.

Favria   8.02.2012               Giorgio Cortese