L’acqua bene comune

Oggi pomeriggio dopo avere avuto delle segnalazione da parte di diversi concittadini, che abitano in luoghi diversi della Comunità, ho subito allertato il servizio reperibilità della Smat per l’acquedotto. Chiedo scusa a tutti i concittadini per il disguido arrecato, il problema era dovuto ad un problema elettrico del pozzo n,2.

Colgo l’occasione per ringraziare tutti quei concittadini che dalla costituzione  dell’acquedotto hanno contributi nel corso degli anni a lasciarci una struttura che rappresenta la vera essenza del bene comune,  perché l’acqua   è la  nostra compagna del benessere quotidiano che, ci idrata, disseta, nutre e purifica, secondo  Talete, filosofo greco dell’antichità, l'acqua era stata eletta a principio di tutte le cose.

Ma l’episodio odierno mi ha fatto riflettere  su quanto scriveva Luigi Sturzo, “Del metodo sociologico: ”Prendiamo un esempio pratico: una fontana pubblica viene costruita in un villaggio. La fontana è un bene comune che si risolve nel bene di coloro che vanno ad attingervi l'acqua. Se la fontana fosse,  per abuso di potere, chiusa al pubblico con cancelli di ferro, la cui chiave fosse nelle mani di pochi o di uno solo, cesserebbe di essere un bene pubblico, ma neppure diventerebbe un bene privato; quel fatto si tradurrebbe moralmente in un atto di prepotenza, giuridicamente in violazione di un diritto della comunità”. Il pensiero di don Sturzo mi dice che in primo luogo, che la disponibilità dell'acqua è parte costitutiva del concetto di bene comune. In secondo luogo, che l'eventuale monopolizzazione ovvero oligopolizzazione della fontanella non trasformerebbe il bene comune in bene privato, ma semplicemente farebbe emergere un “abuso di potere”. In terzo luogo, ciò che moralmente può apparire come «prepotenza», sotto il profilo giuridico si traduce in “violazione di un diritto”. Ne consegue che l'esclusione dalla disponibilità di un bene comune come l'acqua è un crimine. D'altro canto, è appena il caso di ricordare che il medesimo Sturzo, negli stessi anni, ammoniva i politici italiani, ricordando loro che “lo Stato è per definizione inabile a gestire una semplice bottega di ciabattino”. Al di là delle derive ideologiche, nei confronti delle quali tutti rischiamo di essere terribilmente esposti,  credo sia opportuno rilevare che tanto che a gestire il servizio di erogazione idrica sia lo Stato ovvero un privato, c'è bisogno che qualcuno paghi gli investimenti. Dobbiamo soltanto scegliere se pagarli al pubblico con la fiscalità ovvero al privato con la bolletta. Dove risiede allora il rischio di deriva ideologica? Nell'assegnare allo Stato il monopolio del servizio pubblico: che si chiami barone tal dei tali o Stato, sempre «padrone» è. Gli uomini sono uomini, forse i funzionari pubblici sono virtuosi per natura? Ovvero, servizio pubblico di Stato significa che a gestirlo saranno manager indicati dai leader di partito nazionali e locali? E poi, chi lo ha detto che i partiti conoscono più degli imprenditori qual è l'ottimo sociale? Forse l'ottimo sociale è un attributo dello Stato? Ovvero della poliarchica società civile, articolata secondo il principio di sussidiarietà? Nella prospettiva sturziana, il compito dello Stato è di stabilire con metodo democratico e partecipativo le regole del gioco e di farle rispettare. Dunque delimitare il campo di gioco, aprire linee di concorrenza, impedire gli oligopoli, fare l'arbitro, punire chi non rispetta le regole e, nel caso, espellerlo dal campo. Ma l’arbitro non può essere anche giocatore o allenatore! È questa la prima lezione di natura etica di Sturzo e dell'economia sociale di mercato. Sappiamo tutti che i privati intendono massimizzare i profitti. Ad ogni modo, se il pubblico rinuncia a fare il giocatore, potrà arbitrare più efficacemente. Se invece pretende di essere anche giocatore, non potrà mai essere un arbitro imparziale. In definitiva, sulla scorta dell'insegnamento sturziano, mentre non mi fido del privato, mi terrorizza l'idea che il pubblico possa essere arbitro e giocatore e allenatore. Il problema della speculazione a tutti i costi del privato si affronta soltanto con le regole del gioco e con un arbitro imparziale che le faccia rispettare. Perché la morale  per un politico od amministratore pubblico  non è un elenco di buone intenzioni, ma un sistema istituzionale che consenta la libertà nella giustizia, certo non è facile ma è la verta essenza della corretta politica.

Favria  7.04.2012                     Giorgio Cortese

Auguri di Santa Pasqua

Gli auguri di questa Pasqua sono intensi, sono di speranza, di ricostruzione, di pace, di solidarietà, di gratitudine per le giornate normali, di rivalutazione delle cose e degli affetti semplici. Per me la S.Pasqua è la festa di chi crede nella bellezza dei piccoli gesti,  di affrontare la vita ogni giorno con candido stupore che mi sa sempre  stupire oltre ogni aspettativa. Che la gioia pervada il Vostro cuore e Vi regali felicità inattese.

Favria 8.04.2012     Giorgio Cortese

Passaggio di luce.

Bisognerebbe ridare alle parole le loro radici e oggi è Pasqua. Cioè esodo, liberazione, passaggio, dalla parola ebraica Pesach. E se le feste cristiane sono tutte feste di luce, Pesach ne è il trionfo. A Natale viene alla luce il Redentore, fattosi da onnipotenza fragilità, da grandezza piccolezza, da Creatore creatura. L'Epifania è anch'essa luce, prima espressione terrena della sua divinità. La Trasfigurazione è struggente splendore: un pezzo del regno di Dio scende a dialogare col Cristo, come non tollerando più che un semplice infinito, un materiale creato, una banale sommatoria di galassie in moto, che stanno generando lo spazio-tempo dal big bang della Creazione, si frapponga al suo incontro col Creatore: sicché apre un varco, questo pezzo di cielo, cala dalle nubi e ci si mette a parlare. Ma Pasqua è davvero la più grande festa di luce. Il Creatore tende la mano alla creatura oltre il buio, oltre la morte. La richiama alla luce, per farla risplendere come stella nel regno di Dio suo padre. Le dice di non avere paura, perché la tenebra non prevarrà. Glielo dice presso la pietra rotolata, per bocca di angeli - sta scritto nel vangelo - dalle vesti sfolgoranti. E non vi sarebbe ragione, di questo sfolgorare delle vesti, se Pasqua non fosse festa di luce.  Favria , 8.04.2012               Giorgio Cortese