Certi giorni mi pare che delle persone stiano alacremente lavorando per il loro prossimo errore

Ascesa a caduta del sogno padano
Sembra passato un secolo da quell’esordio nel 1982, quando uno lombardo di Cassano Magnago, figlio primogenito di un operaio e di una portinaia, studi irregolari e interrotti varie volte, fonda insieme ad alcuni amici la Lega Autonomista Lombarda, su modello dell’Union Valdôtaine. Certo non ci sono ancora gli slogan di “Roma ladrona”, ma il futuro Senatur ripete come un mantra una parola che pronuncerà milioni di volte nei successivi vent’anni: “federalismo”. Poi nel 1987, approda a Palazzo Madama e da li l’appellativo di Senatùr, che lo accompagnerà per sempre. Ma ci vorranno ancora due anni perché il movimento che fonde un arcipelago di sigle disseminate per tutto il Nord, nate da un diffuso malcontento nei confronti della classe politica, assuma la fisionomia di un partito vero e proprio, e altri tre, prima che alle politiche del 1992, in piena Tangentopoli, la Lega Nord sfondi soprattutto a spese della Dc, ridotta al suo minimo storico. Ma il vero botto avverrà nel 1994, quando il Senatur si allea con la neonata “Forza Italia” del Cavaliere, facendo man bassa di voti e di poltrone, ecco che allora la Lega dilaga, il Senatur ha un record di preferenze, il ceto medio del Nord lo applaude, imprenditori, magistrati, intellettuali, giornalisti gli si gettano ai piedi. Lo affianca, insieme alla pattuglia di fedelissimi della prima ora, un pensatore di rango come Gianfranco Miglio, ex preside di Scienze Politiche all’Università Cattolica a Milano.
E per qualche tempo la popolarità del professore comasco surclassa quello dello stesso Bossi. Ne scaturirà una gelosia che finirà per emarginare il brillante studioso autore delle Contraddizioni dello Stato unitario, relegato a un posto di consolazione al Senato mentre il ministero per le Riforme Istituzionali andrà ad un ministro meno ambizioso. Alla carica quasi rivoluzionaria che la Lega incarna si accompagna una scaltrezza politica che nessuno avrebbe mai immaginato in quel senatore, cui fino a pochi anni prima nessuno rivolgeva la parola. Il Senatur è spiazzante, imprevedibile, fuori schema, sia che si mostri a torso nudo o in canottiera, o bocci l’Inno di Mameli sostituendolo con Va’ pensiero, o passeggi nel parco di Arcore a braccetto con il Cavaliere. Al quale riserva a pochi mesi dal trionfo elettorale un coup de théâtre degno di lui, togliendogli la fiducia e dando vita al famigerato ribaltone. in quel momento, con grande acume politico il Senatur ha capito che la Lega è in grado di camminare da sola. Le elezioni del 1996 la premiano con un 10,8% a livello nazionale. Ed ecco allora un altro colpo di scena, al mito del Carroccio, di Alberto da Giussano, del Barbarossa sconfitto dai lombardi, ora associa quello celtico di un’immaginaria Padania, terra segnata e percorsa dal Po, per la quale il Senatùr s’inventa un rito sul Monviso con tanto di ampolla di acqua di sorgente da versare nell’Adriatico, dove il grande fiume padre della pianura alluvionale si va a disperdere. Da quel giorno l’Italia una e indivisibile si accorge di avere un spina nel fianco: il federalismo, il cui significato e la cui applicazione pratica il Senatur non ha mai voluto completamente chiarire, il Senatùr abbina un altro e ben più minaccioso termine, secessione, allestendo, ai margini della legalità, un sedicente Parlamento del Nord alle porte di Mantova. Il Senatur ancora non lo sa, ma la parabola discendente di quella “Lega di lotta e di governo” è già iniziata. Alle elezioni politiche del 2001, dopo cinque anni di opposizione ai governi di centrosinistra e la ritrovata alleanza con il Cavaliere nella Casa delle Libertà, il movimento non andrà oltre il 3,9%. e qui entra il scena la forza del destino, nel 2004 viene colpito da un ictus che lo tiene lontano per mesi dalla vita politica attiva e gli impone una lunga sconfortante riabilitazione. Il Senatur perde le brillanti sortite tattiche che sono sostituite da un mesto ringhio quotidiano contro ogni potere o istituzione che agiscono in maniera difforme dalla sua visione a senso unico. Che dire se non le parole di Re Lear: “Strinatemi questa testa canuta. Tu, tuono scotitore del mondo, spianala d’un colpo al suolo questa compatta sfera del globo, rompi gli stampi di natura; disperdi tutto e tutti insieme ai germi onde si genera, mostro d’ingratitudine, l’uomo”, per descrivere questo mesto finale di una persona tradita e gabbata, da quanto leggo, dai più prossimi fra gli affetti, la Trota e dai suoi stessi pretoriani che vegliavano occhiuti su quell’improbabile cerchio magico nel quale da anni ormai era recluso, imprigionato, sordo al mondo e al fluire delle cose, tutto il resto è un mesto silenzio
Favria 14.04.2012 Giorgio Cortese

Leggendo che cosa scrivono certe persone confermo il pensiero che due sono le cose infinite: l’universo e la stupidità umana., e ultimamente non sono più sicuro della prima

Nella vita devo tenere gli amici vicino e i miei avversari ancora più vicino, ma questi ultimi sono dei grandi ineducati e non sanno stare a tavola, gli manca la buona creanza

Scriveva il piccolo Corso: “Non interrompere mai il tuo nemico quando sta commettendo un errore.” Ed io mi attengo sempre a questa massima!

Secondo Aristotele :”Siamo ciò che facciamo ripetutamente. L'eccellenza quindi, non è un atto, ma un'abitudine.”
Attendere riposati l'avversario affaticato!
"Attendere riposati" suggerisce un vecchio consiglio di strategia, per giungere sul campo di battaglia per primo, cosi potrò arrendere tranquillamente, nel pieno delle forze, l'arrivo dell' avversario affaticato. In questo modo posso monitorare la situazione, riflettere il momento e le circostanze propizie per l'attacco.

Piove.
Questa domenica mattina piove con uno stillicidio senza rumori di auto o giocosi strilli di bambini Amo la pioggia sferzante sulle strade sulle teste della gente senza ombrelli. La pioggia sui cani con medaglia, su quelli senza e sui gatti randagi bianchi e sui tigrati, la pioggia che bagna la campagna e sugli alberi del parco vicino. Amo la pioggia che viene giù e si posa su tutto, sul casco del ragazzo con la moto, sul poveruomo malato di nanismo che non sa come fare per farsi notare. Amo la pioggia che tutta va e trascina che tutti ci sommerge e tutto inonda che non fa distinzione alcuna senza occhi e senza intendimento non fa discernimento e tutto bagna. Pioggia che non ha nessuna preferenza pioggia, goccia d’acqua d’uguaglianza,questa pioggia, a volte, può bastare Un’eco di pioggia sferza la linfa del giorno Mi affaccio a guardare: i lucidi sassi rispecchiano un cielo di madreperla Qualcuno è passato senza nome né volto immersa grondaia in aeree pozze.
Favria, 15.04.2012 Giorgio Cortese

L'intelligenza ognuno se la deve conquistare. Soltanto la stupidità si espande gratuitamente nelle teste vuote di certe persone.

Programmi elettorali, non solo carta inchiostro & web
Riunioni più o meno segrete, tavoli che si formano e si rompono, alleanze, scontri, conflitti, fumate bianche che poi diventano nere, conteggi fatti e rifatti, prove tecniche di schieramento che non ci sono nemmeno nella partita più logorante di Risiko. Infine le varie liste scendono in campo e rendono pubblici i loro programmi elettorali, ma non manca forse qualcosa? Sono stati ascoltati i cittadini? Si è cercato di capire quale sia la gerarchia dei bisogni, delle attese e delle paure che i favriesi hanno, e le aspettative che nutrono per i prossimi 5 anni? Mi auguro di si, perché le tre settimane, scarse, che ci separano dalle elezioni, sono un lasso di tempo davvero troppo breve per aggiustare il tiro. Ma oggi quello che mi preme è parlare del programma elettorale. Già, il programma elettorale sembra essere, per certe persone, proprio il convitato di pietra della prossima tornata elettorale.
In realtà, secondo il buon senso, merce rarissima in questi tempi, il programma elettorale dovrebbe essere messo a punto dopo aver esaminato e ascoltato attentamente le problematiche presenti sul territorio e dopo aver ascoltato, anche tramite incontri pubblici, i cittadini, secondo i principi della cosiddetta "democrazia partecipativa". Il primo atto di una campagna elettorale sostanzialmente dovrebbe essere la ricerca dei temi che stanno a cuore dell'elettorato e del loro peso rispetto alla decisione finale della scelta per chi votare.
Non vorrei che si sciorinino nel programma elettorale progetti faraonici, animati da buone intenzioni che poi all’atto pratico non potranno essere realizzati per le sempre più esigue risorse finanziarie e con l’IMU, l’Imposta Municipale Unica, introdotta con la riforma del federalismo fiscale, già bella roba, che sostituisce sia l’Irpef sui redditi fondiari delle seconde case, sia l'Ici, introdotta nel 1992 e presto diventata una delle entrate più importanti nel bilancio comunale, prima di essere abolita per le prime case. Mi auguro, quindi, che le azioni che verranno inserite nei programmi elettorali siano azioni concrete e realmente realizzabili anche in questi tempi di crisi, e non grandi opere e promesse abbaglianti che poi rimangono solo sulla carta, come il "milione di posti di lavoro" di non lontana memoria. Resto in attesa, quindi, di problemi concreti che interessano i favriesi e che siano fattibili, e non un mero "copia e incolla" di cose irrealizzabili e voli pindarici destinati a rimanere, carta straccia e puro esercizio di abilità letteraria.
Favria 15.04.2012 Giorgio Cortese

Qando sciorinate una cifra il simbolo € che si pronuncia Euro e non euri si scrive sempre davanti all’importo, anche la forma corretta ha la sua importanza, grazie