Il modo più sicuro di essere ingannati è di credesi più furbo degli altri

 Secondo Catone: “A nessuno è mai nociuto essere stato zitto.” Ed invece, in questi giorni una persona che conosco, farebbe meglio stare zitta invece di vendere parole e parole, che sono solo delle inutili volute di fumo

 San Giorgio di Lydda, e allora parliamo meno e leggiamo di più!

S. Giorgio, originario della Cappadocia, era tribumo militare in Palestina. Convertitosi al cristianesimo, donò ai poveri tutti i suoi averi. Ricevette la profezia di tormenti che sarebbero durati sette anni. Durante la persecuzione dioclezianea fu infatti arrestato e torturato più volte, superando prove inennarabili. Subì quindi il martirio decapitato. Sul luogo della sua tomba a Lydda (Palestina) sorse un santuario già nel IV secolo.  Il suo culto, quale patrono dei cavalieri, si sviluppò particolarmente al tempo delle crociate. In questo periodo nacque la leggenda di San Giorgio uccisore del drago, dovuta probabilmente all'errata interpretazione di un'immagine. È patrono dei boy-scouts. Papa Zaccaria (741-752) trasportò a S. Giorgio in Velabro, con una solenne processione, la reliquia del capo da lui scoperta in Laterano. L’insigne resto, in un busto d’argento donato dal cardinale Annibaldo de Ceccano (m. 1350), fu però custodito anche a S. Pietro in Vaticano. Il 16 gennaio 1408 venne trasferito nuovamente a S. Giorgio in Velabro, dove ancora è visibile il cofanetto che lo contiene nella fenestella confessionis dell’altare maggiore. Nel 1600 fu divisa e una parte donata a Ferrara. Mi aggancio alla festa del mio onomastico  S.Giorgio per fare una modesta proposta: parlarne di meno, leggerne di più. Perché va bene, anzi benissimo che un giorno all’anno ci si ricordi del libro e che se ne celebri l’importanza. E meglio ancora è che quel giorno sia oggi, il 23 aprile, che in Catalogna è la festa di San Jordi, quando gli uomini regalano rose alle donne e in cambio ricevono, appunto,libri. Ma il 23 aprile del 1616 fu anche il giorno in cui a Stratford morì Shakespeare e a Madrid si spense Cervantes, mentre a Cordova scompariva Garcilaso de la Vega, detto 'el Inca', lo straordinario scrittore attraverso il quale le Americhe impararono a esprimersi in castigliano. E forse proprio da qui bisognerebbe partire, dal potere misterioso che consente ai libri di sopravvivere ai loro autori. Shakespeare e Cervantes appartengono alla storia, Amleto e Don Chisciotte continuano a essere nostri contemporanei. Quanto all’Inca, i suoi 'Commentari' raccontano la storia autentica di un popolo con tutta la forza e la complessità che, di solito, attribuiamo ai romanzi. Viva S.Giorgio ed evviva i libri, quindi. E via con i festeggiamenti. Che poi però passano, lasciando ogni lettore, e ogni, penso, scrittore, alla sua condizione più abituale: il silenzio e, più ancora, la solitudine. Probabilmente è anche per questo che, negli ultimi anni, si sono moltiplicate le campagne a favore della lettura in generale e del libro in particolare. Di solito, ammettiamolo, non è un buon segno. Non ci fossero allarmi, del tutto giustificati o almeno in parte esagerati, non importa, sulla salute del pianeta, ieri non avremmo celebrato la giornata della Terra. E se leggere fosse un’attività di massa, se il libro fosse un gadget di successo come i cellulari di ultima generazione, oggi non saremmo qui a discutere di Shakespeare, non saremmo qui a lodare Cervantes. O magari sì, lo faremmo lo stesso, ma non per ricorrenza di calendario.  E poi, non dimentichiamolo, c’è l’orizzonte del digitale, su cui si staglia la minaccia della smaterializzazione dei testi. È un altro dei paradossi del XXI secolo: mai così tante opere a disposizione di chiunque, mai così tanta incertezza sulle sorti della carta stampata. Al punto che, in questa giornata fatidica, ancora non è chiaro se ci si stia felicitando per l’esistenza degli incunaboli o per il crescente successo, lento, è vero, ma crescente, degli ebook. Di sicuro, sono diventato adulto con l’idea che il mondo stesso fosse descrivibile e leggibile sotto la specie di un libro, ancora faccio fatica a persuadermi che il criterio interpretativo possa essere un altro, frastagliato e cangiante come l’alberatura di un sito internet. Per orientarmi, una volta di più, chiedo aiuto ai miei amati libri, i quali procedono però con moto alterno, a volte scommettono spavaldi sulla propria vittoria, altre sembrano rassegnarsi alla prospettiva di un declino inesorabile.   Anche per questo, in definitiva, bisognerebbe parlarne di meno, cosi alcune persone direbbe delle farlocche di meno, se leggessero di più. I libri hanno il loro destino, infatti, oltre che abitudini singolari. Prosperano nella penuria, deperiscono nell’abbondanza. Sono sfilate di parole che mi invitano al silenzio. E mi obbligano alla solitudine per permettermi, finalmente, di stare in compagnia di me stesso.

Vivissimi auguri di San Giorgio a tutti i Giorgio!

Favria   23.04.2012            Giorgio Cortese