Orme nella neve.

Questa sera sono uscito dal lavoro, andando nel piazzale per prendere l’auto, ho visto delle impronte sulla neve. Sulla neve ogni impronta è una storia,  c'e' l’orma forzata che sosta oscillante tra un impreco e il non sapere dove andare. C’è  l'impronta di chi si sente braccato dalle preoccupazioni. C’è   la traccia del passo amareggiato di chi deve dividere condividere il peso della vita con questo improvviso lenzuolo bianco. C’è   la tenera scia degli innamorati. Ci sono i passi allegri dei bambini. Ci sono innumerevoli impronte di sconosciuti che casualmente incontro nella vita e che come pennelli dell'animo dipingono nei miei ricordi indelebili ricordi di passi già accaduti. 

L’emozione della nevicata.

“Soffice, morbida, bianca, lieve lieve. Sembra panna, sembra neve”.. No, stavolta è proprio neve sul serio. Il 'signor G' alias Giorgio Gaber parlava della schiuma, nell’allusiva simpatica canzone in cui a un semplice shampoo erano attribuite virtù terapeutiche dello spirito: “La schiu­ma è una cosa buona, come la mamma, che ti accarezza la testa quando sei triste e stanco. Una mamma enorme, una mamma in bianco”. Ma non è lo stesso per la neve? In questi giorni le  città non apparivano più le stesse: arrotondati e addolciti i bordi delle case, smussati gli angoli alle macchine, attutiti i rumori della fretta e dei televisori.   Chissà se è qualcosa di simile a ciò che s’in­tende allorché si parla di “abbassare i toni” nel dibattito e nello scontro civile... Di cer­to non ci piacciono nemmeno le nostre città grigie e metalliche, cinte da un anoni­mato sempre più respingente e algido che la neve è sembrata almeno per un giorno ammorbidire e paradossalmente scioglie­re: non foss’altro che per quell’elementare solidarietà che si genera tra automobilisti in colonna infreddolita, ovvero tra spala­tori improvvisati coi moon-boot da sciato­re della domenica... leggiadri fiocchi si sono accomodati lentamente uno sopra l’altro in po­che ore hanno modificato in modo meraviglioso il panorama; lo stesso che a volte sopporto puro dovere. Ma diventa­no belli persino i paracarri, quando indos­sano lo spessore di un bianco cappello a ci­lindro. Né sono cose che vedono solo i bam­bini; pure al sottoscritto mi piace la neve, devo ammetterlo. Forse perché mi propone un mira­colo, che è appunto mostrarmi la vita di sem­pre sotto un vestito nuovo e immacolato.   È questa dunque la città che vorrei? È così il mondo 'pulito' e intatto che, alme­no a parole,   tutti cerchiamo? Chissà. Cer­to il battito costante e lieve dei fiocchi di neve mi dimostra che in poco tempo l’impossi­bile può farsi: nel bene e nel male. Che addirittura il suburbio più squallido, sotto la coltre, acquista accenti da fiaba,   e altrettanto che il meccanismo più oliato e fino a pochi istanti prima apparentemente per­fetto è capace d’ingripparsi in una mota in­vincibile agli pneumatici. Sappiamo che è illusione; sappiamo che il morbido guscio si squaglierà entro qualche ora in un’inde­cente palude color caffé e la pellicola pro­tettiva in cui le città sono avvolte  verrà squar­ciata da provvidenziali spazzaneve. Eppu­re un prodigio sotto i miei occhi c’è pure stato, ancora una volta ne sono stato testi­mone.  E dunque, se il cielo ha concesso anche alle grigie zone industriali   l’abito bianco di una festa scintillante, non tutto è irrimediabile anche per il riscatto dei miei giorni feriali. Certo, toccherà anche a me di per­mettere che il lamé da gran sera disteso per l’occasione su strade e palazzi si sciol­ga in un paciugo indecente e scivoloso, oppure conservarne in frigorifero la ma­gia per i giorni che verranno più pesanti nell’afa del vivere; ma cambiare si può. C’era una volta la neve, proprio qui, e ne sono stato scaldato e nel mio animo ne conservo l’emozione.

Favria  1.02.2012                 Giorgio Cortese

La prudenza è, secondo S. Tommaso, “'occhio ed il pilota dell'anima, non meno che di tutti i suoi movimenti e di tutte le sue azioni”. Il vocabolo prudens, prudente, deriva da porro o procul videns, per significa colui che vede da lontano; e prudentia viene da procul videntia, cioè facoltà di vedere le cose da lontano.