Buongiorno a tutti!!!!
In questi giorni la  natura  si è vestita di bianco. Osservando fuori dalla finestra mi rendo conto che nonostante il gelo per essere migliore  oggi, più di ieri, basterebbe poco. Gia’ dal mattino basterebbe guardare il cielo, ascoltare il respiro delle terra e alla  sera il silenzio della luna respirare le note del vento, guardare i disegni delle nuvole, dimenticare l'orgoglio, apprezzare quel poco o tanto che mi viene dato, non lasciarmi andare a false illusioni ma accettare la vita nell'onestà, anche se la ricompensa è poca, discernere la sincerità dall'ipocrisia.Sarebbe davvero un buongiorno e non devo aspettare domani per fare tutto questo!

Temporeggiare

Alcuni giornate mi sembra di essere in procinto di tirare un calcio di rigore, nella partita della vita. E’ arrivata la neve che mi ha sorpreso con le mani a mescolare i giorni. Poi ritrovo  in quel silenzio nuovo da parlare con il primo passo nel candido respiro. Si io ci sono, ma sono in attesa, nonostante che la curva rumoreggi e l’attesa prima del fischio sia lunga e affliggente. Ed allora eccomi qui a temporeggiare. Secondo un antico detto,  saggio nel gareggiante è non avere fretta ed esaminare l’avversario, aspettare e frenare gli impeti dell'ira   e cautamente muovermi senza fretta. Muovere la destra fingendo con il piede, sostare la palla sul sinistro per sorprendere il portiere sul lato opposto. Nella vita ci sono giornate che devo aspettare. Certo sono momenti difficili  dove è facile buttare fango, e le cose facili sono sempre le più opzionabili.  Ma io non smetto di crederci. Quando dai tanto con sincera passione,  qualcosa indietro ti torna. E non il fango verbale di chi a puntare il dito è sempre in prima linea.  E quindi : IO   sono qui in calma placida ed olimpica Attesa, della fine della partita.

La personalità

“Quando oggi mi dicono di qualcuno che manca di personalità, penso subito ad una persona semplice, retta, proba… L'idea del “libero sviluppo della personalità”» sembra degna d'ammirazione finché non s'incappo in individui la cui personalità si è sviluppata liberamente” Nicolas Gómez Dávila (1913-1994) scrittore colombiano

Leggendo queste righe tratte da un libro recentemente letto devo riconoscere che con la parola “personalità” posso riempirmi  oggi la bocca e spesso accade proprio quello che denunciava nelle righe sopra trascritte dallo scrittore colombiano. Certo imbevuto come sono di nozioni pseudo psicologiche, preoccupato fino alla mania di non apparire repressivo ma di essere sempre libertario,  si comincia fin dal bambino a eliminare qualsiasi correzione, ammonimento o rimprovero. “Non vorrai renderlo frustrato o complessato per tutta la vita? Lascia che esplichi la sua personalità!”, si dice. E il risultato è che si avrà, prima, un ragazzo arrogante, intoccabile o abulico e, poi, un adulto senza nerbo o prepotente. Ha ragione Dávila: la persona fedele, costante, onesta, seria non è considerata come una «personalità» originale e creativa, ed è l'eccesso paradossalmente a diventare norma. Perché, come dice ancora lo scrittore colombiano, si vede bene cosa significhi alla fine quel «libero sviluppo della personalità» e le sguaiataggini televisive ne sono la prova lampante. Il nostro Sciascia nel suo scritto A futura memoria ironizzava: “Tutti gli uomini che in Italia si fanno da sé è evidente che si fanno piuttosto male” e di esempi ne abbiamo.

Favria  9.02.2012                  Giorgio Cortese

Non devo chiedere una vita  più facile, ma di essere una persona dall’animo  più forte. Nella vita chiunque smette di imparare è vecchio, che abbia 20 o 80 anni. Chiunque continua ad imparare resta giovane. La più grande cosa nella vita è mantenere la mia mente giovane

 Questa sera  camminando dopo cena scorgo l’alta luna svetta nel manto  stellato, e si rispecchia sulla candida e gelida campagna. Sei tu stessa a incasellarli, gli astri lucenti, dentro il grande album del cielo, o sei anche tu una figurina senza potere? Luce vegliarda del mondo notturno a te canto l'insolita gioia di vivere che sgorga  dal petto, mentre i suoi lucenti occhi profondi accarezzano il mio sguardo semplice e sorridente.

 Ricordo delle Foibe per non dimenticare

L'istituzione della Giornata del Ricordo, in memoria delle vittime delle Foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, è qualcosa di più profondo dell'impegno politico nel recuperare una tragica pagina di storia del nostro Paese, troppo a lungo sottaciuta e, con ogni probabilità, poco nota alle giovani generazioni.  Ciò che questa ricorrenza rappresenta, innanzitutto, è l'umana partecipazione al dolore di una comunità sopraffatta dall'atrocità di una violenza inasprita, figlia della ritorsione che lacerò famiglie e interi paesi nel nome di ideologie nazionalistiche e razziste di cui, come ha ricordato il Presidente Ciampi recentemente, tutti i popoli europei pagarono il prezzo. E nell'appello alla condivisione di questo lutto, giunto proprio dal Capo dello Stato, ritroviamo davvero l'urgenza e la necessità di accantonare il rancore e la polemica, la parzialità e i revisionismi. Ricordare significa infatti recuperare il passato per trarne un insegnamento morale e una nuova consapevolezza civile riguardo al valore universale della pace e all'importanza della coesione, in una Nazione capace di stringersi intorno alle proprie ferite senza aver paura di rivelarne i segni. Al cospetto degli uomini, delle donne, dei bambini e ragazzi che nel territorio carsico, tra il 1943 e il 1945, trovarono la morte o provarono la sofferenza dell'abbandono e dell'acerrimo scontro tra identità, non può esservi silenzio né rimozione, così come fine a se stesso e inaccettabile è qualsiasi tentativo di strumentalizzazione. Per molto tempo, la questione dell'Istria e della Dalmazia fu interpretata in maniera riduttiva, unicamente alla luce della sua connessione con l'avvento del fascismo, nonché come conseguenza dell'aggressione nei confronti della Jugoslavia: a distanza di più di sessant'anni, tuttavia, nel dramma delle Foibe non possiamo che leggere l'orrore di una pulizia etnica che indiscriminatamente mirava a colpire tutto ciò che era emblema di italianità, tutti coloro che rifiutavano l'annessione balcanica. Senza distinguere tra fascisti e antifascisti. E' per questo che oggi, siamo chiamati a commemorare: una sconfitta che ci accomuna tutti, in quanto italiani e in quanto persone, di fronte all'annullamento estremo dell'individuo e del suo fondamentale diritto alla vita, alla libertà, alla democrazia e all'appartenenza alla sua terra. Alla sua Patria.  Come è stato ribadito più volte già nei precedenti anni,  nessuno, adesso, può dire di non sapere. E ciascuno di noi ha il dovere morale, prima ancora che politico, di superare qualsiasi forma di reticenza su questa tragedia che è un capitolo buio, ma ineludibile, della storia della nostra Patria. Del resto, con l'allargamento dell'Unione Europea, l'Istria e la Dalmazia possono finalmente guardare al domani con la speranza di farsi terre di incontro e tolleranza tra Est e Ovest, cancellando le barriere della divisione che così a lungo sono state causa di tormento. E' nelle sofferenze di ieri, infatti, che la nuova società multietnica, libera, aperta, trova la propria ragione d'essere: perché le identità culturali e nazionali che allora furono motivo di scontro, oggi vengono riconosciute quale diritto inalienabile di tutte le genti, con la consapevolezza che il dramma delle Foibe non può né deve essere dimenticato, ma resta un monito importante per costruire il nostro cammino futuro di italiani ed europei.

Favria   10.02.2012                Giorgio Cortese

 Si vive una volta sola, ma se lo faccio bene, una volta è abbastanza. Perché essere ciò che sono e diventare ciò che sono capace di diventare è il solo fine della vita!