Certi giorni  non ha senso parlare di buon senso visto che certe persone non hanno il  sesto senso.

 

Le rane, ovvero il  potere della poesia salverà il mondo

Recentemente ho riletto la commedia di Aristofane “le rane”, e mi è parsa attualissima. Sotto certi aspetti l’attuale società è simile all’Atene in decadenza, raccontata nella commedia, che sta perdendo lentamente i valori e le capacità di rendere sempre attuale la democrazia. La cosa che mi ha colpito il singolare incontro di  Dioniso con le rane, che cantano il loro amore per la poesia.

Nelle Rane, gli anfibi simboleggiano  il valore ed il potere della poesia, poiché proprio su questo è incentrato il loro canto e il loro breve dialogo con Dioniso, e questo secondo l’autore può portare alla salvezza della città di Atene. Nella commedia compaiono tutti i vizi dell’attuale democrazia, la verbosità, il cavillo, la menzogna e la nota malafede  di chi usa il fumo per coprire un arrosto indigeribile. Ma purtroppo c’è pure la testardaggine di coloro che a parole sembra che apprezzino il fumo, solo perché garantisce impunità al loro malaffare economico, come un lasciapassare. Mi sembrava di leggere il giornale quotidiano, con l'attacco contro certi abusi di parola e immagine, contro certi entusiasmi di tornaconto non è  di questi giorni del 2012 dC., ma nel 423 a. C, ai tempi della guerra del Peloponneso,  raccontata da Tucidide e Senofonte,  che vedeva la “democratica” Atene contrapposta a Sparta per mantenere l'egemonia in Grecia. Tornando alla godibilissima commedia, questa inizia con Dionisio, dio del teatro, decide di raggiungere l’Ade per riportare in vita Euripide. Infatti sia Sofocle ed Euripide, sono deceduti nel 406 a.C., e per Aristofane, riportare in vita Euripide è l’unica soluzione per salvare la tragedia dal declino. Allora all’inizio del viaggio Dionisio con il suo servo chiedono ad Eracle quale sia la via più breve per dirigersi nell’Ade. Ma quando giungono sull’Acheronte, il traghettatore Caronte fa salire Dioniso sulla sua barca per portarlo sull’altra riva, mentre il servo è costretto a girare intorno alla palude a piedi. Durante la traversata,  Dioniso e Caronte incontrano le rane, chiamate da Caronte le rane-cigni, che con il loro gracidare intonano un canto in onore al dio, ma senza accorgersi che il dio Dioniso è proprio lì con loro. Dioniso è presto infastidito dal loro canto e protesta, ma le rane continuano, non riconoscendolo nemmeno. Alla fine il dio imita il loro verso e questo le zittisce. Dopo il passaggio del fiume Dionisio ed il servo si rincontrano  e dopo varie peripezie trovano Euripide mentre sta litigando con  Eschilo. Il motivo del contendere è di chi meriti tra loro due salire sul trono come migliore tragediografo di tutti i tempi, infatti ognuno dei due si ritiene  il migliore.  Inizia allora una gara con il dio Dionisio come arbitro, i due autori citano a turno versi delle loro tragedie, e tentano di sminuire quelli del contendente. Alla fine viene portata in scena una bilancia e ognuno dei due autori viene invitato a recitare alcuni suoi versi, a secondo delle citazioni la bilancia aumenta di peso, chi pronuncia versi  migliori fa  pendere la bilancia in suo favore. Esce vincitore dal duello di poesia Eschilo,  ma a quel punto Dioniso non sa più chi sia meglio riportare in vita. Decide infine che sceglierà tra i due il consiglio migliore per salvare Atene  dal declino. Euripide dà una risposta sommaria e poco decifrabile: “Se adesso va tutto male, forse facendo tutto il contrario ce la caveremo”, mentre Eschilo dà un consiglio più concreto “Le navi sono le vere risorse”, (la politica di Pericle),  sicché Dioniso decide di riportare in vita quest’ultimo. Eschilo appare come l'unico che può salvare Atene dalla situazione disastrosa in cui si trova ed accetta di tornare tra i vivi lasciando il trono alla destra di Plutone a Sofocle, a patto che non lo ceda mai a Euripide. Attraverso la contrapposizione tra i due modelli di teatro, Aristofane, in una parodia comica implacabile, mette in scena lo scontro tra due idee di arte e di morale denunciando la rovina in cui è caduta la città a causa di volgari demagoghi e politicanti pericolosi perché inetti e corrotti e dediti al malaffare.

Favria,  18.07.2012                   Giorgio Cortese