Nulla al mondo è più pericoloso che un'ignoranza sincera ed una stupidità coscienziosa.

 

Torna a Surriento.. e non solo li!

Certo la cosa mi ha molto meravigliato ma la canzone napoletana “Torna a Surriento” è dedicata non ad una bella donna ma ad un uomo.

Il 15 settembre del 1902 il Presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli si recò in visita ufficiale a Sorrento e prese alloggio nello stesso albergo dove lavorava come  pittore Giambattista De Curtis. A quei tempi la condizione   di Sorrento era disastrosa, strade munite di fondo stradale dissestato e servizi inesistenti, non come adesso che abbiamo tutto che funzione conme un orologio svizzero nel nostro Bel Paese!  I fratelli De Curtis, Giambattista ed Ernesto, per invogliare il Presidente del Consiglio a fare  qualcosa ed al più presto, ebbero l’idea di dedicargli una bella canzone, pare scritta in poche ore per sollecitarlo a ritornare in questa bella città a ricostruzione avvenuta per godersi le bellezze di un  paesaggio unico al mondo, dove si alternano mare e montagna, profondi valloni e terrazze  di agrumi, ed escursioni alle rinomate località limitrofe, Napoli, Pompei, Ercolano, Ischia, Capri, Positano, Amalfi. Questa canzone con il tempo è divenuta da allora una dei   motivi napoletani più cantati e conosciuti nel mondo. Ma il politico bresciano, combattente del Risorgimento, è anche conosciuto per aver fatto approvare, quando era Ministro di Grazia e Giustizia, il nuovo Codice Penale, che ci sarà l’effettiva unificazione legislativa del Regno. Questo codice  in vigore dal  1890 fino al 1930 e, che sostituiva il vecchio codice del Regno di Sardegna. Questo Codice, infatti, ammodernava, per quel tempo la legislazione italiana,  difatti  aboliva la pena di morte, che era ancora in vigore in parecchi stati europei che già allora senza lo spread si consideravano più evoluti, consentiva una limitata libertà di scioperare ed inoltre introduceva il principio della libertà condizionale ed il principio rieducativo della pena, anzi aumentava la discrezionalità del  giudice al fine di adeguare la pena alla effettiva colpevolezza del reo. Ma pensate, fino ad allora nonostante la proclamazione dell’Unità d’Italia il vecchio Codice del Regno di Sardegna, valeva su tutto il territorio nazionale di allora ad esclusione della Toscana, dove non esisteva la pena di morte a differenza di quello Sardo. Nella Relazione al Re Zanardelli si diceva convinto che “le leggi devono essere scritte in modo che anche gli uomini di scarsa cultura possano intenderne il significato; e ciò deve dirsi specialmente di un codice penale, il quale concerne un grandissimo numero di cittadini anche nelle classi popolari, ai quali deve essere dato modo di sapere, senza bisogno d'interpreti, ciò che dal codice è vietato”. Zanardelli riteneva che la legge penale non dovesse mai dimenticare i diritti dell'uomo e del cittadino e che non dovesse guardare al delinquente come ad un essere necessariamente irrecuperabile: non occorreva solo intimidire e reprimere, ma anche correggere ed educare. Con l’avvento del Fascismo molte norme furono abrogate o disattese ed infine nel 1930 venne introdotto il Codice Rocco, codice ancora in vigore  oggi nell’Italia. La Città del Vaticano con i Patti Lateranensi  del 1929  lo aveva recepito e avendone letto alcuni articoli lo considero molto originale e moderno rispetto all’attuale codificazione del Codice Rocco, da molti criticato ma mai cambiato, questo mi fa riflettere che se non siamo stati capaci a cambiare delle regole vetuste come pensiamo di cambiare l’attuale classe dirigente della Patria?.

Favria  15.09.2012       Giorgio Cortese