L’amore è come le epidemie: più uno le teme e più è esposto al contagio. Nicolas De Chamfort

 El pi grand!

“Noi salivam per entro il sasso rotto, e d'ogni lato ne stringea lo stremo, e piedi e man volea il suol di sotto. Poi che noi fummo in su l'orlo supremo dell'alta ripa, alla scoperta piaggia, "Maestro mio", diss'io "che via faremo?"  PURGATORIO - CANTO QUARTO vv. 31 e segg..

Ho voluto trascrivere questi bei versi del sommo Dante, perché sono rimasto colpito dall’aggettivo supremo. Questo aggettivo che  deriva dal latino “supremus”, superlativo di supra superior. Oggigiorno viene usato per indicare “il più alto” in senso figurato, come la torre suprema della città supera i 40 metri, oppure sempre con senso figurato “molto alto”: “suprema era la posizione dei consoli nella società romana durante l'età repubblicana”, viene anche usato anche come sinonimo di “ sommo”.  Questo aggettivo mi   fa ricordare  quanto scriveva sui potenti il famoso e prolifico romanziere francese dell'Ottocento Honoré de Balzac: “Un trono non è altro che un pezzo di legno rivestito di velluto”. Certo sono sulla vetta apicale e comandano gli attuali potenti, ma attenzione per quanto sia impeccabile e perfetta la ribalta sulla quale si svolge il loro sfoggio di umana potenza,  tanto è confuso, frenetico o vociante il retroterra di quel mondo dorato. La chimera del potere, del successo, e del momentaneo trionfo è si affascinante ma poi tutto passa e anche la gloria, e molto ma molto in fretta. A chi si sente sulla cresta dell’onda, gli pare di essere supremo, perché appare sulle riviste dei giornali patinati e sulla ribalta mediatica  ma si deve sempre ricordare quello che scriveva il poeta inglese John Milton, nel suo Paradiso perduto: “è meglio regnare nell'inferno che servire in cielo”, tanto è forte l'anelito del dominio e della supremazia sugli altri. Ritengo che la voglia di supremazia, che deriva dal francese “suprématie”, che deriva dall’inglese “supremacy”, ma che ha come radice etimologica sempre la voce latina supremus, e in piemontese “el pi grand”, è una grande malattia della nostra società, che genera il primato dell’apparire sull’essere. Insomma si è sempre di più tentati a giudicare  secondo l'apparenza, ma molto pochi secondo la sostanza.

Favria, 8.10.2012                  Giorgio Cortese

 

L’avida formica!

Secondo una favola di Esopo che visse nel VI secolo a . C., nell’epoca di Pisistrato. Era un grande scrittore di favole. Le sue opere ebbero una grandissima influenza sulla cultura occidentale: le sue favole sono tutt'oggi estremamente popolari e note. Della sua vita si conosce pochissimo, e alcuni studiosi hanno persino messo in dubbio che il corpus di favole che gli viene attribuito sia opera di un unico autore. I primi racconti in forma di favola che ci sono stati tramandati sono i suoi. Personalmente sono sempre rimasto colpito dalla favole della formica: “Un tempo, quella che oggi è la formica era un uomo che attendeva all’agricoltura e, non contento del frutto del proprio lavoro, guardava con invidia quello degli altri e continuava a rubare il raccolto dei vicini. Sdegnato della sua avidità, Zeus lo trasformò in quell’insetto che chiamiamo formica; ma esso, mutata natura, non mutò costumi, perché anche oggi gira per i campi, raccoglie il grano e l’orzo altrui e li mette in serbo per sé.” Certo questa favola  dimostra  che chi è cattivo di natura, anche se è gravemente punito, non muta costumi. Ma purtroppo perseverava come si vede nella successiva favola: “L’avida formica andava tutti i giorni a raccogliere un grande chicco di grano che poi  portava sopra la sua schiena, ma un giorno lo scaltro grillo gli suggerì che non era al corrente delle nuove tecniche di trasporto della sua spesa quotidiana. Invece di portare un solo chicco per volta perché non caricarsene due e cosi portare via più chicchi agli altri insetti che facevano le scorte per l’inverno! La formica presa dalla bramosia di portare più chicchi nel suo forziere, per l’inverno, iniziò a portarne due per volta. E visto che la cosa gli riusciva ritenne che poteva portarne anche tre per volta. Ma quando carico tre chicch,i dopo pochi passi il  peso la schiacciò al suol,o e morì miseramente! Allora l’astuto grillo divise le sue provviste con gli altri insetti per consumerle durante l’inverno.” E’ giusto che perda quel che è suo colui che, avidamente, vuole portar via ciò che è di altri.

Favria, 9.10.2012                Giorgio Cortese

 

Ma la matematica è l'arte di chi preferisce la ragione al sentimento?

Il numero delle matematiche possibili è finito, coincide con il numero delle menti umane. Per questo motivo il  mondo va così male perché l'uomo usa la matematica solo per fare i conti. E pensare che la  matematica è l'unico lume che ci guida nel buio sentiero della conoscenza. Ma per quelle persone che affermano che  in matematica il dubbio sia l'unica verità, dovrebbero provare a vivere nel dubbio che hanno la maggioranza delle famiglie dopo la prima settimana del mese se hanno ancora soldi per finire sino a fine mese. Personalmente a scuola, il mio grande cruccio era dato dal fatto che la matematica non è mai stata un'opinione. Concludo affermando che dove la Geometria è il concreto, e la Matematica il pensiero, Anima è pura armonia

Favria, 10.09.2012           Giorgio Cortese