Chi è il terzo che ti cammina accanto? Quando conto, siamo in due soltanto ma quando guardo avanti sulla strada bianca c’è sempre un altro che mi cammina accanto.

Thomas Stearns Eliot, Terra desolata.

 

A volte basterebbero solo quattro semplici lettere!

Certo che la vita quotidiana è sempre affascinante e curiosa, insomma è così sorprendente che ogni giorno mi stupisce.

Ogni giorno è diverso così ricco di diverse e meravigliose   nuove sfumature, in ogni momento nel mio cammino, quando svolto si apre sempre una visuale diversa con degli incontri che mi fanno riflettere. Sabato mattina rientravo a casa, attraverso il vialetto del parco e quando svolto per andare verso lo stabile in cui abito vedo un signore sull’auto distinto che  rallenta la corsa del veicolo e mi saluta ed io saluto con un sorriso. Lui si ferma, ed accosta l’auto sul ciglio della strada, e mi dice: “Ciao sono Giovanni! Non mi riconosci più, lavoravamo insieme ad Ivrea nel 1990!”. Francamente rimango stupido e non ricordo, poi Lui riprende con rammarico :”Scusa Ti ho scambiato per un'altra persona”. Ed io presentandomi gli ho stretto la mano dicendogli:” Ciao sono Giorgio, e adesso anche noi ci conosciamo, anche se non abbiamo mai avuto prima l’occassione di presentarci!” Ecco penso che molte volte un semplice saluto come  “Ciao”, che non affatica  se messo in atto con maggior frequenza aiuterebbe molto di più i rapporti tra noi esseri umani che siamo sempre più di corsa ed incupiti. Eppure oggi giorno vedo delle persone che evitano di  salutare anche amici, parenti, colleghi e vicini. Eh si la fretta, i troppi pensieri anche a causa della crisi economica, la tendenza di molte persone di andare  sempre a testa bassa oppure a testa alta ma con lo  sguardo assente, hanno generato l'appiattimento di un valore sano, tutto racchiuso in un semplice saluto. Ciao o “fare ciao”, quando salutiamo con una mano, pensate trae la sua   origine dalla parola della lingua veneta e nello specifico nel veneziano   "sciavo" che ha il significato di "schiavo", derivando dal neolatino "sclavus", che indica persone di etnia slava frequentemente usate proprio come schiavi nell'intero mondo mediterraneo, venduti spesso dalle stesse famiglie ai mercanti veneziani o arabi. Venivano "importati" nella Spagna musulmana, Egitto, Asia minore e in occidente , in quest'ultimo caso solo quelli non cattolici,   passando per Venezia. Allora se saluto con “ciao” vorrebbe dire   quindi  a "Servo Vostro". Il termine originale s'ciào esiste ancora nel Veneto, usato come esclamazione o per esprimere rassegnazione, e nelle lingua Lombarda e Piemontese, in quello lombardo ticinese,  per esprimere anche  sollievo per uno scampato guaio, in quella Piemontese e Lombarda per intendere anche qui   "sono tuo schiavo", modo grossolano per dire di essere a disposizione verso l’interlocutore e per dare tutta l’attenzione. E allora con  ciao si può avere un contatto umano e tutto ciò che ne consegue nel senso più positivo del termine stesso, una stretta di mano. Scriveva  lo scrittore russo Fjodor Dostoevskij: “ si conosce un uomo dal modo come ride”, ma mi viene da dire che si apprezza la persona umana se questa ci saluta, e allora salutiamoci tutti e diciamoci ciao, tanto non ci costa niente.

Arvedze en gamba!

Favria,  30.10.2012         Giorgio Cortese

 

Prelievo collettivo  Gruppo Comunale L.Tarizzo – D. Chiarabaglio

ADSP – FIDAS FAVRIA

Venerdì 2 Novembre ore 8 – 11 cortile interno del  cortile del Comune

 

Per una volta guarda indietro. In questo momento c’è qualcuno che ha bisogno del Tuo   sangue.

Donare il sangue è come regalare un sorriso. Non costa nulla.

Che gruppo sanguigno hai? Non lo sai? Te lo diciamo noi. Sicuramente è quello buono da donare a una persona che soffre e poi dopo cambi gruppo sanguigno diventa del  Gruppo Donatori di Sangue.

E allora se Vuoi  diventare una persona speciale? Vieni  venerdì 2 novembre dalle 8 alle 11,00 nel cortile interno del Comune,  e ricordati che donare il sangue è come regalare un sorriso. Non costa nulla.

Grazie del Tuo aiuto. Ti aspettiamo!

 

Ogni esperienza è un arco che lascia intravedere quel mondo inesplorato il cui orizzonte sempre si allontana quando gli muovo incontro.

Alfred Tennyson, Ulisse

 

 

Oggi c’è bisogno non di zucche vuote, ma di testa e animo pieno!

L'etimologia del nome "zucca" è incerta. Pare che provenga dal latino “cucutia”, testa, poi trasformato in cocuzza, cozucca, in piemontese cossa ed infine zucca. Poi nel linguaggio corrente questo benevole ortaggio è usato come sinonimo dei peggiori"improperi"quali:zuccone, zucca vuota, sei scemo come una zucca, ma che hai nella zucca? Ma perché tutto questo? Certo la forma aiuta,la zucca, grande e tonda con la buccia bitorzoluta, si presta bene a simboleggiare un capoccione vuoto o pieno d'acqua. Un po' il contrario di quel che si pensava sino a un po' di tempo fa, quando le dimensioni del cervello, più grande era e più, erroneamente, si supponeva materia grigia doveva contenere,  erano prese come indice del suo buon funzionamento. I Celti, che prima della conquista romana erano stanziati nell’Europa centrale e settentrionale, credevano che durante “All Hallows’ Eve”, la vigilia di tutti i santi, che coincideva con la fine dell’anno vecchio, i defunti tornassero sulla terra. Durante la notte del 31 ottobre si riunivano nei boschi per la cerimonia dell’accensione del Fuoco Sacro, sacrificavano animali e portavano lumi in processione per tenere lontani gli spiriti. La credenza è sopravvissuta soprattutto in Irlanda a cui appartiene anche la leggenda di Jack o’ Lantern, un vecchio ubriacone sfrontato al punto di sfidare il Diavolo. Destinato a vagare in una sorta di limbo oscuro, implorò il demonio di concedergli almeno un tizzone, così da farsi luce lungo il cammino. Per non farlo spegnere, Jack lo mise dentro una rapa scavata a mo’ di lanterna, e da allora divenne per tutti Jack o’ Lantern, simbolo delle anime senza pace. La sua leggenda a partire dal ‘700 cominciò a essere collegata alla discesa in terra delle anime dei defunti nella notte di Halloween e all’accensione scaramantica dei lumi. Nacque allora l’usanza d’intagliare dei volti nelle rape che, svuotate della polpa e provviste di una candela, servivano a tenere alla larga gli spiriti malvagi. Gli irlandesi emigrati negli Stati Uniti iniziarono a sostituire le rape, poco diffuse, con le zucche, più grandi e facili da lavorare, facendone l’icona di Halloween. Anche in altre culture europee la commemorazione dei defunti è associata alla zucca,   il suo ciclo vitale si conclude tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, in coincidenza con il giorno dei morti. Una tradizione diffusa nella Pianura Padana fino a pochi decenni fa era, per esempio, la notte delle lümere, zucche svuotate, incise a forma di teschio e trasformate in lanterne, che venivano esposte alla finestra, appese agli alberi, oppure portate in corteo dai bambini. In alcune zone del Friuli si collocava una zucca con, all’interno, una lettera indirizzata al defunto; la mattina, appena svegli, si cercavano le tracce del passaggio degli spiriti. Certo le varietà di zucche sono moltissime e diverse da paese a paese. L'origine della famiglia delle zucche è sconosciuta. Gli Egiziani, i Romani, gli Indiani d'Oriente, gli Arabi, gli africani del Niger danno testimonianza della loro conoscenza e coltivazione, seppure di varietà diverse. Così come diverse furono quelle portate da Colombo. Ma allora la zucca da dove arriva? Grande o piccola, oblunga, bislunga o tonda, liscia o rugosa, bitorzoluta, verde, gialla o striata, la zucca non è nata in Italia, pare che le prime siano arrivate dall’India. Poi, con la scoperta dell'America, giunsero una dopo l'altra zucche grandi  che colpirono la fantasia, ma piacquero anche al palato, tanto che ne sono derivate le specie oggi più diffuse e consumate in Lombardia, Veneto ed Emilia, le regioni dove l'ortaggio si è meglio acclimatato. La zucca appartiene alla grande famiglia delle Cucurbitacee della quale fanno parte, per esempio, anche i cetrioli e i cocomeri. Ai tempi dei romani, svuotata della polpa ed essiccata, la zucca diventava un contenitore leggero ed impermeabile, usato, per esempio, per trasportare il sale o il vino, il latte o i cereali. Ma oggi, in queste settimane, uscendo per andare a fare degli acquisti, il trema dominante delle vetrine è Halloween. Sembra, che ci si stia preparando con un conto alla rovescia alla “grande festa” della notte del 31 ottobre. Mi viene da dire, ma è uno scherzetto? Sono nato e cresciuto in un Paese dove  il 1 novembre è,  ancora formalmente intitolata al ricordo di Tutti i Santi. Detto questo, mi permettetemi due osservazioni. Non voglio entrare nel merito di logiche commerciali: so bene che si vendono meglio vestiti da strega, ed in questi tempi di crisi ben venga qualche vendita in più per i poveri commercianti. Non vorrei nemmeno invocare quella che pare esser al giorno d’oggi l’unica coppia di santi venerabili: il laicismo e la libertà di far quel che si vuole, tutto quel che si vuole. Una libertà che rigetta ogni richiesta di valore assoluto, anche se buono, anche se naturale, e che così facendo finisce per imporsi essa stessa, paradossalmente, come imperativo assoluto. E allora, parlando di libertà, mi chiedo se sia libertà per tutti. Mi chiedo, e le chiedo: se non si fa il Presepe in tante scuole per non offendere chi non crede, perché nessuno si pone il dubbio se sia il caso o meno di urtare la sensibilità di un cristiano imponendogli una festa come quella di Halloween? Le rispondo io: offendere i cristiani credenti ed osservanti, oggi, par esser lo sport di moda. E non mi dica che così facendo non si impone nulla a nessuno, perché le risponderei allora che nemmeno facendo un Presepe si impone nulla a nessuno. Ma non solo: mi chiedo soprattutto quale messaggio si passa ai giovani, ai bambini, con quella che ormai è l’assodata sostituzione della festa di importazione americana a quella dei Santi. Non è forse meglio dire ai bambini chiaramente che si sta a casa da scuola il primo di novembre per onorare persone che, si creda o meno, si sia cristiani o meno, vanno ricordate per aver speso la loro vita all’insegna dell’Amore, del dono di se stessi verso il prossimo? Non sarebbe un bell’insegnamento? Questi sono i santi, questo è l’esempio che sostituiamo con zucche e fantasmi. E ai bambini, e non solo a loro, così facendo, togliamo animi pieni e lasciamo zucche vuote.

Favria, 31.10.2012            Giorgio Cortese


Ho osato tutto ciò che si conviene a un uomo;  non c’è chi possa osar di più. William Shakesperare, Macbeth