Orgoglio bianconero!

Articolo che non è farina del mio sacco, ma merita di essere letto!

Nell’estate del 2006, ci fu raccontato che il male del calcio, ovviamente a tinte bianconere, era stato finalmente debellato. Con l’epurazione della Triade e l’affossamento della Juve, ci spiegarono che il calcio sarebbe stato finalmente pulito e che nessuno avrebbe più potuto dubitare della buona fede di chi lo amministrava. Per quanto ci riguarda, abbiamo sempre osteggiato questa visione, indicando Farsopoli come il trionfo dei disonesti in abito bianco, ma va ammesso che negli anni successivi, nonostante sviste arbitrali allucinanti, con reti convalidate nonostante sei-sette giocatori in fuorigioco o rigori assegnati in seguito a tuffi degni di finali olimpiche, la stampa mantenne la parola, accettando ogni errore come umano e sempre commesso in buona fede. A ben guardare, tale atteggiamento non era poi così inedito: nessuno ebbe da ridire, per esempio, quando, sei anni prima di Farsopoli, Collina decise di fare disputare una partita decisiva per l’assegnazione di uno scudetto in una piscina, dopo oltre un’ora di intervallo tra un tempo e l’altro; così come nessuno ha mai rimproverato lo stesso arbitro pelato per quella partita in cui permise all’Inter di pareggiare contro la Juve a tempo scaduto, dopo avere assalito Buffon ed avere infilato la palla in rete con un’azione che difficilmente sarebbe stata ritenuta regolare anche in un campo di rugby. Si disse che in fondo era giusto così: l’Inter non meritava di perdere. Ma il sentimento popolare richiedeva pulizia e pulizia fu effettuata. Qualche juventino “progressista” accettò di buon grado quello scempio, in nome del buon vicinato e di un ardito tentativo di rendersi simpatico a chi inneggiava all’Heysel e augurava una Superga anche alla squadra bianconera. Ancora una volta, va detto che l’operazione “smile” riuscì, anche meglio del previsto: la Juventus targata Elkan-Cobolli-Blanc non faceva solo sorridere, ma proprio sghignazzare. Per chi ci odiava, non c’era più bisogno di polemizzare o di invocare la morte degli juventini: la Juve era già morta, non avendo un presente ed avendo rinnegato anche il proprio passato. Ma da un paio d’anni sono cambiate tante cose. O meglio, ne è cambiata una sola: alla guida della Juve c’è un uomo che ha il bianconero nel cuore e che, dopo essere stato Capitano (con la C maiuscola) in campo, lo è diventato anche in panchina. Antonio Conte è un trascinatore e, in pochi mesi, è riuscito a trasformare una squadra senza anima in una corazzata impressionante, che ha le stesse caratteristiche della vecchia (e vera) Juve: carattere, forza, volontà. Guarda caso, la Juve torna a vincere e cosa succede? Il calcio è nuovamente sporco e gli arbitri sono in malafede. Ma come, non si era detto che la Juve rubava perché c’erano Moggi e Giraudo? E adesso per colpa di chi ruba? Di Marotta? O di Alessio? Anche loro comprano le schede svizzere? E quanti arbitri hanno sequestrato? Peccato solo che dopo il 2006, proprio perché stavamo entrando nell’era dei buoni sentimenti, sia stato eliminato il sorteggio degli arbitri, permettendo al designatore di sceglierli in totale autonomia, altrimenti sarebbe stato interessante tornare a leggere articoli su “come truccavamo i sorteggi”. 18 tiri, di cui 8 nello specchio della porta, contro i 9 degli avversari, nessuno dei quali tra i pali. traducendo i numeri in parole, un dominio. Questa è stata la gara della Juventus a Catania: una partita nella quale i bianconeri hanno superato gli avversari in ogni voce statistica. I siciliani hanno giocato bene, confermandosi formazione di livello tra le mura amiche e il fatto che il possesso palla dei bianconeri si attesti “solo” al 53% ne è la conferma. La Juve però ha giocato meglio: 71% di passaggi riusciti, contro il 65,4% degli uomini di Maran, un indice di pericolosità del 58, 4 % a fronte del 20% degli avversari, oltre 13 minuti di supremazia territoriale.I dati di squadra riflettono quelli individuali: Pirlo è come sempre stato il faro del gioco, con 79 passaggi riusciti. Dietro di lui Chiellini, con 54, Vidal, 51, Bonucci, 49 e Pogba, 42. L’unico rossoblu a inserirsi in graduatoria è Lodi, che pareggia il numero di Vidal. E sempre Lodi è l’unico siciliano a meritare una menzione nella classifica degli uomini più pericolosi. Vidal è il giocatore andato maggiormente al tiro, con 4 tentativi. Dietro di lui, il fantasista siciliano, autore come Bendtner e Pogba di 3 tiri, quindi Bonucci e Pirlo, a quota 2. Se poi ci fossero ancora dubbi sull’andamento della gara, ecco la classifica delle palle recuperate. Chiellini, con 22, è il primo dei bianconeri. Il leader del Catania, con lo stesso numero è Andujar, il portiere, sicuramente il migliore in campo della sua squadra.

 

Albis Ardua, Ai bianchi gli ardimenti!

(motto Lanceri di Novara)

L’amico Valerio, correggendo un mio errore di questa mattina mi ha fatto ricordare che se l'Arma di Fanteria rappresenta da sempre la base degli Eserciti di tutto il mondo, l'Arma di Cavalleria si è sempre distinta fra le altre come l'Arma aristocratica per eccellenza. Tutto ciò ha un fondamento logico. Quando gli Eserciti erano costituiti in base al censo, era certamente più adatto, per chi se lo poteva permettere, combattere a cavallo piuttosto che a piedi. Tutte le Cavallerie Europee hanno questo retaggio di "nobiltà" nel loro passato, misto ad una visione scanzonata e distaccata della vita, del pericolo, della morte. Solo con una simile visione delle cose terrene è possibile comprendere episodi come le cariche che i nostri reggimenti hanno condotto durante la seconda guerra mondiale in terra di Russia.La Cavalleria è l'Arma ricca di tecnologia e qualità umane, capace di operare in piccoli nuclei per l'esplorazione e la ricerca di informazioni e con la massa e la potenza dei carri da battaglia, in grado di iniziare e concludere il combattimento. Ecco allora alcune delle cariche di cavalleria celebri:

18 giugno 1429, battaglia di Patay, dove avvenne la carica della cavalleria pesante francese contro l'esercito inglese. Per la prima volta vengono sconfitti arcieri armati di longbow, l’arco lungo inglese, in uno scontro diretto, segnando una punto di svolta nella  guerra dei cento anni..

12 settembre, 1683, duratae l’asseddio di Vienna da parte dei turchi ottomani,  20 000 cavalieri dell'esercito polacco-austro-tedesco comandato dal re polacco  Jan III Sobieski con un'avanguardia di 3000 ussari pesantemente armati, caricano le linee  turche, forse è stata una delle più grandi cariche   di cavalleria della storia.

18 giugno, 1815, durante la battaglia di Waterloo, 2 000 cavalieri inglesi caricano la fanteria francese e 9 000 cavalieri francesi caricano la fanteria inglese.

30 aprile 1848, la famosa carica di Pastrengo, nella 1 Guerra d’Indipendenza., compiuta dagli "Squadroni da Guerra" dei Carabinieri Reali, assegnati alla protezione del Re Carlo Alberto di Savoia. Il re Carlo Alberto. La carica valse a rompere la linea nemica, composta da due battaglioni austriaci. 9 maggio 1848, sempre durante la 1 Guerra d’Indipendenza , avvenne la battaglia di Cornuta tra i dragoni pontifici che avevano disertato dallo Stato Pontificio al comando del generale  Ferrari e l’esercito austriaco al comando del generale Nugent. I primi scontri si ebbero già a Pederobba e a Onigo, ma, ma i tentativi da parte dei  Bersaglieri del Po,o un'unità militare composta da volontari di  Ferrara, e da indomiti volontari cadorini per  fermare l'avanzata Austriaca furono vani. Nel tardo pomeriggio dell'8 maggio gli schieramenti si attestarono sulle rive del torrente Nasson, , dove gli italiani furono raggiunti dal grosso dell'esercito pontificio. Verso le 19 gli Austriaci riuscirono a passare dall'altra parte del fiume e ad impadronirsi di due colline, ma furono presto ricacciati.La battaglia riprese la mattina seguente. Subito gli Italiani si trovarono in difficoltà e dovettero indietreggiare di 500 metri. Nel frattempo, il generale Durando avvertì Ferrari che le sue truppe erano in marcia e sarebbero giunte in aiuto il prima possibile.Durante l'attesa, Ferrari decise di inviare una  carica di 50 dragoni e 40 di loro furono sacrificati, ma gli Austriaci, spiazzati, attesero le 15 per riprendere gli scontri.. Verso le 18 Durando non era ancora arrivato e Ferrari decise di ripiegare verso Treviso, allora gli Austriaci diedero il tempo ai nemici di ritirarsi, quindi occuparono Cornuda.

31 gennaio  1941, battaglia di Agordat, durante la seconda guerra mondiale, combattuta in Eritrea ad Agordat, con questa battaglia iniziò la guerra d’Africa Orientale tra Italiani e gli schieramenti anglo-sudanesi. Le truppe italiane al comando dell’intrepido tenente Amedeo Guillet caricano ripetutamente una colonna di autoblindo inglesi. Eroico  il gesto del tenente Roberto Togni, che con una trentina di cavalieri caricò alcuni carri armati inglesei, classe Matilda, per r permettere la ritirata del resto del gruppo, e di quel leggendario  drappello non sopravvisse nessuno,  fu l'ultima carica di cavalleria in Africa.

27 agosto, 1942,  penultima carica di cavalleria della storia, effettuata dai Lancieri di Novara - 5° sul fronte russo, sul Don.

17 ottobre, 1942,  a  Poloj avviene, l'ultima carica di cavalleria in assoluto, effettuata dal 14º Reggimento Cavalleggeri di Alessandria contro i partigiani comunisti in Jugoslavia.

E permettetemi conclude con il bellissimo motto del Genova Cavalleria: "Soit à pied soit à cheval mon honneur est sans ègal".

Favria 1.11.2012    Giorgio Cortese

 

Il grido di guerra!

Il grido di guerra, detto anche grido d'arme, trova la propria origine nei tornei e nelle giostre durante i quali gli araldi pronunciavano il grido di ciascun cavaliere al suo ingresso in campo perchè egli fosse riconosciuto. In battaglia lo si usava in segno di raccolta o di incitamento: in Italia SAVOIA, in Francia MONT JOIE, in Spagna SANTIAGO, i primi crociati DIEU LE VOLT. “Questo grido,  doveva essere un motto conciso in una, due, o tre parole.  I gridi di battaglie dei vari eserciti e delle varie popolazioni si possono definire, il primo intento di usare un arma psicologica, che scoraggiasse i nemici ancor prima dello scontro, ma anche per farsi coraggio. Ogni popolo aveva il suo grido di battaglia e i suoi metodi per incitare i soldati e intimorire i nemici.
Sembra che il grido "ip ip urrà" era usato dai britanni per intimorire i nemici prima dello scontro i legionari di Cesare che a sentire questi urli inizialmente si intimorirono . Vi è poi un altro tipo di grido giunto di cui si ha notizia ed è "Eia,Eia,Alalà", un altro canto greco è il peana,  che era il tipico grido degli opliti greci quando avanzavano compatti per darsi battaglia, il tutto accompagnato con il suono dei flauti. Altre notizie ci vengono fornite dall'opera Anabasi dove riporta che le falangi greche, mentre attaccavano cantavano e i nemici spesso fuggivano prima di ingaggiare battaglia. In epoca moderno abbiamo l'hurrà che era l'urlo che lanciavano i fanti tedeschi quando uscivano dalle trincee nella prima guerra mondiale. Caso a parte furono i Romani che raramente urlavano, in quanto i legionari si limitavano a percuotere gli scudi con il gladio, era il barritus,

stando il più delle volte in silenzio fino alla carica finale, pare che il risultato fosse molto spaventoso, dando un idea di inesorabilità, dando ai nemici un impressione di professionalità e freddezza. Il tutto per dare un chiaro messaggio all'avversario, che si trovava di fronte a" bestie assetate di sangue, ma fredde e disciplinate", una furia calma e disciplinata , ma pronta ad esplodere
ecco una breve raccolta di gridi di battaglia:

Alalà per gli ateniesi nelle guerre persiane e in quella del Peloponneso

Ambrones per gli Ambroni nella battaglia delle Aquae Sextiae (secondo Plutarco)

Amit ! Uccidi ! per i musulmani nella battaglia sacra di Badr

Aragó ! e Sant Jordi ! Aragona e San Giorgio, per i catalani e gli aragonesi

Banzai ! per i soldati dell'esercito imperiale giapponese durante la II guerra mondiale

Boo-Ya ! per il 75º reggimento rangers dell'esercito degli Stati Uniti d'America

Bourgogne ! per gli eserciti del duca di Borgogna del XV secolo

Coelum denique ! (Il cielo finalmente) per i crociati

Desperta ferro ! per gli almogaveri durante la Reconquista; oggi è utilizzato dai paracadutisti spagnoli

Deus vult, (Dio lo vuole,  per i crociati

Dex Aie ! (Dio ci aiuti) per i normanni alla battaglia di Hastings; questo grido fu ripreso dalla Royal Guernsey Light Infantry durante la I guerra mondiale, le truppe sassoni di Aroldo sempre nella stessa battaglia: Ut ! Ut ! Ut ! Out ! Out ! Out.

Olicrosse ! e Godamite ! Holy Cross e God Almighty, per la guardia sassone nella battaglia di Hastings

Geronimo! per i paracadutisti degli Stati Uniti d'America

Guyenne ! Saint Georges ! per i Guasconi schierati con gli inglesi nella guerra dei cent'anni

Heb Hep Hierusalem attribuito ad alcune unità romane dopo la distruzione di Gerusalemme

Hey-Ah ! citato in numerose occasioni nella Bibbia

Hooah ! per i fanti dell'esercito degli Stati Uniti d'America

Hooka Hey! per i sioux Lakota di  Cavallo Pazzo e più in generale per i Dakotas dopo la sua morte

Hooyah ! per i Navy Seals degli Stati Uniti d'America

Hrr na ne ! (A loro) per gli ussiti durante le guerre ussite

Huj, Huj, Hajrá ! (Più presto, più presto) per i conquistatori ungheresi

Montjoie ! Saint-Denis ! per gli eserciti dei re di Francia fino a tutto il XVI secolo, dal nome del santo patrono di Francia

?? ???! pronuncia Na Nozh! (Alla baionetta) per l'esercito bulgaro fin dalle guerre balcaniche e utuilizzato ancora oggi

Nobiscum Deus, Dio è con noi,  per il tardo impero romano e quello bizantino

Non-Lèi ! per i cavalieri occitani che avevano partecipato alla difesa dei catari durante la crociata contro gli Albigesi (1209-1244)

Parvati Pateyah Har Har Mahadev, Vittoria al dio supremo,Siva, signore dei Parvati in sanscrito, per gli indiani del medioevo in combattimento contro invasori stranieri e per gli hindu Marathas nelle guerre contro i Moghuls musulmani

Portugal e São Jorge ! (Portogallo e San Giorgio) per gli eserciti portoghesi dopo il XIV secolo; in precedenza i portoghesi usavano lo spagnolo Santiago !

Prény ! Prény ! per gli eserciti del duca di Lorena

Remember Fort Alamo ! per i ribelli texani in ricordo della battaglia di questo nome

Saint George ! per gli esercito medievali del re d'Inghilterra

Santiago ! e Santiago i cyerra, España ! per i cristiani spagnoli durante la Reconquista

Santiago ! Castilla ! per gli eserciti del re di Castiglia nel basso Medio Evo

Savoia! per gli ufficiali del Regno di Sardegna  ,fino al 1860, e per il Regno d'Italia, fino al 1946.

Semper fi ! Semper Fidelis = sempre fedele,  e Oorah ! per i marines degli Stati Uniti d'America

Sha! Sha! Sha! per i soldati e gli appartenenti alla resistenza cinese durante la II guerra cino-giapponese (1937-1945) e la II guerra mondiale

Sieg Heil ! per i nazisti

¡Tierra y Libertad ! Terra e libertà, per i rivoluzionari messicani di Emiliano Zapata

Tohu ! per i giocatori di rugby maori.

Viva San Marco! per l'Esercito della Repubblica di Venezia

Tuc un! Tuc un! grido dei ribelli tuchini in Canavese contro i signori feudali, un grido che si dovrebbe ripetere adesso contro l’arroganza delle varie caste che ci spolpano.

Favria,  2.11.2012           Giorgio Cortese

 

Gli altri siamo noi!

Il  desiderio di porsi diversamente a servizio degli altri, le Protezioni civili di Favria un esempio di funzionalità e collaborazione.

Dopo le alluvioni di inizio anni duemila, si è avvertito nella nostra Comunità. ancora una volta il senso della necessità di mettersi a servizio degli altri, in forma gratuita, senza nessun altro scopo che quello di portare un pò, di sollievo a chi in particolari situazioni, si riscopre svantaggiato sotto diversi aspetti. Si sa però che le idee non si concretizzano all’improvviso, ma che necessitano di essere purificate dell'entusiasmo temporaneo, magari dettato solo dall'emergenza o da un momento particolare, ed essere così rafforzate e poste come maggiormente credibili e magari concretizzabili. Il tempo, infatti, ha scaricato da quell' originaria idea tutto ciò che poteva essere entusiasmo del momento ed ha posto le condizioni per arrivare ad ipotizzare concretamente Ia costituzione di un gruppo di protezione civile locale.   Tra la fine dell'estate ed i primi d' ottobre del 2000 è sorto,  anche a Favria un Gruppo Comunale  di Protezione Civile, in seguito denominato P.C., quale ulteriore e nuovo tassello di volontariato da aggiungersi a quelli già esistenti. Poi nel 2007, verso la fine dell’anno una parte dei volontari originari, per dissidi che sono ancora troppo recenti per dare una giusta ed oggettiva valutazione dei fatti, sono fuorusciti fondando un nuovo gruppo, denominato La Fenice. Non sono la persona che può giudicare in maniera equilibrata gli avvenimenti che hanno generato questa frattura tra le due protezioni civili, in quanto le ho vissute in quegli anni soggettivamente e personalmente il mio giudizio peccherebbe di partigianeria. Posso solo dire che tale frattura mi ha lacerato nell’animo, in quegli anni sia come amministratore comunale che, come cittadino e colgo l’occasione per scusarmi ancora una volta se inavvertitamente ho ferito dei personali sentimenti dei volontari in quel periodo. Oggi noto con immensa soddisfazione che tra le due associazione è rifiorito il filo del dialogo e della collaborazione e pertanto continuerò a parlare di Protezione civile della Comunità usando il termine di:”volenterosi volontari2 nel quale vengono incluse   ambedue le associazioni.

I Volenterosi Volontari si sono prodigati nel soccorso in terra di Abruzzo, portando in quel luogo, dopo il terremoto, uomini, mezzi e soccorsi con generi di prima necessità. Si sono prodigati nell’emergenza delle abbondanti nevicate che hanno interessato le valli dell’Alto Canavese, sono intervenuti nell’alluvione in Liguria e nel terremoto in terra di Emilia, insomma sempre presenti, generosi e operosi come le api che compongono il Gonfalone  Comunale.

Favria, 4.11.2012                 Giorgio Cortese

 

4 novembre!

Come cittadino con un recente passato di amministratore comunale ritengo che la prima guerra mondiale fu  un altissimo prezzo di sangue e perché il sacrificio costò seicentomila morti,  e un milione di feriti, moltissimi dei quali rimasero mutilati.  Oggi finalmente quella pagina di storia viene vista con   occhio imparziale, senza più alcuna retorica, o illusione, o mitizzazione. Quel tremendo conflitto, che ha visto gli alpini partecipare in prima fila, è stata una guerra, con i soldati costretti a stare  nelle trincee pantanose, affamati, impauriti, sempre in attesa che arrivasse l’ordine di uscire all’assalto per conquistare qualche centinaio di metri, una trincea nemica, o una collina insignificante sul versante strategico.

Ma conquistarla significava lasciare sul terreno migliaia di morti; pochi giorni dopo, non di rado, veniva di nuovo perduta.

I soldati erano spesso giovani ventenni, strappati ai loro campi, agli affetti, al lavoro quotidiano, ai loro veri interessi, per andare a morire in luoghi sconosciuti, per combattere altri soldati che non avevano alcuna ragione di odiare. Nelle trincee popolani di tutte le regioni, i quali spesso conoscevano soltanto il loro dialetto, non riuscivano quasi a capirsi, se non sul piano dei sentimenti e dei fatti.

Dopo la fine della Grande Guerra i nostri predecessori fondarono qui, in Favria, una sede ANA, che non è più solo un’associazione, ma un corpo vitale indispensabile per la nostra Comunità. Voi alpini avete un innato senso di solidarietà e di altruismo che Vi contraddistingue, siete un patrimonio di esperienza da conservare e promuovere, una miniera di conoscenze indispensabile per le nuove generazioni, un bagliore di luce nel volontariato da trasmettere ai nostri figli: Voi rappresentante l’albero e i giovani ne sono  i germogli.

Oggi 4 novembre  2012 il mio pensiero va agli alpini che il 10 ottobre 1924,  hanno fondato il locale gruppo Alpini. .

Il gruppo come sempre in prima fila per la solidarietà e il volontariato oltre a tutte quelle manifestazioni dichiaratamente alpine.

Ritengo che noi penne nere siamo la ricetta vincente contro la crisi, un modo di vita alpino che non bada all’immagine e  ciò nonostante è da oltre un secolo vincente tra gli uomini di buona volontà.

Certo noi alpini ogni anno che passa siamo sempre di meno, in  questa Penisola sbrindellata, e sappiamo stare  insieme anche essendo diversi; difendiamo gelosamente le autonomie ma amiamo appassionatamente il tricolore, ed essendo pratici pratichiamo la  solidarietà delle maniche rimboccate senza pretendere  nulla, perché noi alpini sapete ci  appartiene soltanto quel che si guadagna e che si sa portare a spalla, con fatica, nella vita.

grazie!

Favria 4 .11. 2012        Giorgio Cortese

 

Solo, solo completamente solo nel vasto mare e non un santo a consolare l’anima mia si sofferente

Samuel T. Coleridge, La ballata del vecchio marinaio

 

 

 

 

Gli occhiali

Gli occhiali sono dispositivi ottici costituiti da due lenti trasparenti e da una montatura di vario materiale che servono a correggere i difetti della vista o a proteggere gli occhi dal riverbero solare, dal vento, dalla polvere. L’uso delle lenti come sistema correttivo viene fatto risalire, con scarso fondamento, a Nerone, che pare si servisse di uno smeraldo come monocolo. Nel corso del XII secolo si conoscevano solo alcuni sistemi di ingrandimento che derivavano da semplici pezzi di vetro concavi o convessi che non davano un’immagine reale delle cose, tanto che non erano apprezzati in quanto distorcevano le immagini reali. Le prime testimonianze documentate sull’uso delle lenti come correzione della vista arrivano dall’Europa del XIII secolo. Pare infatti che venissero usati dai monaci durante il Medioevo per le trascrizioni degli antichi libri. Il primo a descrivere l’uso delle lenti per migliorare la vista fu Ruggero Bacone nel 1262. Egli fece alcuni esperimenti con le lenti e gli specchi e descrisse i principi del riflesso e della refrazione. Iniziò così a scrivere gli effetti dei suoi esperimenti. Era ben visto e protetto dal Papa Clemente IV, ma quando il Papa morì egli dovette continuare in segreto i suoi studi. Venne scoperto, accusato di eresia e imprigionato. Quando uscì di prigione continuò gli esperimenti. Le lenti divennero occhiali circa 20 anni più tardi. La loro invenzione viene attribuita ad Alessandro Spina, nel 1280. Tuttavia l’uso degli occhiali si diffuse, soprattutto in Inghilterra, nel XVII secolo. Infatti in questo periodo vi furono delle pubblicazioni da parte dell’astronomo Johannes Kepler che svolse degli studi e fornì degli scritti in cui spiegava l’uso corretto delle lenti e soprattutto la differenza tra lenti concave e lenti convesse. Nel 1780 Benjamin Franklin inventò le lenti bifocali, mentre alla fine dell’800 furono inventate le prime lenti a contatto per opera del tedesco Adolf Eugen Fick. I primi occhiali erano costituiti da due lenti unite insieme e venivano tenute vicino agli occhi con le mani e non si portavano in modo continuativo. Man mano vennero migliorate, quindi le lenti erano tenute insieme da una molla che dava la possibilità di tenerli sul naso. Oggi sul mercato ci sono svariati modelli, si potrebbe dire per tutti i gusti e per tutte le tasche. Certo che quando  si deve programmare un’azione, il nostro cervello usa le informazioni che la vista gli manda poi agisce di conseguenza. Non importa se sa altre cose. Se quel che osserva è alterato, anche il movimento che ne consegue sarà alterato. E’ una scoperta che apre nuovi scenari su come la mente vede e costruisce un’immagine del corpo, secondo alcuni ricercatori se un individuo osserva l’immagine della propria mano ingrandita, tende a muoversi come se effettivamente avesse una mano gigante. Anche se sa che non è così. E magari fatica, come hanno mostrato gli esperimenti, ad affettare un oggetto piccolino. La visione insomma domina, nel cervello, sulle altre informazioni e allora ritengo che nella vita quotidiana contino gli esempi che trascinino molto più di inutili discorsi. Perché la gente ha occhi, testa e cuore e se si vedono degli esempi concreti  è inutile chiedere sacrifici sempre alle solite persone. Certi gli occhi sono importanti ma anche gli occhiali che indossiamo hanno la loro parte e questi devono sempre vedere la verità dei fatti e non una realtà che viene artificialmente colorata per i fini politici di qualche persona.

Favria 5.11.2012                         Giorgio Cortese