Proverbio latino
Homo sine pecunia est imago mortis, l’uomo senza soldi è l'immagine della morte.

La legalità!

Ieri  mattina sono stato da un cliente e nel ritornare in   ufficio, mentre attraversavo la strada, un autista mi è sfrecciato davanti, quando stavo attraversando le strisce pedonali con il semaforo rosso! Alla mia faccia stupita, l’insolente conducente mi ha risposto con un italico gesto, utilizzando il fiero indice! Questo episodio mi ha fatto ricordare quanto diceva un partenopeo verace, Luciano De Crescenzo: “A Napoli un semaforo rosso non è un divieto, è solo un consiglio” ed aggiungo questo non vale solo a Napoli ma anche per Canavesani da parecchi generazioni. E devo riconoscere da piemontese, che le differenze in quanto alla maleducazione ed inciviltà in Italia non sono poi così rilevanti. Quando guido, mi è già capitato più volte mentre che attendo che arrivi il verde al semaforo, vedere sgusciare senza nessuna remora moto, motorini e biciclette che si sentono del tutto esonerati dal rispettare quel segnale che per loro è appunto non un divieto, ma al massimo un consiglio. Ritengo che sia, dunque, necessario per tutti un ritorno non solo alla legalità in senso lato e alto ma soprattutto in senso spicciolo e quotidiano. Il vedere insozzate le pareti lungo le strade ed i portoni, la devastazione dell’arredo urbano, l’inciviltà nel non   rispettare le norme del traffico, l’abdicare alle regole del vivere comune e della cortesia sono, dunque, comportamenti disdicevoli a livello sociale  e civile che danno il senso della febbre generata da carenza di legalità che impregna le nostre giornate  e poi allora non lamentiamoci degli scandali dell casta, siamo già noi degli incivili, e se vogliamo cambiare la Patria dobbiamo innanzitutto incominciare a cambiare in meglio noi stessi. La lotta all’evasione fiscale  e  per il rispetto delle regole dovrebbero essere dentro il nostro Dna perché da sole le pene severe non bastano a combattere chi disprezza le regole, che interpreta solo e sempre a suo vantaggio e vive prevaricando i diritti dei più deboli.

Favria, 8.11.2012               Giorgio Cortese

 

“Il tempo delle chiacchiere é finito, è tempo di agire, nella consapevolezza che un governo (che è) del popolo, (che viene) dal popolo e che (é mosso) per il popolo non morirà su questa terra”. Abramo Lincoln

 

Stiamo attenti a non fare la fine degli Assiri!

Gli Assiri non parlavano l'assiro, come ci si potrebbe aspettare, ma l'accadico. Noto anche come "l’inglese della Mesopotamia" per la sua estrema semplicità, questa lingua è composta da caratteri che, dopo un attento esame, possono vagamente assomigliare a un ammasso di triangoli e stanghette. Attenzione che la tentata lettura causa i medesimi effetti di un pugno di Mike Tyson in un occhio e, se si tenta di pronunciarlo, si ottengono solo dei grossi problemi alle corde vocali e una confusione mentale con forti sintomi di nausea come dopo aver ascolato un discorso in politichese. Si  narra che gli scribi e i sacerdoti, che erano costretti a compiere queste attività per professione, avessero una costituzione davvero invidiabile e una volontà di ferro. Certo gli Assiri avevano scarse capacità amministrative ma a suon di mazzate crearono un impero vastissimo. Dopo circa un paio di millenni di schiavitù i popoli sottomessi si accorsero di essere in superiorità numerica rispetto agli Assiri e, precisamente, in un rapporto di tre a uno. Ebbero così la brillante idea di ribellarsi e sconfissero gli Assiri in trasferta con un sofferto 2 a 1, quindi, avendo tratto coraggio dalla vittoria ottenuta, marciarono su Ninive. Ci furono alcuni problemi con gli ultrà assiri ma, dopo una mezz'oretta di scontri violenti con la polizia, gli ultrà si calmarono un poco e si potè iniziare la partita. Forti della vittoria in casa i ribelli riuscirono a vincere la squadra assira per 1 a 0. Per la felicità rasero al suolo Ninive e distrussero l'impero assiro. Infatti Ciassarre, re dei Medi distrusse le citta' assire di Tarbisu e Assur. Nel frattempo Babilonia si rese indipendente e il suo re, Nabopolassar, alleatosi con Ciassare, distrusse Nimrud e poi la capitale Ninive nel 612 a.C. dove il re assiro Sinsharraishkun, Saracos, 621-612 a.C., perì sotto le rovine del suo palazzo, decretando di fatto la caduta dell'impero assiro. La corte assira si ritiro quindi a Carre, a nord-ovest della capitale, e qui un generale di nome Ashur-uballit II, 612-609 a.C, con il supporto militare del faraone egiziano Necho II, continuo' a regnare fino al 609 a.C., anno in cui fu sconfitto da Medi e Caldei. E qui siamo al 3 a 1!. Questa fu la fine definitiva dell'Assiria come nazione indipendente e l'impero assiro venne diviso fra Medi e Caldei. Il passaggio così repentino dal massimo splendore alla caduta, è un chiaro segno di come gli Assiri non siano mai riusciti a creare un impero saldo e unito, assimilando e conciliando genti e culture diverse. L'impero assiro fu, infatti, solo un insieme eterogeneo di popoli e culture, tenuti uniti dal terrore nei confronti del vincitore, ma sempre pronti a ribellarsi ad ogni momento propizio. Come scriveva Cicerone:”La vera gloria mette radice, anzi si estende, mentre tutte le false pretese cadono come fiori: una finzione non può durare. E la storia è maestra di vita!”.

Favria, 9.11.2012       Giorgio Cortese

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Scriveva il saggio Salomone che : "Il  buon nome vale più di grandi ricchezze; la stima, più che l'oro e l'argento." Purtroppo certe persone sono schizzate e cosi in un attimo d’insolenza perdono proprio tutto!

 

Vicino al focolare…

Qualche sera fa sono stato a casa di amici a vedere una partita di calcio, quello che mi ha colpito nel bellissimo salotto dove seguivamo l’evento sportivo era il bellissimo camino con il vivo crepitio del fuoco. Sono rimasto affascinato dalla danza della sinuosa fiamma, che gagliarda sembrava giocare con le ombre della sera ed aiutava noi esseri umani a parlare e a ricordare le nostre origini. Questo bellissimo camino dalla brace sfavillante mi ha ricordato come i nostri antenati, forse più di trecentomila anni fa, quando con la scoperta il fuoco hanno iniziato una dieta a base di cibi cotti che è stata una svolta importantissima per la nostra evoluzione. Perché i  cibi cotti sono più facili da masticare e da digerire e il fuoco elimina molti agenti patogeni. Inoltre esso consentiva da allora di difendersi meglio dagli attacchi notturni degli animali da preda. Nell’antica Roma, dopo la sua fondazione l’ordine sacerdotale delle Vestali aveva il compito di custodire il fuoco sacro a Vesta, che simboleggiava la vita della città. E l’importanza del fuoco è testimoniata dal dono che ne fece Prometeo agli uomini miserabili e tremebondi. Ma se gli effetti della cottura dei cibi sono ben documentati, altrettanto importanti se non di più, furono le conseguenze socioculturali del fuoco con il suo poter aggregativo, che si compie nella fascinazione quasi ipnotica del lingueggiare delle fiamme,  una forza che deriva dalle nostre origini e che  spinge alla riflessione e alla narrazione. Ritengo che le storie, di cui l’uomo è inesausto tessitore e ascoltatore, sono agevolate da questo elemento mobile e multicolore. Ed è intorno a questo camino che una persona dalla grandissima umanità ha raccontato delle sue toccanti esperienze di vita. Questo mi ha fatto riflettere che molte persone passano la prima metà della vita a ricordare senza capire, e l'altra metà a capire senza ricordare. Personalmente ritengo di avere una buona memoria, tuttavia, devo confessare che in giovinezza la mia mente riusciva a conservare un bagaglio enorme di informazioni, anche non necessarie. Forse non le capivo con la profondità che lo scorrere del tempo mi ha dato. Insomma da giovani siamo simili a delle spugne che immagazziniamo dati, come avviene nei computer, senza però elaborarli più di tanto e consultandoli superficialmente.

Purtroppo oggigiorno con l'avvento dell'informatica, abbiamo a  disposizione una valanga di dati, di "memorie", come si usa dire nel linguaggio "virtuale". Una massa che, però, non è ordinata in un progetto sensato ed è, quindi, arduo elaborarla, comprenderla, trasformarla in uno strumento di conoscenza che è l’esperienza di chi è nato prima di noi e con semplicità ha compiuto progetti eccelsi senza vantarsi e senza arrogante alterigia. La memoria di chi ha vissuto la vita prima di me con la schiena dritta è importante per ricordare e comprendere. Certo è una meta ardua, ma non impossibile, se si ha l’umiltà di ascoltare e fare propri i consigli di chi ha visto molti più inverni. La vera conoscenza, infatti, unisce al dato appreso lo scavo per comprenderlo, a differenza di quanto oggi accade per molte persone superficiali con un’infarinatura di tutto e con una conoscenza di niente.

Purtroppo oggi il fuoco è nascosto nelle caldaie relegate in cantina, e mi giunge il calore mediato da tubi e radiatori sibilanti e gorgoglianti, e allora che conseguenze può avere questa eclisse sulla narrazione? Certo  narrare intorno a un termosifone non è la stessa cosa che ascoltare interessanti aneddoti intorno a un focolare!

Favria, 10.11.2012       Giorgio Cortese