La vita.
La  vita è meravigliosa, soprattutto quando si vive in armonia. La vita è condivisione. Guai se non fosse così!

Macbeth!

In questi giorni ho appena finito di leggere questa tragedia che è tra i più  conosciuti drammi di Shakespeare, nonché il dramma più breve. E’ stata frequentemente rappresentata e riadattata nel corso dei secoli, ed è divenuta modello della brama di potere e dei suoi pericoli. Macbeth è innanzitutto una tragedia dell'immaginazione, il protagonista per sete di potere e per raggiungere il suo orrendo scopo mette in atto una sorta di magia nera, giocando fortemente sull'immaginazione. Il perfido personaggio principale si prefigura nella sua mente scena dopo scena i suoi delitti, dirigendo la  volontà a forza d'immaginazione, e quando non è lui ad usare questa facoltà dell'anima, ci pensano le streghe. Macbeth  è consapevole del male che fa e come certe persone oggigiorno si crogiola nella sua malvagità. Qualsiasi altra cosa faccia, Macbeth non mi offre certo una purificazione per i terrori che evoca, nella tragedia il vero dramma è il timore dell'ignoto è, in ultima analisi il timore per noi stessi. Questa tragedia mi fa riflettere e pensare che in ogni momento della giornata devo sempre usare la ragione ed il buonsenso, pensando con la mia testa e non come fanno certe persone che si fanno sedurre dalle subdole chiacchiere di navigati venditori di fumo. Certo la parola può essere tossica ma anche lenire i mali, e questo vale per quelle che pronuncio e scrivo come per quelle che ascolto e leggo, insomma la parola è il frutto del mio agire. Molte volte l’ambizione spinge delle persone, come le tre streghe con Macbeth, sulla strada di delitti che anche se non cruenti portano alla sopraffazione su altri simili. Nella tragedia pare che il destino del protagonista sia stato disegnato dalle tre sorelle fatali, le Norne, fin dall'inizio, ma quello che ci caratterizza come esseri umani è la forza di volontà e con essa è possibile combattere e vincere. Ritengo che essere forte non vuole dire vincere gli altri, ma me stesso. Se si vuole riedificare un mondo pulito e non violento con tanto buonsenso questo può solo avvenire partendo da me stesso, pacificandomi  con me stesso. Vorrei concludere con una riflessione esistenziale  sulla vita umana nel V atto, scena V: “La vita non è che un'ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla”. Grande  Shakespeare   che per la trama prese spunto dal resoconto storico del re Macbeth di Scozia. Una curiosità, pare che ci sia la credenza superstiziosa che il dramma sia in qualche modo “maledetto” e molti attori non vogliono menzionarlo ad alta voce il titolo, riferendosi ad esso come “Il dramma scozzese”, perchè se si pronuncia  il suo nome dentro un teatro, porta male, e può trasformare qualsia spettacolo in un sonoro fiasco.

Favria, 11.11.2012   Giorgio Cortese

 

Una massima del Siracide: «Dell’artista si ammira l’opera, del politico la saggezza della proposta. Ma se parla a vanvera è una minaccia per la città; se dice cose inconcludenti si fa odiare». Ecco, appunto ogni commento è casuale.

 

L'idea delle perline un regalo che aiuta l’Africa

La  collana è un tipo di gioiello o un ornamento portato attorno al collo. Le collane sono fatte di norma da una catenina di metallo prezioso, che può servire o meno da supporto per degli elementi decorativi, infilati come le perle. Nel corso dei millenni la collana ha assunto via via forme sempre più raffinate, partendo dalle rozze file di conchiglie o di pietruzze di epoche primitive, fino ad arrivare a tecniche di orificeria varianti a seconda del gusto dell'epoca. Il nome collana o collier indica la posizione in cui questo accessorio viene indossato: la base del collo che ne viene cinto a cerchio, una zona del corpo strategica: delicata e fragile, visibile ma estremamente intima, legata all’eros ed alla vulnerabilità, considerata punto di raccordo fra anima e corpo. La collana è simbolo visibile di un certo potere che si compie nel mondo dei sentimenti o dalla identificazione con un gruppo, una religione, un’idea. Regalare una collana crea un senso di appartenenza fra chi la porta e chi la dona, e secondo  Artemidoro: “Ogni ogni ornamento femminile per il collo annuncia nozze alle nubili e figli a quelle che non ne hanno ancora,e alle altre donne guadagni e grandi ricchezze: poichè come le collane sono un ornamento per le donne così lo sono pure il marito, i figli ed i beni di fortuna.”Le collane di perle di carta colorata realizzate dalle donne Africane sostengono iniziative di educazione e sviluppo nel loro Paese. Con le collane di perle in carta riciclata si contribuisce a costruire scuole in Africa. Ma dove hanno trovato l'idea le donne africane nel produrre delle perline di carta? La verità è che si tratta di una tradizione piuttosto antica. In epoca vittoriana, quando, loro malgrado, erano sudditi di Sua Maestà la Regina di Inghilterra, avevano cominciato a ritagliare delle strisce di carta e a produrre perline arrotolandole su un ago. È una tradizione rimasta viva; non a caso adesso vi sono diversi gruppi che operano in questo campo. Ora usano vecchi poster pubblicitari o riviste per ottenere strisce più lunghe e colorate: una volta che le hanno arrotolate e incollate, si ottengono perline di colore e dimensioni diverse. Basta aggiungere una vernice protettiva e il gioco è fatto.Le Nazioni Unite, per mezzo di una delle loro organizzazioni, hanno introdotto queste perline nel mondo della moda. Il successo è stato discreto, al punto che adesso le perline vengono utilizzate per abbellire e decorare borse e vestiti o fare articoli di piccola bigiotteria, ecco una buona idea per aiutare concretamente l’Africa.

Favria,  12.11.2012                     Giorgio Cortese

 

E’ buia la giornata al mattino di novembre, sembra una stanza dalla luce spenta, e poi piove in una giornata in gocce di pioggia che cadono incessantemente.

 

La pioggia di novembre.

La pioggia di novembre è una caduta  d'acqua che si frastaglia nel paesaggio reso  grigio e caliginoso. Certo il tempo  dei buoni propositi spesso trova spazio nelle stagioni di mezzo, che, con le loro mutevoli condizioni mi stupiscono giorno dopo giorno, anno dopo anno. Pioggia di novembre che luccichi sui marciapiedi e gli sparuti passanti corrono  frettolosi tra le brillanti pozze. Non siamo ancora nell’inverno ma il freddo si fa già sentire. Sarà proprio la pioggia  di oggi forse ad insegnarmi saggiamente a rallentare, ad ascoltare ed attendere il momento propizio. Ma il più grosso insegnamento è quello di stare dentro a me stesso, ad ascoltarmi nel silenzio, rotto solo dal ticchettio delle gocce che cadono   sul tetto della rimessa dell’auto. Ritengo che di saggezze c’è ne sono più di una, e tutte sono necessarie al mondo, ma è da sapienti riuscire a saperle alternare. Ma oggigiorno la parola “saggezza” o “sapienza” sono ormai lemmi obsoleti o da rottamare, perché siamo una società sempre più liquida che va sempre di fretta e allora si da la preferenza a più immediati, utili e concreti “saperi”. Ritengo che la vera saggezza faccia parte del nostro animo, in quanto esseri umani, e che ci differenzia dagli altri mammiferi, che hanno solo l’istinto. La vera saggezza non è solo cultura né tanto meno sulle cariche che uno ricopre  o dal pensare e agire. La vera saggezza è variopinta ed assume una diversità di colori e vive negli animi semplici,  e  la saggezza  più preziosa è per me quella della sincera e semplice modestia. Poi esiste anche  la saggezza di giudizio e la continua ricerca della verità senza faziosità ma per amore per la giustizia.Si potrebbe scrivere ancora molto su che cosa penso sulla saggezza, ma forse essere saggio e la capacità di ogni giorno di raccogliere con generosità  il meglio della bellezza, della bontà, della verità e dipingerlo nel quadro della mia vita  in uno splendido fascio di fiori dagli iridescenti colori, sperando sempre che la saggezza della giornata si sciolga poi nella pioggia

Favria 13.11.2012    Giorgio Cortese

 

Secondo l’amico Walter, non faremo la fine degli Assiri, ma ben altre cose ci attendono nella moderna società!. E si siamo ormai una società di anziani, quello di finire come il passato insegna ad essere i nuovi mangiatori di patate immortalati da eloquenti pitture. Oggi non esiste il senso della misura, solo profeti, detentori di verità, e sciocchi che ascoltano. Oggigiorno abbiamo il fuoco per cuocere i cibi, ma se continuiamo così non avremo più cibo da far cuocere. Ma ai nostri figli che futuro lasciamo?