AVVISO Novembre 2012
Carissimi volenterosi donatori a dicembre oltre al consueto
scambio di auguri e consegna dei panettoni, Vi comunico che verranno indette nello stesso
pomeriggio le elezioni per il nuovo Direttivo per gli anni 2013-2014-2015. Chi è
interessato a provare questa esperienza altamente gratificante dal punto di vista umano e
conoscere quali sia le incombenze che comportano fare parte del Direttivo, può mettersi
in contatto con il sottoscritto contattandomi personalmente, o segnalando la
personale disponibilità ai membri del Direttivo. Grazie
Cortese Giorgio cell. 333 171 48 27
Aveva ragione il grande Totò: Si dice che
l'appetito vien mangiando, ma in realtà viene a star digiuni.
Avere la coda di paglia
Un'antica favola racconta che una giovane volpe cadde
disgraziatamente in una tagliola; riuscì a fuggire ma gran parte della coda rimase nella
tagliola. Si sa che la bellezza delle volpi è tutta nella coda, e la poveretta si
vergognava di farsi vedere con quel brutto mozzicone. Gli animali che la conoscevano
ebbero pietà e le costruirono una coda di paglia. Tutti mantennero il segreto tranne un
galletto che disse la cosa in confidenza a qualcuno e, di confidenza in confidenza, la
cosa fu saputa dai padroni dei pollai, i quali accesero un po' di fuoco davanti ad ogni
pollaio. La volpe, per paura di bruciarsi la coda, evitò di avvicinarsi ai pollai. Si
dice che uno ha la coda di paglia quando ha commesso qualche birbonata ed ha paura di
essere scoperto
Dal forestiero allaccoglienza.
Secondo il vocabolario della lingua italiano, forestiero è un
vocabolo che significa chi visita un area o centro abitato estraneo, insomma chi proviene
da un paese o terra lontana. Questa parola deriva dal provenzale forestier,
da qui in piemontese forest, e loro volta derivano dal latino fòris
cioè fuori. E sempre dal latino abbiamo forestis silva, foresta fuori
dal recinto. Allora tra foresta, vale a dire una vasta estensione di terreno
incolto ricoperto fittamente di piante e di vegetazione spontanea e il forestiero,
cioè la persona che non è del posto; che viene da fuori, da altre Regioni o da
altri Paesi, forse cè un nesso, un collegamento. Infatti foresta deriva
dal lemma tardo latino forasta, in piemontese bosch. Il lemma
piemontese bosch deriva dal latino medievale busca, buscus o boscus,
che a loro volta derivano dallantico tedesco busk. Ma allora esiste una
contaminazione tra il tardo latino e il tedesco, infatti foresta potrebbe derivare
anche dal tedesco forst. Da qui il tardo latino medievale foras,
fuori, su cui sarebbe formato anche forasticus, esterno, e poi forestare, metter
fuori, bandire, da dove deriva in seguito la voce foresto e forestico per indicare
una persona rozza o anche solitaria. Se la voce significa fuori dellabitato,
e quindi solitario, insomma persona che è in un luogo fuori dalla legge della
comunità, in quanto bandita dai suoi simili. Il termine forastico, poco usato, ancora
oggi significa di una persona poco socievole perché, in senso figurato,
che proviene dalla foresta. Ma l'espressione forastico è
spesso usata per gli animali, come contrario di addomesticato, ad
esempio un gatto forastico, un gatto che non si lascia avvicinare dalle persone,
dunque indubbiamente poco socievole. Ritornando al termine foresta, da li
potrebbero derivare i bandi feudali di foresta venationis e
foresta piscationis, cioè luogo proibito per la caccia, luogo proibito
per la pesca. Forestare dal significato iniziale di forestare che significa
mettere al bando sarebbe derivato quello di foresta che oggi conosciamo.
Sempre dal latino foris deriva il lemma foresteria che intende locali
adibiti ad alloggio per persone che sono di passaggio o che devono temporaneamente
dimorare in un certo luogo. Dal concetto, se ne è desunta poi una tipologia di contratto
d'affitto detto "ad uso foresteria" o più propriamente "contratto di
locazione di natura transitoria". Questo tipo di affitto si realizza quando il
proprietario di un immobile non lo usa per se stesso, ma ne concede l'utilizzo a terze
persone per loro dimora temporanea. E se una persona è ospitata in casa si dice che è un
ospite, dal latino hospes, forse da hostis straniero, forestiero,
pellegrino, le cui altre derivazioni hanno acquisito un significato negativo, come con il
lemma ostile. In tutte le lingue neolatine continua anche ad esistere questa curiosa
ambivalenza, per cui "ospite" significa entrambe le facce della medaglia, e
anche se nella lingua italiana attuale pare si privilegi l'indicazione di chi riceve
ospitalità, piuttosto che di chi la offre. Ma da questa confusione si può trarre un
invito ad osservare questo rito antico nella sua unità, specie alla luce della sua pure
ambigua origine. L'ospite è lo straniero che sì, può anche essere il nemico, ma a cui
per sacro e tacito accordo si tributa accoglienza, così l'ostilità si annulla
nell'ospitalità, un dono di scambio reciproco inviolabile, perché come ripetevano i
Greci e i Latini, l'ospite che bussa alla mia porta potrebbe essere Zeus o Giove
camuffato. Un gesto che trae origini dalla nostra cultura che è oggigiorno
purtroppo veramente trascurato. Una delle caratteristiche della nostra
civiltà attuale è lanonimato e, forse, anche la diffidenza e la paura di chi
è forestiero. Purtroppo viviamo in una società di persone sole e allora cè molta
solitudine e in questo contesto lospitalità acquista ancora tutto il suo valore. Laccoglienza
è lo spazio del dialogo tra esseri umani. Ogni giorno faccio nelle forme più differenti,
lesperienza dellaccoglienza e del suo contrario, che è il rifiuto. Sono
contento quando vengo accolto con calore e con gioia, ma soffro quando mi trovo di
fronte ad atteggiamenti di diffidenza o di antipatia. Devo con onestà riconoscere che ho
celato timore di chi mi è estraneo, perché viene percepito come straneo e sfuggente,
insomma, nel senso etimologico della parola extraneus, il diverso mi fa paura e fa paura!
Ma senza laccoglienza non cè il dialogo.
Favria 21.11.2012
Giorgio
Cortese
Si può apprendere unarte solo nelle botteghe di coloro
che con quella si guadagnano la vita.
Il mio punto debole
Devo ammetterlo molte volte cedo alla debolezza di ascoltare
quelli che sanno parlare. Il dono della parola mi seduce. Al punto che quasi non mi
importa quello che viene detto. Certi melliflui affabulatori sono quasi sul punto di farmi
cambiare idea, e di deviare le mie iniziali convinzioni. Certe persone hanno
la bella frase, il giusto tono di voce, e mi domando a volte che cosa darei per
essere altrettanto bravo e nitido nellesporre i miei pensieri. Come mi piacerebbe
vedere gli altri pendere dalle mie labbra. Vederli sgomitare per sedersi al mio
tavolo. Osservarli sgranare gli occhi mentre parlo in una conferenza.. Conquistare gli
animi delle persone con una citazione appropriata, si di quelle che non si fanno
dimenticare. Parlare, parlare, parlare. Ma forse il segreto ed il mio punto debole è
quello di imparare un'arte eccellente che si impara dopo anni di fatica, sacrificio
ed umiltà, che si chiama: chiama «ascolto. Una qualità che in pochi possiedono.
Quando una persona mi parla, distinto penso già subito alla risposta , ancora prima
che il mio interlocutore abbia finiti di parlare. Invece dovrei ascoltare con sempre ai
con gli occhi che con le orecchie. Ascoltare l'altro significa comprenderlo,
sostenerlo, entrare in sintonioa con lui perché nella vita nei contatti umani conta
di più il cuore della testa. Certo questa è un arte difficile da apprendere ma è
indispensabile per misurare anche lamicizai sincera. Un arte fatta di tanti
dialoghi, ma soprattutto dellascolto in silenzio senza commentare ed interrompere.
Un ascolti sincero e disinteressato, senza mostrare né compiacimento o
insoddisfazione, ma solo e sempre attenzione. Oggigiorno dalla mancanza di ascolto nasce
purtroppo una malattia che si propaga sempre di più nella nostra liquida società
contemporanea, il virus dellindifferenza. Ritengo che molte volte prima di non
essere capito, ho la spiecevole sensazione angosciosa che nessuno da veramente retta alle
mie parole. Certi giorni le persone che si incontrano potrebbero urlare la loro angoscia e
disperazione ma chi gli sta vicino li ascolta superficialmente, oppure gli risponde con le
prime cose chi gli frullano nel cervello, senza neanche pensare. Ci sono certi
soloni che non ho ancora finito di parlare che già mi danno la cura e voglio
a tutti i costi spiegarmi laloro visone giusta di come stare al mondo, che trsietzza. E
guai a queste persone di cercare di interromperle, sono similio ad una diga che è
crollata, un fiume gagliaro di consigli e suggerimenti ed io li attonito, non
avendo ancora finito di parlare che li fisso negli occhi e ascolto e li lascio sfogare. E
si certe persone sono simili al televisore che quando è acceso inizia a vomitare musica
suoni ed immagini e magari in quel momento avrei bisogno di un amico sincero, che ascolti
e raccolga i miei pensieri come una spugna, che capisca i miei silenzi e la solitudine del
mio animo. Ma ho la vaga impressione che certe persone non mi ascoltano neanche se gli
scrivo una lettera perché hanno paura di stare in silenzio e di darmi una risposta che
gli faccia fare brutta figura. Ma possibile che non abbiano niente da dire? Mah! Putroppo
questo è anche il mio punto debole, anche io mi comporto a volte cosi e cedo alla
debolezza di stare in un silenzio di sincero ascolto. Ma mica sarò stupido? Forse la
soluzione per sentire il mio prossimo, lantivirus si chiama umiltà unito alla
vitamina della pazienza. Lumiltà è lopposto della prepotenza, altra malattia
che attecchisce ultimamente in molte persone molto e la pazienza sta male con lostinatinazione.
La nostra società ha diegnato lo stereotipo che se la persona vuole essere
importante non può permettersi di certe debolezze che fanno parte di una relazione con i
propri simili ormai superata. Il mio consiglio allora è quello di guardarci sempre in
torno con molta attenzione se vedo qualcuno che si muove pacatamente ma con sicurezza,
forse vale la pena di dargli fiducia. Parlagli e lui ti ascolterà veramente..
Favria, 22,11,2012
Giorgio Cortese
Solo imparando ad ascoltare gli altri che riesco ad ascoltare me
stesso