Le persone che pensano non spuntano dal terreno come funghi.
Essi sono il prodotto del loro tempo
Da menù a mnusiè alla riscoperta dei sani valori
Tanti nomi di mestieri sono uguali per i piemontesi ed i franco-occitani : l saraijé, sarralhièr, fabbro metallurgico; mnusié, menuisier, falegname; ovrié, ouvrier, lavorante e sciòffeùr, lautista in francese chauffeur. Ma un lemma che mi ha colpito è stato quello del mnusiè, usato oggi da un cliente, la parola con il quale si indica in piemontese il falegname. Questo vocabolo è sinonimo di falegname che lavora nei particolari per differenziarlo dal carpentiere, che esegue invece lavori in legno per costruzioni edili. Se per falegname, etimo chi fabbrica il legno, si intende lartigiano che lavora il legno per la fabbricazione e riparazione di mobili il termine piemontese mnusiè è lartista che crea mobili su misura, secondo le esigenze del cliente che va in bottega e prospetta i suoi desideri, insomma crea dei pezzi unici. Pensate che in Francia nel 1382, un decreto reale ordinava la distinzione tra "falegnami" i mnusiè e carpentieri. Da allora il falegname lavora con tavole di legno squadrate per fare piccoli oggetti, e qui tra origine la parola francese menuisier che deriva da menù, etimologicamente menu-isier,che significa particolareggiato, che deriva dal latino minutus, lavoro preciso e minuzioso, ed ecco nel piemontese minusiè o meistr da bosch, o maestro darte del legno. Il 5 dicembre del 1637 il Parlamento di Parigi rende la seguente sentenza: "Comando che ogni mastro falegname si terrà in occasione del suo marchio in particolare di tutti questi lavori ... e postini di peltro ... e inserire il marchio in una tabella che porterà nella camera del Vice Procuratore Generale della Castelet.. Questa sentenza di un processo che ha opposto i maestri carpentieri e maestri tappezzieri di Parigi, perché i maestri falegnami aveva il monopolio sulla produzione di mobili, mentre maestri tessitori avuto uno dei loro commercializzazione. Questa sentenza quindi costretto a vendere solo mobili imbottiti segnata esclusivamente da maestri falegnami. Il timbro permesso di tornare al produttore, e quindi evitare gli intermediari nei futuri negoziati. Il lemma francese Menù ha fatto la sua prima comparsa allinizio dellOttocento, quando il cosiddetto servizio alla francese, che prevede la disposizione contemporanea di tutte le portate sulla tavola, fu progressivamente sostituito da quello alla russa, in cui i piatti vengono presentati dai camerieri in ordinata successione. In questo modo non fu più possibile avere una visione globale e immediata dellintero pasto e si rese necessaria la presenza di uninformazione scritta, il menu appunto, che ognuno trovava al proprio posto e sul quale era esposto il programma della serata. Allinvitato veniva in tal modo limitata la possibilità di scegliere secondo le proprie preferenze e, contemporaneamente, gli era imposto un percorso che seguiva uno schema già tracciato. Con il trascorrere degli anni, il successo del menu fu travolgente e ben presto non si organizzò più un evento conviviale che non prevedesse il colorato cartoncino, sovente vergato a mano e arricchito da un inedito disegno. Le liste dei ristoranti sono così, oggi, anche documenti indispensabili per tracciare una storia delle mode gastronomiche degli ultimi due secoli. Come ultima curiosità in Veneto, durante la Repubblica di Venezia i maestri dascia falegnami venivano chiamati marangoni. Questo venezianissimo, sinonimo trae origine dal fatto che la parola inizialmente significava un uccello acquatico, lo smergo. Passò poi a designare luomo che si tuffava per procedere a riparazioni alle parti subacquee della nave. Infine, dalla sfera della costruzione navale, la parola passò anche in quella delledilizia, dove marangon si diffuse definitivamente col significato di falegname. E la campana principale di San Marco a Venezia, la Marangona, andata distrutta nel crollo del 1902, era così chiamata perché dava il segno dellinizio e della fine del lavoro dei maestri dascia dellarsenale. Questa divagazione sullartigiano del legno mi fa pensare al destino dell'artigianato, oggi quasi sparito nellera digitale ma forse in lenta ripresa. Ecco: quando c'erano più artigiani e operai specializzati, la nostra società era migliore il lavoro era reale. L'artigiano era un tipo umano creato dal modo di lavorare, dall'arte della precisione, dall'istinto o dalla cultura del fare bene le cose con le proprie mani, usando strumenti semplici e macchine comprensibili, come martello, pinze, lima, tornio. Mi ricordo che da bambino passavo delle ore a guardare incantato falegnami, calzolai e fabbri. Lartigiano, infatti, ci può ancora dire molto. Può insegnarmi lorgoglio per il mio lavoro; la passione per il lavoro ben fatto; il pieno coinvolgimento anche emotivo; lattenzione e linteresse genuino per le conseguenze dei miei manufatti. L argomento allora va spostato sul piano dellazione per mettere in campo progetti politici, sociali e di business management capaci di promuovere contesti organizzativi nelle imprese e negli altri luoghi di lavoro ove le persone possano sentirsi orgogliose del proprio mestiere e dove manager e collaboratori siano incentivati ad andare 'oltre' quello che si fa per preoccuparsi anche delle conseguenze delle azioni sui clienti, sui fornitori, sui colleghi, sulla comunità. È questo il fondamento su cui girare la chiave per ripartire per realizzare una diversa morale per il lavoro etica sul lavoro, la professionalità, limpegno, letica negli affari.
Favria, 27.11.2012
Ho trovato in un libro che il piemontese Rabadàn , persona insignificante, in occitano significa laiutante del pecoraio. Ma la cosa sorprendente è che il termine piemontese palaviré, manrovescio ricorda molto il gesto del contadino che rivolta la terra con la pala , infatti in occitano il lemma palavira vuole dire frantumare la terra con un colpo piatto alla stessa.