Se da giovani si apprende, da vecchi sicuramente si comprende.

 Il ritorno in campo del  Cavaliere mi porta a riflettere che questo movimento del signor B non è il  gollismo dei nostri cugini d’oltralpe. A differenza del gollismo il berlusconismo non lascia nessuna eredità, anzi una destra in mano a tanti nani…..

 

Garrire o rugliare!

Il garrire è il verso delle rondini, che emettono un particolare fischio, ma si usa anche per le bandiere che sventolano nel vento, si dice che garriscono. Il lemma deriva dalla voce indoeuropea gar, chi significava gridare ed emettere suono, in greco  gerys, voce, nall’antico tedesco kirru, strido, in piemontese crijè, criassè e poi il gridare brajè, che significa in antico longobardo chiamare ad adunata, braia. Il ruglio è invece un brontolio sordo e minaccioso proprio di vari animali come il cane e l’orso e per estensione il rumore  cupo, suono roco ad esempio del   mare in tempesta. Insomma rugliare è una soprapposizione di mugghiare,   muggire, e ruggire, fremere, brontolare cupamente o minacciosamente ma anche stridere, rumoreggiare.. un termine poco usato è anche rugghio. Ho iniziato questa mi breve lettera con questi due termini perché quando  si scrive o si parla, se si vuole essere coinvolgenti, è importante scrivere o parlare a tutti i sensi. Non solo alla vista. Il garrire di una bandiera è la descrizione uditiva e potente di un suono magnifico che abbiamo tutti presente. Da usare, anche figurativamente, magari: perché perfino l'orgoglio può garrire come atterrisce il sordo ruglio di molti italiani che   sono pressati da una valanga di balzelli e non riescono a tirare avanti e non vorrei che fosse simile al ruglio dell’orso che si prepara ad attaccare. Nella nostra Patria la crisi inizia dall’invecchiamento della popolazione che mette a rischio la società.  Se non si favorisce l’inserimento di giovani, donne e immigrati nella vita del paese, si rischia uno scontro generazionale che sarà deleterio per tutti. Se ritorno indietro nei ricordi nel 1994 si era affermato un sistema bipolare, che ha progressivamente portato nel 2008 verso il  bipartitismo, dominato dall’alleanza tra Pd e Idv e dall'asse costituito da Pdl e Lega Nord. Oggi siamo alla liquefazione di queste alleanze instabili ed infide, che hanno caratterizzato circa venti anni della vita politica della Nazione. Siamo alla divisione  dell’offerta  politica con tantissimi presunti leaders che non hanno una chiara idea di che cosa fare, e poi la legge elettorale, il famoso Porcellum è sempre li e i vari politici di turno litigano come i polli di Renzo intorno a questa legge non pensando che la stessa se non viene cambiata sarà la loro rovina totale. In questo scenario già abbastanza confuso ecco il nuovo, che  sa di raffermo, che avanza. Il fenomeno del grilliamo delle locuste pentastellate, questo ex-comico che è entrato in politica senza peli sulla lingua sparando ad alzo sero contro tutti. Questo fenomeno non va assolutamente sottovalutato e liquidato come antipolitica. I partiti invece di bollarre il tutto con faciloneria come antipolitica dovrebbero parlare ai cittadini, capire i loro problemi di pancia e agire da subito con fatti concreti solo cosi il movimento delle locuste pentastellate verrà reso inutile. Siamo stufi di proclami di tirare la cinghia, siamo stufi nel vedere che il malaffare continua ad imperversare e soprattutto siamo stufi di vedere sprecare i pochi soldi che ci sono. Certo il flusso di denaro è poco ma almeno utilizzatelo con buon senso cari politici e poi da mesi a questa parte non sento nessuna proposta concreta per dare del lavoro ai giovani. Dico proposte concrete, non leggi che lasciano a volte il tempo che trovano. Certo la nostra Patria sta vivendo una situazione difficile, come del resto molti altri paesi europei. La specificità del nostro Bel Paese è che qui la crisi è divenuta   politica, economica e sociale. Politica perché si deve arrivare ad una legge dove gli eletti rispondano ai loro concittadini che li hanno eletti e non imposti dall’alto dai vari partiti. Economica perché qui abbiamo già rubato il futuro ai nostri ragazzi ma almeno diamo una speranza per quelli che stanno nascendo adesso. Sociale perché i soliti furbetti continuano a rubare imponentemente. Si deve stare attenti dal garrire di proteste isolate, perché poi il passo allo scontro sociale è sempre più vicino ed i ruglio di molti concittadini che dopo dieci giorni dall’inizio del mese non c’è la gfanno ad arrivare alla fine aumenta sempre di più. Sono sempre ottimista ma a forza di tirare, la corda si rompe.

Favria, 9.12.2012      Giorgio Cortese

 

Anche la giovinezza è una malattia ma se non si soffre di questo bellissimo male come possiamo dire di aver vissuto!.

 

AVVISO

DONATORI SANGUE  PIEMONTE  GRUPPO COMUNALE DI FAVRIA Via Barberis 4- Cortile interno Municipio - 10083 FAVRIA (TO)  Dicembre 2012

 Caro donatore/donatrice il Direttivo  Fidas di Favria Ti aspetta Sabato 15  dicembre 2012 dalle ore 15,00 alle ore 19,00 presso la nostra sede  per il tradizionale scambio di Auguri Natalizi con il consueto panettone, per un bel momento di condivisione. Ti sarà inoltre consegnato il calendario  prelievi 2013. Precisiamo che hanno diritto al panettone tutti i donatori che hanno effettuato almeno una donazione nell’anno  2012 tutti soci medaglie oro donatori attivi e non

Inoltre  ci saranno le votazioni per il nuovo Direttivo Gruppo Comunale FIDAS per il prossimo triennio, per informazioni e per dare la Tua disponibilità contatta il presidente del Gruppo Tel  0124 34619 ore pasti serali   Cell.  3331714827 

La vita non aspetta.     Dona il sangue

Con cordialità,   il  Presidente  del Gruppo           Giorgio Cortese

 

 Docile fibra dell’universo”.

“Nei miei giri della vita/ su verdi campi ho riposato,/ e ho intonato un canto,/ e tutto era dolce, bello./ Se solitario, se affannato/ Dalle mie tristi inquietudini,/ ancora ho intonato un canto/ e tutto di nuovo era bello./ Sempre ho lasciato sbollire/ Ogni mia ira in silenzio,/ sempre ho ripreso a cantare/ e tutto di nuovo era bello./ Non si continui il lamento:/ ‘sempre, ogni cosa è dolore’:/ cantare, ancora cantare!/ E tutto di nuovo è bello.

Adelbert Von Chamisso

 

Doga, divano e le dogne

Per doga oggigiorno si intende ciascuna delle liste di legno che formano il corpo di botti, tini o mastelli; anche, ogni lista in legno che costituisce la base di alcuni tipi di letti, in sostituzione della rete, una parola del sec. XIV, in piemontese doa. Doga  nel tardi latino significava anche condotto d’acqua, come scrive Gregorio Magno di Tours, in francese deuve. In seguito con tale termine veniva indicata una specie di vaso  e forse anche la botte. La parola doga deriva dal greco dochè che voleva dire ricettacolo o recipiente.  Pertanto la successione dei significati  fino a quello attuale,  sarebbe stata la seguente, ricetto o recipiente d’acqua, dogaia, argine o rivestimento del recipiente ed in seguito bordo. Da doga deriva il termine doccia dal latino lucere ossia condurre. Oggigiorno la doga rappresenta  ciascuna di quelle strisce di legno, che congegnate col fondo e strette da cerchi compongono il corpo di vasi rotondi come il tino, il barile e la botte, la bigoncia e lo staio. Ma è anche il termine poco usato la lista dei fregi negli stemmi araldici. Ogni doga ha la sua caprùggine, l’intaccatura, entro la quale si commettono i fondi della botte. La bigóncia è un  recipiente di legno e doghe, privo di coperchio e di manici, per trasportare l'uva durante la vendemmia. La botte, dal tardo latino buttis, vasetto  è un contenitore fatto di legno, oggi anche di materiale sintetico, ma quello in legno è costituito da doghe cerchiate e un po' incurvate, che le donano una forma vagamente cilindrica. Servono alla conservazione, alla maturazione o all'invecchiamento del vino. Il  nome generico dei vasi simili alla botte, costituiti da doghe curvate o no e tenute insieme da cerchi metallici si chiama bottame. Dogana, che deriva dal provenzale doana, francese douane. Lessico che dovrebbe derivare dal greco dokane, ricevitoria. Insomma luogo dove si riscuotono le gabelle. Ma pare che tale lemma potrebbe derivare dall’arabo diwan su radice persiana   addivan,  da dove pare deriverebbe anche la parola divano. Ma in persiano divan e arabo diwan il lemma vuole dire registro,  ufficio che registra la dogana appunto, il luogo dove si trasportavano le gabelle prima di introdurle  in altre comunità. E nel Medioevo la principale strada che attraversava la zona di Favria era la via levata, antica strada Romana a schiena d’asino, tale toponimo ci è stato tramandato con il nome della cascina delle siene, da schinum.  Si potrebbe supporre che proprio qui nella zona oggi denominata “le Dogne” fosse ubicato il luogo dove avveniva la tassazione delle merci che provenivano fuori dal feudo favriese, che era del Monferrato ed interamente circondato dai domini dei Valperga prima e dei Savoia dopo, infatti in piemontese si dice  per dogana dogan-a, dugan-a e i doganieri doganiè, da qui a le dogne il passo sencondo la filologia, apparentemente sembra breve e grazie di avermi letto.

Favria,  10.12.12                Giorgio Cortese

Marrano

Questo lemma è sinonimo oggigiorno di  traditore. In origine era un termine dispregiativo usato verso i musulmani ed ebrei convertiti al Cristianesimo, la parola deriva dallo spagnolo: “marrano” porco, probabilmente dall'arabo “muharram” cosa proibita. Sia per gli arabi che per gli ebrei, molto numerosi, ai tempi, in Spagna, cibarsi di carne di maiale è vietato. C'è chi aggiunge all'etimo che deriva da una commistione dello spagnolo “barrano”, dall'arabo “al-barran” forestiero giunto da poco, e chi invece lo vuole derivante dall'esclamazione aramaica “maran atha” che gli Ebrei rivolgevano agli apostati. Nell'immaginario comune questa parola prende vita col prode cavaliere, che colpito a tradimento dal vile ribaldo del suo rivale gli grida "Ah, marrano!" e sguainato il ferro fa finalmente giustizia. In realtà, inizialmente, come marrani si indicavano gli ebrei e islamici che in Spagna, a più riprese, furono costretti, o caldamente invitati,   a convertirsi. Ma ogni abiura alla propria fede, impostata con la forza gernera solo una conversione di facciata, infatti in pubblico si professavano cristiani, ma in privato continuavano a professare la loro religione. È chiaro che quindi il risultato finale, piuttosto che di un'improbabile integrazione nella società cristiana, fu quello di un'emarginazione ulteriore, carica di disprezzo per il traditore che si è piegato vigliaccamente convertendosi e che però porta avanti i suoi riti da infedele. Così furono chiamati "marrani", come il maiale che non mangiavano; un'altra pagina tragica nella storia delle religioni. Per marrano si intende allora il traditore, spergiuro e fedifrago, intrigrante, ipocrita, un caino ingannatore e sicofante. Personaggi cosi, che abiurano le loro idee politiche per salire sul carro del vincitore ne   esistono ancora oggi, che meschini!.

Favria, 11.12.2012            Giorgio Cortese