Bisogna sempre tenere a mente che  questioni veramente   importanti hanno bisogno di essere affrontate non solo nella giusta forma e stile ma è sempre essenziale in  sincerità.

Una bella serata in allegria, l’allegra comitiva del bollito!

Ieri sera ho cenato con un folto numero di amici a Carrù alla fiera del bue grasso. Cento anni fa, il bue grasso era il trattore delle Langhe. Oggi pochi buoi sono adoperati in agricoltura  Ma il fascino arcaico di queste bestie rimane intatto. E si rinnova ogni anno, a Carrù, nel secondo giovedì antecedente il Natale. Non conosco nulla che ecciti così voluttuosamente lo stomaco e la testa quanto i vapori di quei piatti saporiti che vanno ad accarezzare la mente preparandola alla lussuria. Il bollito era preparato in modo divino è vero quello che affermava Joyce che   Dio fece il cibo, il diavolo i cuochi.  Con questi allegri compagni di tavola abbiamo schiacciato il cibo dolcemente tra lingua e palato, poi la carne  lentamente fresca e deliziosa ha incominciato a fondersi bagnando il palato il palato molle, sfiorando le tonsille, penetrando nell’esofago accogliente e infine si  è deposta nei noi capienti stomaci che rideva di  folle contentezza. Scriveva   Montaigne  che “Il sapersi rilassare e la semplicità onorano straordinariamente e convengono a un animo forte e generoso… Quando lavoro, lavoro; quando dormo, dormo; e quando passeggio da solo in un bel giardino, riconduco i miei pensieri alla passeggiata, al giardino, alla dolcezza di quella solitudine e a me stesso” Ebbene si, questa sera a cena con i colleghi Marco, Beppe, Paolo, Giuseppe, GianLuigi, Marco, la splendida collega Lu, e l’autista Gianni, mi sono rilassato. Ho assaporato quell'arte che è il rilassarsi, il sostare, il saper agire pacatamente e coscientemente. I nostri tempi sono, invece, scanditi da una frase emblematica: “Scusami, ma devo scappare!”. Non ci prendiamo più il tempo per vivere ma solo per lavorare e logorarci, spesso piombando nella depressione e finendo tra le braccia di interminabili cure psicologiche. Uno scrittore ha affermato che ormai noi siamo costretti nella “stretta penisola del tempo”, divenuta simile a un formicaio agitato. Ecco un ora sola di pausa, una piccola cosa mi ha permesso di assaporare la serenità e di godimento. Grazie per il momentaneo antidoto al delirio del fare, alla smania dell'agitarsi, per riscoprire   l'essere e l'esistere.Uno dei gustonauti di Carru’oggi un poco sbollito.

Favria, 14.12.2012            Giorgio Cortese 

 

Scriveva Confucio che se scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita.  Che bello, ma oggi purtroppo non c’è più neanche il lavoro per molte persone e allora…..

 

Ritengo ogni giorno che la vita non è una domanda che deve trovare una risposta, ma un’esperienza che deve essere vissuta con passione ogni istante.

 

Elezioni Direttivo Fidas a Favria Gruppo comunale

 L. Tarizzo – D. Chiarabaglia, triennio 2013-2015.

Elezioni avvenute sabato 15 dicembre 2012, dalle ore 15 alle ore 19,00

Votanti 108 donatori:

max 3 preferenze

Cortese  Giorgio 93 preferenze

Macrì Nicodemo 70 preferenze

Gazzetto Sandro 31 preferenze

Salvare Mariangela 29 preferenze

Schipani Leonardo 22 preferenze

Lazzarano Carmela 22 preferenze

Varrese Vincenzo 18 preferenze

Pretari Franco 12 preferenze

Massaro Barbara  11 preferenze

Foresta Santa 9 preferenze

Cartellà Antonio 1 preferenza

 

Votazioni Gruppo Giovani Direttivo Fidas

Max 3 preferenze

Spaducci Antonello 60 preferenze

Musto Jessica 47 preferenze

Brusa Davide 44 preferenze

Schipani Mario 44 preferenze

Eggert Friedrich 11 preferenze

Eggert Kerstin 9 preferenze

 

I mentitori: bugiardi o virtuosi?

In questi giorni ho letto delle dichiarazioni sui giornali e mi sono posto una domanda ma, ad essere bugiardi che cosa ci si guadagna? Prima o poi il mentitore viene smascherato e il castello di falsità che ha creato rovinerà, rivoltandosi contro di lui. Anzi, non sarà creduto neppure quando dirà la verità. Secondo Seneca nella sua tragedia Ercole furente: “Un misfatto riuscito bene e fortunato viene definito azione virtuosa”. Ma allora quante menzogne vengono spesso contrabbandate per sacrosante e sdegnose verità, soprattutto quando sono ben confezionate!  Per quanto mi riguarda manterrò vigile il senso critico, per esercitare la verifica e non arrendermi all’opinione corrente senza alzare nessuna riserva preconfezionata.

Favria, 15.12.2012            Giorgio Cortese

 

Colendo, una parola da fuori moda come macaco e patamola

Ho trovato questo lemma nei Promessi Sposi, dove Renzo così dice:”Ma, padre Cristoforo, padron mio colendissimo, con queste sue massime, lei vorrebbe mandare il mondo sottosopra ..”. La parola colendo significa persona degna di  onore, di venerazione, di stima, deriva dal tardo latino “colendus”, gerundivo di “colere”, onorare, venerare.. questa parola fu molto usata fino alla metà del sec. 19°, oggi soltanto per scherzo,  nello stile epistolare il superlativo colendissimo, di solito nella grafia abbreviata col.mo, in espressioni come al colendissimo signore, illustrissimo signore e padron mio colendissimo, perché attualmente c’è penuria di persone degne di essere dei colendo ma ci sono solo tantissimi imbecilli, anzi degli imbelli. Già imbelle, termine che deriva da latino in bellum, inabile alla guerra, ovvero incapace privo di forza di volontà e di capacità intellettive, in piemontese macaco o patamòla. In piemontese si dice macaco, che prende il nome non dalla scimmia con coda assai breve o assente, corpo tozzo, pelliccia di color bruno-giallastro, ma dal latino maccus, imbecille a sua volta dall’etrusco   macio, che  era un  buffone,  l’odierno Pulcinella.   Patamòla , sinonimo anche di molaccione dal francese pàté molle e dal provenzale muello, pasta liquida.

Favria, 16.12.2012             Giorgio Cortese

 

Si fa presto a dire giacinto

Sabato pomeriggio il capozona Fidas c ha omaggiati come gruppo Fidas di un vasetto con un bulbo di giacinto. L'etimologia del termine, la radice giak in greco significa rosso cupo,  avvalora l'ipotesi secondo la quale in origine il giacinto era, probabilmente, di colore rosso, e allora bravo Ricci l’omaggio floreale è più che azzeccato con il colore del sangue!. Questo fiore è stato caro a molti poeti antichi, tra i quali Plinio, Virgilio e Teocrito, che spesso hanno citato il fiore nei propri versi. In Italia il bulbo del giacinto giunse per la prima volta alla fine del 1500 dall'Asia Occidentale. Preziosa è la sua essenza, con la quale, da sempre, si ricava un profumo delizioso e molto ricercato. I significati attribuiti al fiore sono diversi e variano a seconda della colorazione: per esempio il giacinto rosso è simbolo di dolore, quello blu di coerenza.  Anche il nome Giacinto, in greco antico Yàkinthos, che deriva dal fiore omonimo, è di etimologia incerta. La mitologia greca racconta diYàkinthos, figlio di Amicle re di Sparta, che per la sua bellezza fu grandemente amato dal dio Apollo e da Zefiro, il vento occidentale figlio di Eos. Apollo e Giacinto erano soliti giocare al lancio del disco sulle rive dell'Eurota, ma un giorno la gelosia di Zefiro fece deviare il disco lanciato dal dio che colpì mortalmente il giovinetto. Apollo, affranto dal dolore, trasformò l'amico amato nel fiore che porta il suo nome e dalla gocce del sangue cadute a terra nacquero petali purpurei. Ma nel  linguaggio simbolico il Giacinto simboleggia la Benevolenza, forse in memoria di quella dimostrata da Apollo verso Giacinto. Ma nel linguaggio dei fiori rappresenta anche  il gioco e il divertimento.

Favria,  16.12.2012    Giorgio Cortese