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 Per il  S. Natale  noci e  bagigi

La noce è un frutto di cui si hanno testimonianze antiche; pare che provenga dall'Asia e sia stata introdotta in Italia dai greci. La sua pianta è imponente e maestosa, e oltre che per i suoi pregiati frutti è una pianta molto apprezzata per la qualità del suo legno che è molto ricercato. Le sue foglie sono molto voluminose ed in primavera spuntano i fiori di color verde a cui faranno seguito i frutti delle noci, di forma ovale e ricoperte da una sorta di guscio verde compatto chiamato mallo. Il nome latino dell’albero del noce è Juglans, famiglia Juglandaceae. Già il nome Juglans, mi ricorda che è un termine latino coniato in onore di Giove, "Jovis glans" cioè la "ghianda di Giove" poiché presso gli antichi Romani il noce era l'albero consacrato al re degli dei. L'aggettivo "regia" che significa "regale" rivela che l'albero fu introdotto in Occidente dai re di Persia. Nella lingua italiana la noce viene utilizzata in diversi modi di dire come” mangiar le noci col mallo”, riferito ad una persona che dice male di un'altra ancora più maldicente. Ecco uno dei tanti modi di dire della nostra lingua poco conosciuto ma "molto" adoperato da tutti coloro che nel corso della loro vita ­ loro malgrado ­ hanno avuto a che fare con i "mangiatori di noci" che, in senso figurato, si dice di persone che sono sempre mal disposte e di animo cattivo nei confronti di tutti quelli che, al contrario, cercano di assecondarle in tutto e per tutto. "Mangia noci", insomma, colui che parla sempre male di tutti. La locuzione è chiaramente una metafora, le noci ­ è noto a tutti ­ fanno l'alito cattivo e di conseguenza anche le ... parole che escono dalla bocca di coloro che le hanno mangiate. Il modo di dire, quindi, fuor di metafora o di sarcasmo, significa "possedere un animo cattivo" e "sparlare di qualcuno".  Poi si sente anche dire, “avere le noci in bocca”, quando si parla in modo incomprensibile, come mi è capitato diversi tempo fa, questa persona pareva che avesse qualcosa  in bocca qualcosa che impediva di scandire le parole, come appunto le noci complete di guscio e gheriglio che pungono se si stringono troppo le mascelle, una variante è quella di “avere   le patate in bocca”. Quando poi le persone mancano di buon senso o di discernimento si dice:” comprare noci per castagne” e poi se si ritrova in pochi in un ampio spazio:”essere quattro noci in un sacco”.   Ma poi se siamo eccessivamente remissivi e sopportiamo qualsiasi sopruso senza reagire si dice”lasciar schiacciare le noci in casa propria”. Un'altra frutta secca che si mangia volentieri nel periodo del S. Natale è l’arachide, detta anche spagnoletta o nocciolina americana ma da me conosciuta come bagigio.Il termine bagigio  pare derivi dall’arabo "habb’aziz" col significato più o meno di pregevole "aziz" bacca "habb". Tuttavia il nome bagigi era all’inizio riferito solo al  Cyperus esculentus o zizzola di terra o mandorla di terra o babbagigi o o babbagigi,  cabbasisi, che sono stati sostituiti  sul mercato dalle arachidi le quali ne hanno assunto il nome.   Stessa origine ha il lemma in siciliano “cabbasisi2 la pianta viene chiamata cabbasisa, ma questo lemma ha anche il significato figurato di ‘testicoli’. Un’ultima curiosità l’arachide è originaria del Brasile, e già conosciute dagli indiani d’America molto prima dell’arrivo di Colombo, furono importate in Europa e in Africa orientale nel ‘500 dai Portoghesi e introdotte in Italia a fine ‘700 in piemontese si chiamano bagigia e raramente giaponèisa perché ritenuto che le sue origini fossero l’estremo oriente.

Favria , 18.12.2012  Giorgio Cortese

 

19 dicembre 1777 da Valley Forge  per plasmare dei buoni politici

Valley Forge è una località della Pennsylvania, Usa,   rimasta celebre per aver ospitato nell’iverno tra il  1777 e 1778, gli accampamenti dell’Esercito Continentale guidato da Gorge Washington.  I mesi invernali passati a Valley Forge furono tra i peggiori per le truppe continentali. Gli  uomini di Washington, circa undicimila, male equipaggiati ed attrezzati, dovettero far fronte ai rigori di un rigido inverno. Il gelo, la fame e le malattie quali il tifo e la difterite condussero a morte circa 2.000 soldati, e ne resero altrettanti incapaci di riprendere le armi. Ma in quel rigido e triste inverno le  truppe vennero sottoposte ad un duro addestramento in vista delle successive battaglie, l’addestramento   venne affidato all'ufficiale prussiano Friedrich Wilhelm von Steuben, che, che insegnò alle reclute inesperte di Washington i fondamenti della tattica e della strategia nell’arte della guerra. Oggi Valley Forge, viene visto idealmente il  luogo della sofferenza, dell'abnegazione e della preparazione alle successive vittorie dell'Esercito Continentale. E’ uno dei simboli  della guerra di indipendenza americana, fra i più cari e significativi per il patriottismo Usa.. Di conseguenza, sono molte le opere artistiche o culturali nelle quali sono presenti riferimenti ad esso.Pensate che forgia, che deriva dal francese forge, che sta per farge e corrisponde al vallone fòge, al provenzale e catalano farga, fa’urga, spagnolo forja, portoghese forja, fragola. Tutti questi lemmi sembrano però derivare dalla corruzzione del termine latino Fabricae, bottega del fabbro. Per puro caso la mia Comunità di adozione si chiamata Favria e deriva anche essa dalla parola Fabbricae.  Il fatto storico sopra esposto mi ricorda una virtù morale poco praticata oggigiorno il sapersi sacrificare per gli altri. Se nella vita sento  il peso di quel che faccio per gli altri, se   inizio a calcolare quanto dono e quanto ricevo allora devo iniziare a preoccuparmi perchè  l’egoismo ritorna ad affiorare nel mio animo ed è un prepotente indizio che il bene nel mio animo sta  regredendo. La caratteristica fondamentale del fare del bene è la gratuità, non si ammette l’interesse o il calcolo; non si attende ricompensa e neppure gratitudine, perché fare del bene, vuole  dire volere il loro bene.. La società contemporanea, che è decisamente più egoista, ci ha disabituato al gratuito puro, al dare senza richiedere in cambio, al sacrificio di sé per amore, è sempre attuale la massima evenagelica che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”.  Oggigiorno abbiamo un disperato bisogno di nuovi politici plasmati  per fare il bene comune e preparatai. In riferimento al toponimo forge, la parola mi ha fatto pensare che in piemontese forgé vuole dire lavorare alla forgia, la fucina del fabbro, oggi lo stampaggio a caldo, settore che nel Canavese era il fiore all’occhiello e che oggi soffre tantissimo per la crisi. Se allora G. Washington ha plasmato l’esercito che poi ha vinto gli inglesi, oggi abbiamo un disperato bisogno di persone per fare una buona e  costruttiva politica non degli inetti fenomi da baraccone ma delle persone capoaci e competenti. Se in questo periodo la politica italiana ha fallito, bisogna subito ripensare alle forme e luoghi dell’agire politico, con l’imperativo di ritesserne le fila subito, prima che sia troppo tardi. Partire dai valori fondanti della nostra società per costruire e non distruggere. Ritengo che studiare il passato sia sempre una esperienza che serve per il presente. Ma allora che cosa è è rimasto oggigiorno del nobile ideale greco della democrazia? Presso gli antichi greci l’agotà era il centro vitale della vita politica, era il luogo dove ci si confrontava e si duellava portando avanti le proprie idee. Era insomma lo spazio di discussione e formazione delle idee e dei cittadini. Moggi se riduciamo la moderna agora ad internet, un  contenitore impersonale primo di un dialogo diretto con i concittadini, un’assemblea senza astanti, un luogo dove tutti si nascondono dietro ad un personal computer siamo alla deriva della politica. Abbiamo oggi perso il sentiero della piazza centro di dialogo e il dialogo al centro della piazza, questa è la forza della buona politica. Se la realtà relazionale della piazza si svuota e si de-politicizza,  si gerenra  il fenomeno dell’antipolitica. Certo non è facile oggi ridefinire i confini della politicità umana ed entro quale spazio? Una nuova agora, una struttura partitica, un centro di formazione politica? La politica ha bisogno, per natura, di una dimensione reale aperta all’ascolto attivo e al discorso responsabile, pena la perdita stessa della sua identità dialettica e relazionale. .La decadenza dei partiti classici nella società odierna pone il problema di una ridefinizione delle moderne richieste politiche in termini di metodo, valori e capacità delle attuali classi dirigenti. Ogni aspetto della vita associata richiede una profonda comprensione della politica e delle dinamiche politiche, quali parti integranti del mio essere e del mio agire.

Favria, 19.12.2012                 Giorgio Cortese