Vurùmse bin e scrivùmse mai. Vogliamoci bene e non scriviamoci mai.

 Un grande esempio di umiltà.

Sotto la neve pane” sentenziava l’adagio popolare di una volta. L’ultima abbondante nevicata ha messo, ancora una volta,  allo   scoperto la fragilità della società complessa e contraddittoria in cui vivo. E’ bastata infatti una precipitazione nevosa più abbondante del solito, anche se prevista, a mandare in tilt metropoli e nazioni. Sotto la neve quindi una lezione di umiltà che ridimensiona quel delirio di onnipotenza di cui soffre sovente questa epoca, che si affida più alla tecnologia che all’umanità. Sotto la neve e la conseguente mancanza dell’erogazione di energia elettrica è un’occasione per distinguere l’essenziale dal superfluo, riconoscere tutte quelle dipendenze che la tecnologia mi ha imposto e delle quali potrei fare a meno. La nevica è ogni volra una grandissima lezione di educazione civica per riscoprire lo smarrito senso di responsabilità  in una comunità  in favore del bene comune. Sotto la neve quindi, insieme agli innegabili disagi, un ammonimento a riscoprire la bellezza semplice di un’umanità perduta. Ma pensate che ogni fiocco di neve  è costituito da piccoli cristalli di forma esagonale, simmetrica e bellissima, ma nessuno è simile all’altro.   In una nevicata, questi cristalli di acqua gelata sono innumerevoli come le stelle e gli astri dell’universo,   miliardi di miliardi. Eppure ognuno è diverso dall’altro, non è possibile trovarne due uguali. E’ quasi incredibile per il mio limitato cervello,  ma la cosa è assolutamente vera. La scienza di oggi non riesce a spiegarlo e ad inquadrarlo nelle conoscenze attuali.  Così un fiocco di neve mi da ogni volta una lezione di umiltà perché cade dall’alto verso il basso. Questa umiltà mi è stata ricordata   dal Santo Padre che con un gesto di portata storica ha deciso di ritirarsi dal ruolo rendendosi consapevole di non essere più in grado di ricoprielo fisicamente e psicologicamente. Il Santo Padre ha compiuto un grandissimo gesto di umiltà proprio nel giorno dedicato alla N.S. di Lourdes. Una decisione umana e una volontà che deve essere rispettata. Se adesso rileggo con attenzione un passaggio del  libro intervista "Luce del mondo", 2010 di Peter Seewald  i presupposti per la scelta del Papa di ritirasi ci sono. Appena ho sentito questo annuncio storico sono andato con il pensiero al  “gran rifiuto” di Celestino V, un'abdicazione al pontificato avvenuta oltre settecento anni fa. Un Papa che lascia il pontificato è infatti un evento raro nella storia della Chiesa. Il caso più famoso è appunto quello  quello di Pietro da Morrone, sacerdote, condusse vita eremitica. Diede vita all'Ordine dei Fratelli dello Spirito Santo, denominati poi "celestini", approvato da Urbano IV, e fondò vari eremi. Eletto papa quasi ottantenne, dopo due anni di conclave, il 5 luglio 1294, fu incoronato ad Aquila (oggi L'Aquila) il 29 agosto nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove è sepolto. Prese il nome di Celestino V e, uomo santo e pio, si trovò di fronte ad interessi politici ed economici e a ingerenze anche di Carlo d'Angiò. Accortosi delle manovre legate alla sua persona, dopo 4 mesi rinunziò alla carica, il 13 dicembre 1294, morendo poco dopo in isolamento coatto nel castello di Fumone. Giudicato severamente da Dante come 'colui che per viltade fece il gran rifiuto', oggi si parla di lui come di un uomo di straordinaria fede e forza d'animo, esempio di umiltà e di buon senso. Il secondo caso che la storia ricorda è quello di Gregorio XII, papa dal Papa dal 19 dicembre 1406 al 4 luglio 1415. Veneziano, una volta eletto si impegnò a porre fine al "grande scisma" fra i pontefici di Roma e quelli di Avignone. Ma ogni tentativo risultò vano. Solo il concilio di Costanza (1414-1417) vi riuscì. Gregorio XII rinunciò al pontificato e si ritirò a Recanati. Nel 1417, dopo la sua morte, il suo successore lo nominò Pontefice Emerito di Roma. In conclusione nella mia povertà di idee posso solo dire lasciamo attaccare la neve. L'umiltà costituisce un vero patrimonio nella mutevole fortuna del tempo.

Favria, 12.02.2013                 Giorgio Cortese

 

Per alcuni il vizio è la virtù che ha perso la pazienza. Purtroppo  tutti  i vizi, quando sono di moda, passano per virtù. E oggi   molti di loro fanno tendenza. Io penso che i nostri vizi più grandi prendano la loro piega fin dalla nostra più tenera infanzia.