Nella nostra Patria essere innocenti è molto pericoloso! Non si hanno alibi.

13 febbraio Italia –Francia e non sono le sei nazioni!

Si perche siamo nel  1503, e le truppe francesi assediavano la città di Barletta, difesa dagli spagnoli e da un contingente d'italiani. Gli italiani vennero accusati dai francesi,  e precisamente da un ufficiale francese: Guy de La Motte,  di essere codardi; da qui la disfida poiché  italiani e francesi si sfidarono in campo aperto, gli italiani chiesero soddisfazione per l'offesa ricevuta. Capitano per i tredici italiani era Ettore Fieramosca che guido la squadra in meta disarcionando i  galletti francesi o costringendoli ad uscire dal perimetro di gioco gli avversari. Le perdite italiane furono solo due, insomma un netto 13 a 2 vittoria e   W L'Italia! In sintesi la formazione vincente: Ettore Fieramosca; Ettore Giovenale; Fanfulla da Lodi; Francesco Salomone; Giovanni Brancaleone; Giovanni Capoccio; Guglielmo Albamonte; Ludovico Abenevole; Marco Corollario; Mariano da Sarno; Miale da Troia; Riccio da Parma; Romanello da Forlì per l’Italia. Riflessione personale: gli italiani, rappresentanti di un paese diviso ed invaso, avevano vinto.I francesi, con il loro paese che si stava avviando a diventare un moderno stato nazionale, avevano, senza scampo, perso, era solo allora un episodio, ma la  sua importanza storica deve ovviamente andare al di là del puro fatto cavalleresco, dovendosi piuttosto mettere in luce una delle prime occasioni in cui un sentimento d'unità nazionale, di popolo, vide la luce. Se pure vi furono, a decine, altri sanguinosi scontri tra francesi e spagnoli ed altrettanti trattati di spartizione del territorio italiano, stava nascendo, inesorabilmente, l'idea di un paese, l'Italia, unito. Passeranno secoli, ma nel frattempo un'altro simbolo era stato prodotto.

Favria,  13 febbraio  2013     Giorgio Cortese

 

Via al gat bala al rat , via il gatto i topi ballano!

 

La  tentacolare colla del potere

Oggigiorno la  democrazia è in crisi non solo perché sono in crisi le for­me tradizionali di rappresentanza, ma anche e soprattutto perché il potere, seppure orizzontalmente di­stribuito, è tuttavia gestito da cerchie ristrette, e si concentra,  specie quello economico,  in poche persone. A questo potrei aggiungere che nella nostra Patria la democrazia viene utilizzata,  purtroppo e frequentemente pensando agli  esseri umani solo come mezzi da utilizzare per il potere personale dei satrapi locali. Questi personaggi, sempre attaccati alla poltrona sono dotati di una dose massiccia di colla, e si  presentano ogni volta con un volto rassicurante. Il volto rassicurante gli  per­mette di arrogarsi il diritto di perpe­trare qualsiasi nefandezza, e nessuno può fermarli, anzi essi di volta in colta si pongono alla guida di una guerra senza quartiere per rea­lizzare un regime migliore, che poi è tale solo per il fatto di “ripetere” se stesso.  Ascoltando le ultime battute di questa campagna elettorale, ho notato che con l’avversario non si discute, questo non è semplicemente un nemico di guerra, l’hostis, ma è l’ inimicus, il nemico da odiare, il male assoluto! Questo modo di fare era tipico del preesistente regime totalitario, ma noi nel Bel Paese dopo più di 68 anni non abbiamo ancora perso questo vizio. Nella nostra Nazione chi possiede il potere, più che considerarlo un servizio, lo ritiene un privilegio, è questa l’amaro modo di pensare della maggioranza dei politici ed amministratori. Tramite esso, i politici-amministratori da stipendificio cercano di avvantaggiarsi sugli altri ed è per questo che è lento il ricambio delle classe dirigente ad ogni livello, ed anzi  tendono a strenua­mente a difendere lo status quo. Ma questa immorale regola non vale solo per l’e­sercizio del potere politico, ma per la ge­stione di qualsiasi tipo di potere. Ogni potere ha la tendenza a mantenersi e, per imporsi, a intimorire. Se un nuovo gruppo cerca di entrare nei palazzi si demonizza e  l’autorità del potere diviene prepotente e perfino spietata, presentandosi sempre con il volto benevolo, ma sono solo dei sepolcri imbiancati. Come si vede questi personaggi sono incollati alle sedie del potere, già il lemma colla che deriva francese colle che a sua volta deriva dal greco kòlla, glutine. Materia viscosa e tenace di varie specie, che serve ad attaccare una cosa ad un ‘altra. Parole derivate colloso, collirio, incollare, protocollo, scollare. Probabilmente hanno sviluppato una colla ancora più tenace di quella che si conosce capace di resistere dei carichi paria 70 newton, circa 7 kg per millimetro quadrato contro i normali 35 N/mm2 delle migliori colle in commercio. Per curiosità, pare che questa colla derivi dalla secrezione del batterio acquatico  Cauolobacter crescentus, che in natura la produce per attaccarsi a rocce e pareti e allora perché molti politici ed amministratori non potrebbero produrre il “parassito”. Intendo come “parassito” il lemma originario attestato già dal  grammatico  Ateneo,  234-236, questo etimo significava allora, “mangio insieme con, sono commensale di", successivamente con Luciano nel “De parasito”, ha assunto l’uso spregiativo attuale, ovvero l’arte della bassa adulazione che utilizzano sempre i vari boiari   politici ad ogni livello. Queste persone, infatti, per mantenere il potere e difenderlo sono degli  adulatori con un innata abilità nel leggere i desideri minimi dei loro elettori. Ti dicono proprio quello che tu pensi. Ma la piaggeria, la prostrazione e la cortigianeria fino alla falsità e all'impudenza sono una malattia che infetta i rapporti sociali e non di rado anche l’attuale democrazia. Ritengo che sia sempre necessario conservare dignità e sincerità, anche se qualche volta può costare in successo e popolarità ma alla lunga genera autorevolezza e rispetto. Per fermare questa deriva, ritengo che sia necessario da subito adottare delle condotte alternative, anche con scelte unilaterali. In breve, contro la violenza e la prepotenza bisogna far sbocciare la “generosità”, che, come insegna Spinoza, “è la cupidità con cui ciascu­no si sforza per il solo dettame della ragione di aiutare gli altri uomini e di riunirli in amicizia”. La generosità è una passio­ne al pari dell’odio che è cupiditas,  ma la generosità non è una “passio­ne triste”, al contrario è attiva  e allontana le passioni mal­vagie e respinge le offese. Certo puù sembrare che all’inizio non prevalga e pertanto, al di là delle sconfitte, alla lunga vince e questo si è già visto nella storia passata e dovrebbe funzionare anche con i politici che cercano con ogni mezzo di stare incollati alla sedia

Favria,  14.02.2013           Giorgio Cortese