Fay toun camin badaou que loura passa
Cibèca, di etimo incerto, persona sciocca. Con che bravura
di voce eroica ogni cibeca. domanda cavalli e fanti. Aretino
La morbosa passione verso il denaro e le ricchezze e le
cadreghe!
Sin dallantichità la parola avarizia indicava la brama
eccessiva di ricchezza e lattaccamento esagerato al denaro. La figura dellavaro,
in latino avarum ha la stessa etimologia di avidus, è sempre stata argomento di
grande interesse di scrittori e poeti, diventando oggetto di scherno e di satira. Nella
commedia di Tito Maccio Plauto Aulularia, chiamata anche la Commedia della Pentola o
La Pentola d'oro, è significativa sullavarizia, pensate che la fama di questa
commedia era così vivida che Mòliere si ispirò ad essa per la sua commedia
lAvaro. La commedia di Plauto inizia con un prologo, un breve riassunto della
storia argumentum. Questo prologo era un acrostico attraverso il quale nella
versione latina si legge il titolo della commedia AVLVLARIA, poiché nel
latino classico non esisteva la lettera U, ma la V che
poteva essere letta come U: Non fate meraviglie: in due
parole vi dirò chi sono. Sono il Lare domestico di quella casa, da cui m'avete visto
uscire. Già da molti anni l'abito e la guardo per l'avo e per il padre di quello che ora la
possiede. Il nonno in gran segreto e con grandi preghiere un bel gruzzolo d'oro m'affidò
seppellendolo in mezzo al focolare e pregando che ben lo custodissi.La trama è
abbastanza semplice, Euclione, un vecchio taccagno, eredita una pentola piena di monete e
vive nel costante terrore che gli venga sottratta. Eunomia consiglia al fratello Megadoro,
vicino di casa di Euclione, di trovare moglie. Così Megadoro decide di sposare Fedria,
figlia di Euclione, e va da questo per chiedergli la mano della figlia. I due si accordano
di celebrare il matrimonio il giorno stesso; Euclione pensa che Congrione, il cuoco
chiamato per cucinare il banchetto nuziale, sia un ladro sentendolo più volte pronunciare
la parola "pentola" e lo malmena, ma poi si rende conto della paranoia e lo
lascia continuare a cucinare. Per sicurezza però Euclione decide di spostare la pentola
d'oro nel tempio della fede.Il servo di Liconide, nipote di Megadoro innamorato di
Fedria,vede Euclione nascondere la pentola e fa per prenderla, ma il vecchio avaro decide
di rispostarla nel bosco Silvano e il servo avendolo seguito fin lì ruba la pentola e la
nasconde in casa di Megadoro. Il servo allora cerca di comprarsi la libertà offrendo la
pentola a Liconide che però rifiuta e portando la pentola a Euclione chiede la mano di
Fedria. Scriveva N. Macchiavelli che Avaro in nostra lingua è ancora colui
che per rapina desidera di avere, misero chiamiamo noi quello che si astiene troppo
di usare il suo". Lavaro di Plauto si chiama Euclione. E gretto, avido,
sospettoso, nevrotico, e ha nascosto una pentola piena doro in un luogo segreto su
cui ossessivamente vigila, inquieto ed alienato da ogni altro interesse, fino a creare
egli stesso le premesse del furto tanto temuto. Già gli avari che Dante li colloca nel
quarto cerchio dellInferno in quanto hanno il vizio di accumulare ricchezza,
che accumulano per il piacere del possesso, dopo i lussuriosi e i golosi. Oggigiorno,
purtroppo siamo circondati da avidi, che quasi mai ci fanno sorridere. Politici, candidati
in cerca della cadrega per le prossime elezioni politiche, personaggi famosi o gente
comune, sono sempre più desiderosi di ricchezze, ma come dice Proust: "Il denaro
è lo zero che moltiplica un valore", non vale niente.Questi personaggi si
scrivono con tre lettere Fur, ladro!, in piemontese rende benissimo il termine
cit che significa piccolo e gretto di cervello! Non vale la pena di dedicare i
propri giorni ad accumulare solo per accumulare capitali e non godersi le gioie semplici
della vita. Perché molte volte non sono gli eventi a portare la felicità ma la felicità
a portare eventi positivi. A volte cerchiamo la felicità in cose assurde e rincorrendone
alcune categoricamente impossibili... poi fermandoci un attimo scoraggiati. Ecco che
allora ci accorgiamo che è vicinissima, basta cercarla dentro noi e nelle piccole
cose che abbiamo.
Favria, 20.02.2013
Giorgio
Cortese
Ritengo che molte volte si dice diplomazia ma non è altro che la
fine arte nel permettere a qualcuno di agire come si vorrebbe
Zero!
Cè un numero che viene bistrattato ed è lo zero. Zero
significa a anche niente o nullo. Se la differenza tra il numero di oggetti in due
insiemi è zero, significa che i due insiemi contengono lo stesso numero di oggetti. Zero
va però distinto da "assenza di valore" poiché si tratta di due concetti
diversi: ad esempio se la temperatura è zero, l'acqua ghiaccia, nel caso della
gradazione Celsius della temperatura, se manca il dato della temperatura, assenza
del valore, nulla si può dire. Ma parlando terra a terra ritengo che lo zero sia il
numero preferito dagli italiani, lo zero è: un numero intero, ma si può trovare
anche parzialmente scremato o a lunga conservazione; un numero cardinale, anche se non ha
mai preso i voti; un numero pari, nonostante le proteste dei dispari; non è né positivo
né negativo, non prende posizione politica ma prende la vita con ostentata indifferenza,
disinteresse, ed infine è un numero intero relativo e reale, ma non razionale perché,
come tutti sanno, non può stare al denominatore, pena la bocciatura in matematica!
Ma luso dello zero come numero in sé è un'introduzione relativamente
recente della matematica, che si deve ai matematici indiani, anche se gli antichi popoli
mesoamericani arrivarono al concetto di zero indipendentemente. Un primo studio dello
zero, dovuto a Brahmagupta, risale al 628. da noi è arrivato attraverso gli arabi
durante il Medioevo. Gli arabi chiamavano lo zero sifr , questo termine significa
"vuoto", ma nelle traduzioni latine veniva indicato con zephirum , in quanto
aveva un suono simile, cioè zefiro, figura della mitologia greca, personificazione del
vento di ponente. Anche il lemma cifra deriva sempre dalla parola araba sifr. Come
si vede anche se oggi imperversa la filosofia del nichilismo, oppressi dal nichil,
dal niente. Anche se l'economia è fondata sul niente: zero interessi, tasso zero, zero
soldi sul conto corrente. Come si è letto lo zero, per il nostro pregiudizio è il
simbolo anti Tutto per eccellenza, anche se lo zero ha una storia affascinante, ricca di
Tutto della nostra umanità dellessere e del fare.
Favria 21.02.2013
Giorgio
Cortese