Le elezioni sono vinte da uomini e donne principalmente perché la maggior parte della gente vota contro qualcuno piuttosto che per qualcuno. Domenica votiamo usando il cervello e non ascoltando la pancia!

 Siamo arrivati finalmente all’epilogo.

Aspettiamo finalmente la parte politica che vince e con chi potrà governare. Basta allora con i sondaggi, questo inutile tentativo di gettare il cuore oltre la realtà,  divenuto più che la mania, l’ossessione del nostro tempo, sia nel patrio suolo che in ogni parte del globo. Se da una parte è comprensibile in epoca di incertezze politiche e economiche, ricorrendo a questi metodi pseudoscientifici, nella speranza di cogliere segnali che, anticipano il futuro, gli alchimisti della sociologia instancabilmente tentano di pesare, prima dell’apertura delle urne il gradimento dei maggiori leaders e dei partiti per anticipare i cicli economici. Con questa tendenza gli istituti di previsione fioriscono come funghi. Comune caratteristica, soddisfare il diffuso desiderio di “andare oltre” il presente. Una fuga in avanti che non arretra nemmeno di fronte all’evidenza, ai macroscopici errori. Clamoroso: nessuno, nel 2008, aveva intercettato la più drammatica crisi finanziaria del Dopoguerra dalla quale, faticosamente, tentiamo di riprenderci. A bubbone esploso, ecco apparire magicamente i sondaggisti spiegare che il ciclone si sarebbe arrestato nel perimetro fra banche e borse, mercato immobiliare, risparmiando la vita quotidiana, lavoro e consumi.   Tutto smentito! Restando nella galassia dell’economia. Nessun segnale d’allarme per le nubi che s’addensavano sul Golfo Persico,  il crac di Dubai, meno che meno per la tragica situazione che andava maturando in Grecia, membro di Eurozona, sull’orlo del fallimento. Per quali ragioni i sondaggisti che si muovono a braccetto con le agenzie di rating,  quelle che danno “pagelle” alle istituzioni oggi sotto accusa, specie in Usa, non hanno visto o voluto vedere? Fenomeni analoghi in politica: quasi ogni governo, dispone di esperti che con puntualità annunciano il “livello di alto o basso gradimento” Ma la politica economica deve ancorarsi a informazioni quantitative da tutti ritenute affidabili, più che a sondaggi, spesso espressione di un’opinione pubblica largamente disinformata. Quindi se proprio mi devo affidare ai numeri meglio la statistica che scuote le persone dall’ignoranza,  ed evita che mi balocchi in numeri farlocchi per restare con  i piedi ben saldi per terra. Perché oggi il  maggior pericolo non è tanto la tendenza della massa a comprimere la persona, ma la tendenza della persona a precipitarsi ad annegare nella massa. Se è vero che la massa schiaccia e talora annulla la persona, è ancor più vero che sotto quello schiacciasassi molti si distendono quietamente aspettando di essere “asfaltatii” da ogni loro identità o, per stare ad un immagini forte, sono vogliosi di entrare nella fiumana per annegare. L’avere una convinzione propria e tenerla ben eretta come una fiaccola sopra la marea delle teste “omogeneizzate” è un impegno serio e severo. La folla anonima può persino essere un orizzonte sicuro in cui riparare, dissolvendo in essa non solo le proprie paure, ma anche l’identità e la coerenza. La massa o la grigia collettività non è mai da scambiare con la comunità viva in cui le diversità creano armonia nell’unità. Ma il  nostro è davvero un Paese singolare con  decenni trapassati da scioperi a oltranza, di proteste e silenzi repentini, di grida nei riguardi dei deboli, di lamenti deboli rivolti ai forti. Eppure mai come in questo momento di grandi sfide al cambiamento, c’è strisciante, il bisogno di sostenere la propria corporazione, di far valere le proprie idee, per prevalere in qualche modo… senza fare troppo caso alle ginocchia piegate di chi è in difficoltà, ma è portatore di un’esigenza di giustizia e di equità che disconosce calcolo e privilegio. Così qualcuno rivendica che stava meglio con il governo di centrodestra, con meno tasse, con promesse fantasmagoriche,  e non manca chi si morde le dita. Insomma orientamenti politici diversi e talvolta distanti, che convergono verso lo stesso principio: il reddito pro-capite è ciò che più conta; il reddito pro-capite si candida a sostanza della democrazia. Persone diverse con lo stesso carico di ansia, per questo presente che è storia, storia recente in una pensione che si allontana, a dispetto del fisco che sembra non smettere mai di barare, di un signoraggio che non dismette i panni del conquistatore di un futuro che non c’è, non riesce ad affiorare, perché stritolato dai cingoli ben oliati da un debito pubblico mastodontico, che non fa prigionieri. Difficile, allora, comprendere l’era di "globalizzazione" che ha sostituito la tecnologia alla morale civile, nella quale tutto appare manipolabile, ed è perciò fonte di insicurezza e provvisorietà. In questo clima in cui tutti arranchiamo, ci avviamo all’esito del voto dove abbiamo ascoltato i vari candidati farsi paladini del tutto e del nulla ma dove l’efficacia e efficienza mi sembra un   obiettivo sempre di più virtuale. Ho la sgradevole sensazione di essere al cinema ma, il  film in programmazione sembra abbandonato anche dal macchinista che si sottrae al compito di associare alle immagini le parole della verità, quelle parole ostinate che danno a tutti noi la speranza di un futuro migliore di un’Italia giusta.

Favria, 24.02.2013     Giorgio Cortese    .

 

Ulysses di Alfred Tennyson

Anche se molto è stato preso, molto aspetta; e anche se Noi non siamo ora quella forza che in giorni antichi mosse terra e cieli, ciò che siamo, siamo; Un’eguale indole di eroici cuori, fiaccati dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di i combattere, cercare, trovare, e di non cedere.

Ma vale la pena, comunque, di leggerla tutta!.

 

Sempre uguale!

Qualche millennio fa, tra il 469 e il 399 a.c, Socrate, , filosofo Ateniese faceva queste considerazioni sui Politici: “… Mi recai infatti presso uno di quelli che passavano per sapienti, sicuro di smentire l’oracolo e dimostrare così che quello era più sapiente di me. Esaminai per tanto a fondo il mio personaggio (è inutile che ve ne dica il nome: era un uomo politico) ed ecco l’impressione che ne ricavai: mi parve che quest’uomo apparisse sapiente a molti, e soprattutto a se stesso, ma che in realtà non lo era affatto; e cercai anche di dimostrarglielo. Naturalmente venni in odio a lui e a molti altri che erano con lui presenti. Mentre mi allontanavo pensavo così fra me: “Sono io più sapiente di costui giacché nessuno di noi due sa nulla di buono; ma costui crede di sapere mentre non sa; io almeno non so, ma non credo di sapere. Ed è proprio per questa piccola differenza che io sembro di essere più sapiente, perché non credo di sapere quello che non so ….” Adesso come allora la classe dirigente non è quasi mai acculturata, ma conosce molte bene  l’arte della retorica utile a trascinare le masse che la sostengono e contrastarla su questo stesso piano, non sempre porta ai risultati voluti perché l’uomo medio, odia vedere riflessa nello specchio la sua stessa ignoranza..

Favria, 25.02.2013    Giorgio Cortese