Quando a proposito di unidea, si dice che si è daccordo
sul principio, significa che non si ha la minima intenzione di realizzarla!
In riferimento ai risultati elettorali!
Il cielo stellato per la sua ampiezza, gli oceani per la loro
profondità, ed il pensiero degli elettori sono inesplorabili.
Il Pd vince ma non convince. Il Pdl tiene ma non
trattiene. Il movimento 5stelle i voto muove, scintilla ma non ancora brilla. E tutto il
resto è
solo noia!
Crudel Joibe Grasse, 27 febbraio 1511
Crudele giovedì grasso, fu una insurrezione contadina scoppiata
nel 1511 in Friuli. Ritengo giusto ricordare quella che mi pare la rivolta popolare più
vasta e tragica del Rinascimento italiano. Le violenze del Giovedì Grasso del 1511
che dalla città di Udine si estesero a tutto il Friuli con massacri, stupri e saccheggi
ai danni della nobiltà locale. Lantefatto è da collegare che dopo appena cento
anni dall'occupazione veneziana, il governo dei Doge non aveva mai considerato il
domino su questa zona importante dal punto dio vista economico ma solo strategico per
tenere quanto più distanti da Venezia le armate turche e imperiali. Questo
atteggiamento si rifletteva anche nelle scelte politiche della dominante, caratterizzate
dalla mancanza di provvedimenti atti a migliorare la condizione della popolazione,
principalmente rurale, sul piano sociale ed economico. Nel frattempo in Friuli il
malcontento dilagava fra la popolazione, causato dai pesanti privilegi esercitati da clero
e nobiltà. Ma a peggiorare la situazione le famiglie nobili erano poi in costante
guerra fra loro, il che causava un aumento delle tasse, devastazione del territorio e
l'obbligo di prestare servizio militare per il proprio signore. In questo clima cera
ad Udine lo scontro tra le famiglie nobili dei Savorgnan, filoveneziani, che
cavalcavano il malcontento inasprendo il conflitto sociale, allo scopo di approfittare
della situazione per trarne vantaggi personali. La loro politica era basata su un sistema
clienterale che li legava direttamente alla popolazione. Questo sistema di protezione era
mirato a creare un vero e proprio clan, i cui appartenenti presero il nome di
"zamberlani", che si riconoscevano nella figura carismatica di Antonio
Savorgnan, talmente vicino ai dominatori veneti da essere nominato comandante generale
delle cernide, le milizie armate contadine, che venivano richiamate in caso di guerra. A
questa fazione si opponeva il partito degli "strumieri" cui aderì gran parte
dell'antica nobiltà friulana che mal sopportava i tentativi della a Serenissima, e alla
loro testa cerano i membri della famiglia della Torre. Gli strumieri, avevano
inoltre l'appoggio Asburgico in chiave antiveneziana. Il giorno del giovedì grasso,
scritto nel titolo in friulano, Antonio Savorgnan inscenò in finto un attacco imperiale a
Udine, chiamando a raccolta la popolazione per la difesa della città. Nel mezzo del caos
creato dal mancato attacco, i fedeli al partito dei dei Savorgnan aizzarono la popolazione
in armi al saccheggio delle dimore cittadine dei della Torre cui seguirono, sull'onda
della brama di bottino, quelle di tutta la nobiltà udinese. Molti membri delle famiglie
della Torre, Colloredo, della Frattina, Soldonieri, Gorgo, Bertolini e altre furono
trucidati, i loro cadaveri furono spogliati e abbandonati per le vie del centro, se non
lasciati come pasto ai cani o trascinati nel fango e poi gettati in prossimità dei
cimiteri. I rivoltosi indossarono poi gli abiti dei nobili inscenando una macabra
mascherata e imitando i modi degli originari possessori incarnando di fatto lo spirito di
inversione delle parti tipico del carnevale. I nobili che riuscirono a
fuggire si ritirarono nei loro castelli o, al di là del Tagliamento, nel Friuli
Occidentale. A questo punto si era concluso il piano di Antonio Savorgnan che, rimasto
ufficialmente estraneo alle sommosse, aveva di fatto eliminato fisicamente gran parte dei
nobili suoi avversari politici. Nel tentativo di evitare eventuali tradimenti fece
assassinare due suoi uomini d'arme a conoscenza delle sue implicazioni e ne fece gettare i
cadaveri, assieme a quello di una terza testimone, nel pozzo di San Giovanni. Solo dopo
alcuni giorni arrivò in città un contingente armato proveniente da Gradisca che riuscì
a riportare l'ordine pubblico, ma non a interrompere la baldoria carnevalesca incentrata
sullo scherno nei confronti dei nobili assassinati. Nel frattempo la scia di violenze si
diffuse a macchia dolio ai territori limitrofi di Udine e pian piano a tutta la
regione. Gli abitanti dei villaggi, per lo più contadini, armati come per andare in
battaglia assediarono i castelli abitati dalla nobiltà. Vennero distrutti i
castelli e saccheggiate le dimore nobiliari anche degli stessi domini dei Savorgnan.
Le truppe degli 'strumieri' si riorganizzarono presso il castello di Giulio di Porcia,
ottenendo il supporto degli uomini della Serenissima e lo scontro decisivo avvenne presso
il fiume Cellina, dove la cavalleria, circa 70 cavalieri, e il miglior addestramento degli
'strumieri' ebbero la meglio, causando la rotta dei nemici. Quale monito, Giulio fece
impiccare uno dei capi della rivolta presso il castello di Zoppola, obbligando i
prigionieri ad assistere alla scena. Il 26 marzo dello stesso anno, un violento terremoto
devastò Udine e l'intera regione causando diverse migliaia di vittime. In seguito gli
stessi territori furono flagellati dalla peste: questi eventi tragici vennero interpretati
dai contemporanei come il segno tangibile del giudizio divino. Il governo di Venezia
istituì un tribunale speciale che condannò a morte i maggiori esponenti della rivolta,
senza però colpire il vero artefice, Antonio Savorgnan il quale, visto l'esito
complessivamente negativo, decise paradossalmente di riparare tra le file degli imperiali
che tanto aveva osteggiato, a Villaco, in territorio austriaco. La vendetta però
non tardò ad arrivare poiché una congiura di strumieri organizzò il suo assassinio che
avvenne il 27 marzo 1512 all'uscita del duomo di Villaco per mano dei nobili di
Spilimbergo e di Colloredo. Il governo di Venezia confiscò i suoi beni nel 1549 e
distrusse il palazzo Savorgnan di Udine lasciando i ruderi come monito in quella che venne
poi chiamata place de ruvine, ovvero "piazza della rovina" in lingua friulana,
attuale piazza Venerio. La rivolta del 1511 rappresenta dunque lepisodio culminante,
ma non conclusivo, di un conflitto sociale e politico che ha radici lontane. I
rappresentanti delle comunità rurali friulane riescono a tessere una rete che cerca di
condizionare il loro appoggio a Venezia sulla base del rispetto dei propri diritti e degli
usi tradizionali. È proprio questa capacità politica che porterà Venezia a
riconoscere il diritto ad una rappresentanza permanente delle comunità rurali friulane,
che diversi anni più tardi verrà istituzionalizzata con il nome di Contadinanza.
Questa rivolta ci deve fare riflettere che se i cittadini non si sentono
rappresentati sono facile prede dei sobillatori di turno e si sa che la storia si ripete. La
nostra Patria ha il disperato bisogno di andare avanti, e perciò ha bisogno di unità,
tra i Palazzi e cittadini semplici e nel mondo stesso della politica. Questo nostra amata
Patria ha bisogno di onestà, prima di tutto con se stessa, con il presente che viviamo e
verso il futuro che dobbiamo meritarci. Le priorità sono evidenti a tutti, sono il lavoro
da preservare e da creare, il sistema produttivo italiano da difendere, il credito da
riattivare, tutta la scuola e tutta luniversità da sostenere come essenziali fabbriche
di domani, un immenso patrimonio culturale e ambientale da rispettare, interpretare
e offrire e la famiglia finalmente da valorizzare.
Favria, 27.02.2013
Giorgio
Cortese
Molte volte vorrei essere come un foglio bianco simile alla
neve. Sono stato creato puro e vorrei essere così per sempre. Preferirei essere
bruciato e finire in cenere che essere preda delle tenebre e venir toccato da ciò che è
impuro