Conosco delle persone che si ostinano a volgere lo sguardo al loro passato, ma poverini non rendono conto che così non meritano di avere un futuro davanti a loro.

 Evviva la  Primavera.

Già la parola Primavera tradisce l’origine latina, che deriva a sua volta da una radice indoeuropea col senso di ardente, splendente. L'etimologia non è difficile da intuire: “prima volta”. Primis e ver, nel significato di  “volta”, viene dal ceppo slavo, riconoscibile nel veneziano “verta” inteso quale “volta”. Dallo slavo si risale al sanscrito, in cui si ritrova la radice, vas, “ardere” o “splendere”. Da cui viene a sua volta la dea latina Vesta, dea del focolare domestico, sorella di Giove e splendidamente rappresentata dalle Vestali le quali, ogni primo di marzo, riaccendevano il Fuoco Sacro di cui erano perenni custodi. Così la Primavera diviene simbolo di una “prima rinascita” che avviene ogni anno, quando la neve che tutto copre si scioglie, le giornate si fanno tiepide e nei cieli freddi spazzati dal vento si fa spazio un caldo sole. La terra grassa al risveglio dal letargo inizia a fremere di margherite e si prepara a sollevare un manto smeraldino. E noi esseri umani incominciamo a uscire e riscopriamo l'epidermico piacere del fuggire l'ombra. Il simbolo indiscusso di questa stagione sono i fiori che sbocciano. Ma cos’è un fiore? Un fiore è per definizione, per l’appunto, “ciò che sboccia”. La parola viene dal latino, flos, ma la sua origine risale alle lingue indoeuropee, pare che provenga dalla radice fla, “sbocciare” o “traboccare”. Altra supposizione vuole venga invece dal greco phlox, “fiamma”, intesa come fuoco nascente e quindi nel significato positivo che mi riporta alla  Primavera. In questa stagione assisto sempre con piacevole stupore al fiorire di ranuncoli, tulipani, peschi in fiore,  e giacinti. Giacinto, lemma che deriva dal greco giak, “rosso scuro”, e ínthos, qui “pianta” , era nella mitologia greca, il giovinetto di cui Apollo s’innamorò, e che per maledizione del padre degli Dei Apollo stesso uccise senza volerlo. Il sangue di Giacinto fece sbocciare il rosso fiore che ora ne prende il nome, e  i narcisi, che derivano dal lemma greco nàrkê, “sopore, stupore” ,  anche qui c’è il mitico Narciso che morì annegato  pur di ricongiungersi con il proprio riflesso. Come si vede ci sono   ovunque profumi che risvegliano i sensi. Profumo, lemma di origine latina, costituito da pro, “innanzi” e fùmus, e quindi “vapore che si espande”. Fumo ha, nella proprio etimo indoeuropeo con la radice dhû che significa difatti “agitare” o “eccitare”, e da li le fumigazioni. Più avanti rosse e lucenti, succose e dolci, le ciliegie sono immancabili in questo quadro allegorico. Eppure il nome dell’albero da cui provengono questi frutti ha etimologia coriacea: cèrasus, dal latino, che rifacendosi a una parola greca significa “esser duro”. Non si può dire con certezza se questa descrizione si riferisca alla qualità del legno, o se piuttosto la parola venga da Cérasunte, città del Ponto, da cui la pianta venne importata.  Infine di origine pagana  è il festeggiamento dell’equinozio,  æquus, uguale, e nox, notte, perché allo scadere del 21 marzo, e fino al 21 settembre, il giorno dura quanto la notte.  Ecco ho parlato della Primavera, questa magnifica stagione. Ma cos’è una stagione? Etimologia incerta, oscillante tra due parole latine: statiónem , “atto di stare”, quale “fermata” e satiónem, “atto di seminare”. Dalla seconda proviene seison, attuale saison in francese, in piemontese stagion. Da questa radice sembra provenire anche la versione inglese, season. Seguendo questa strada, il termine “stagione” potrebbe aver avuto in origine il senso di “periodo dell’anno, in cui seminare”, ancora rintracciabile nel modo di dire: “I frutti della prossima stagione”. Evviva la Primavera messaggera di freschezza e di energia della natura.

Favria, 21.03.2013                  Giorgio Cortese

 

La coscienza di una pianta.

Se una pianta avesse una coscienza, nel cuore dell'inverno il suo pensiero non sarebbe rivolto all'estate che è ormai passat0, ma  alla primavera che oggi arriva. La pianta non pensa più ai giorni ormai trascorsi, ma a quelli che verranno. Se le semplici piante hanno atteso con speranza che la primavera arriva, ma allora come piccolo bipede non posso credere che con costante impegno non posso essere capace di  raggiungere e ottenere tutto ciò che desidero!

Favria                             Giorgio Cortese