Se il denaro crescesse sugli alberi a me capiterebbe sicuramente  un bonsai!

 Si fa presto dire asfalto!

Ogni giorno a piedi, in bicicletta o molto spesso in auto percorro chilometri di strade asfaltate. Molto ben tenuto e su alte per carità di patria stendo un pietoso velo. Ma le strade  muovono le storie delle persone, sono l’elemento che collega il mio ambiente quotidiano, portano con sé le tracce della moltitudine che vi scorre sopra. La strada è da sempre luogo di creazione poetica, spazio scenico della rappresentazione e dell’espressione: il teatro, la pittura nelle sue diverse forme, la poesia, la fotografia, il cinema sono passate e passano dalla strada. Le strade sono asfaltate, questo lemma asfalto  deriva dal latino tardo asphaltum, dal greco ásphaltos,  vacillare, cadere, voce di origine semitica.  Probabilmente bitume di Giudea, che era una materia combustibile simile alla pece. Ma se avete voglia di sorridere in questi tempi nefasti, si sa che sorridere aiuta e da speranza esiste anche una etimologia falsa che fa derivare questo lemma dal nome del ricco possidente bavarese Leopold von Asphalt (1802-80) che inventò questo sistema per pavimentare le strade. Assodato allora che l’asfalto è in natura una roccia sedimentaria, per lo più calcarea, impregnata di bitume, oppure se artificiale come quello che troviamo nelle nostre strade una miscela formata da bitume e materiale calcareo macinato, il termine è talora usato impropriamente per indicare anche il solo bitume. In marina si chiama asfalto una miscela di catrame, zolfo, sego e olio di pesce, che si spalma a caldo sul fasciame degli scafi di legno per preservarli dall’azione dell’acqua e delle brume. Gli asfalti vengono usati oltre che nell’impermeabilizzazione di strade anche per impermeabilizzare solai e terrazzi, per la fabbricazione di cartoni impermeabili. Infine da questa roccia viene prodotto tramite distillazione un combustibile usato nei lavori stradali. Oggigiorno le nostre strade, soprattutto quelle in cui il passaggio di veicoli è più massiccio e frequente le coperture si presentano rovinate. Pozzanghere stagnanti e infiltrazioni hanno creato fenditure, “fornelli” e lesioni che l’usura ha aggravato fino alla formazione di buche. In molti casi tombini e griglie per lo smaltimento delle acque piovane sono saltati o risultano parzialmente divelti e quindi instabili e potenzialmente pericolosi in particolare per i pedoni, i ciclisti e i motociclisti. Insomma simili ad una groviera, lemma che deriva dal francese gruyère, peccato che non siano commestibili come il famoso formaggio svizzero a pasta dura con caratteristici buchi che  in piemontese chiamo sempre grivera. Peccato che tutti questi lavori vengano sempre lautamente pagati. I nostri progenitori i Romani hanno fatto una rete viaria che dove non è stata manomessa dura ancora e allora perché non farlo anche adesso che abbiamo una tecnologia decisamente superiore. Oggigiorno si possono fare delle  pavimentazioni asfaltiche capaci di durare oltre 50 o 75 anni. Dagli esperti vengono  chiamate “pavimentazioni perpetue” e sono state studiate soprattutto in America a partire da questo millennio.Sarà solo necessario, ogni 15-20 anni, risistemare il sottile strato superficiale di 3-4 cm. Tutto il resto non dovrà essere toccato come le antiche strade consolari romane. Mi viene in mente una poesia di Brecht che è stato un grande autore tedesco del ‘900: “Perché dovremmo vergognarci di te, asfalto, nero fratello? Tu ti preoccupi che la folla indivisa cammini in modo più agevole e nessuno affondi nel fango! Prestiamoci piuttosto in modo che questi eterni camminatori vadano anche a un lavoro più agevole e in case all’asciutto! Perché queste ingiurie? Perché deridono, oltre a tutto, quello che pure calpestano?” Ed è vero che l’asfalto ha costituito un indispensabile elemento di civiltà e comfort garantendo case impermeabili e asciutte. Se tante generazioni di uomini lo hanno estratto, commerciato, lavorato, spalmato, lucidato e perfino tenuto in casa come soprammobile, o addirittura come pavimento; se vi hanno affidato le loro vite in mare, e quelle di bambini come per Mosé nel Nilo, se vi hanno conservato il cibo e lo hanno usato per impermeabilizzare i tetti sotto cui dormivano con la famiglia, forse vuol dire che è un prodotto naturale che accompagna nei poveri bipedi da migliaia di anni.  Se allora il motto “Studia a scuola e impara dalla strada”, pronunciato in un celebre film degli anni ’90, Bronx di Robert De Niro, consegna alla strada la sua capacità di “inventare il quotidiano” attraverso la cultura che proviene dal basso, profondamente attaccata al suo palcoscenico profano, libera di proporre nuovi significati; anche quando il tema proposto è sacro, come fa il disegnatore di Madonne sull’asfalto, artista che fin dal Medioevo racconta, di villaggio in villaggio, la religione attraverso le immagini e, come il cantastorie, vive del denaro che gli lasciano i passanti. Oggi con la crisi economico sociale politica ci deve fare risparmiare e allora perché non utilizzare i sacchetti di plastica non biodegradabili usati per la spesa pere l’asfaltatura delle  strade.. In India funziona e si riducono di molto i costi di   manutenzione delle strade .e dei rifiuti, per la futura TARES, questa tassa che pagheremo per i rifiuti, asfaltatura e pubblica illuminazione per inventare il quotidiano diminuirebbe,  perché il risparmio  è doppio guadagno.

Favria, 22.03.2013                     Giorgio Cortese

 

Il sorriso allunga la trama della vita

Sono appena arrivato a casa dal dentista dove ho effettuato l’ablazione del tartaro o detartrasi , si dice così la  rimozione meccanica dei depositi di tartaro sui denti. Guardandomi allo specchio mi sono ricordato in un proverbio irlandese letto su di un libro diverso tempo fa: “Dio ti dà il tuo volto. Il sorridere tocca a te.” Mi sembra una considerazione breve ed incisiva, simile ad un messaggio pubblicitario. Il proverbio, antica saggezza popolare, ruota attorno a due realtà espressive; la prima è il volto, del quale effettivamente non sono responsabilie nonostante quanto abbia scritto lo scrittore francese Albert Camus che nella Caduta annotava:  “Dopo una certa età ognuno è responsabile della sua faccia”. Se è vero che questa è l’unica che ho a disposizione  e forse la mia non entusiasmante bellezza non dipendono da me,  è però altrettanto vero che non ha neppure del tutto torto Camus. Ed è ciò che il proverbio irlandese afferma nella sua seconda parte: io possiamo con un mio semplice atto trasfigurare il viso. Ecco quello che riesce a fare il sorriso. È stato detto che al di là dell’artificiosa definizione della iena come “ridens “, il ridere è un’azione tipicamente umana e ha in sé una forza dirompente perché riesce a dar luce a un profilo sgraziato. Ecco, allora, la necessità di non ridursi a persone sempre cupe, che sembrano inseguite per le strade da un avvoltoio. È possibile ritrovare, anche nell’amarezza, un filo di speranza, una scintilla di  luce e farla sbocciare in un sorriso. Vorrei concludere, sempre rimanendo in tema di citazioni con una battuta dello scrittore inglese settecentesco Laurence Sterne:  “Un sorriso può aggiungere un filo alla trama brevissima della vita”.  Sono personalmente convinto che un sorriso allunga la vita, mia e degli altri e lo Studio Dentistico di Busano di Paola e Chiara, che non sono le cantanti, in via Circonvallazione 51 aiuta con una grande professionalità per darmi un bellissimo sorriso..

 Con cordiale gioia

Favria  23.03.2013               Giorgio Cortese

 

Sono proprio felice e con placida calma ritengo che sia giusto ringraziare sinceramente tutte quelle persone che brigano alle mie spalle o mi   calunniano. Grazie mille, mi date date ogni giorno la forza di continuare

 

La cura del giardino come passaporto per la felicità!

Il lemma giardino dovrebbe derivare da una radice indogermanica: Gart o Hart, con il significato di  “cingere, circondare”,. Per   definizione storica è quindi una porzione di superficie delimitata. Il giardino è nato con lo scopo di coltivare piante da  frutto o da fiore o semplicemente ornamentali. Il giardino solitamente è situato in prossimità di edifici privati o pubblici, ma può trovarsi anche isolato da questi, prendendo il nome solitamente di parco o di giardino senza casa. Nel linguaggio comune  quando si parla di giardino si intende solitamente quello di tipo ornamentale, mentre si usa il termine orto dal latino lat. Hortus, piccolo o  o medio appezzamento di terreno, spesso adiacente alla casa  dove si  coltivano ortaggi a scopo alimentare. Secondo altre fonti il   termine giardino deriva da “paradiso”.  Quest'ultimo deriva dal sanscrito paradesha o paese supremo, più tardi occidentalizzato in pairidaeza, iranico, che è un composto di pairi, attorno, e diz, creare, paràdeisos in greco, pardes in ebraico, partez in armeno, e paradisus in latino, da cui deriva l’italiano paradiso. Ecco perché un detto  orientale afferma: “ Se vuoi essere felice qualche ora, bevi vino; se vuoi essere felice qualche anno, prendi moglie o marito; se vuoi essere felice tutta la vita, coltiva un giardino.”. Sarà dunque la cura del giardino il passaporto per la felicità, che sembrerebbe non essere conseguenza del piacere, ma del prendersi cura di un giardino con affetto, sentimento ed impegno. Infatti secondo l'iconografia cristiana, il giardino simboleggia la purezza. Nella cultura orientale, il significato del giardino, rappresenta non soltanto un   elemento estetico, ma stimola a riflettere sul significato delle armonie tra natura ed essere umano.  Un giardino è limitato, ha dei confini, come è giusto e naturale che li abbia anche la mia vita. Nel mio giardino ideale posso  cercare di mettere le piante che mi piacciono di più, creando scenari, paesaggi e rapporti tra colori e forme, nello stesso modo in cui ogni giorno cerco di modellare la mia vita nel modo che intendo più autentico. Certo il  giardino va curato quotidianamente,   bisogna innaffiare, concimare, pulire, potare, proteggere dal troppo sole e dal troppo freddo le parti più sensibili e limita i movimenti  di svago perché non   si può abbandonare la cura del giardino per troppi giorni, altrimenti le piante muoiono. Allo stesso modo mi devo prendere cura quotidianamente del mio corpo e del mio animo con sincero affetto e benevolenza. Nel giardino cerco di curare le parti malate e   posso modificarne qualche settore, proprio come la mia vita che è un quotidiano cammino dove ogni giorno cerco di migliorarmi correggendo gli umani errori. Osservando il mio giardino, vedo il susseguirsi delle stagioni e il ciclo vitale delle piante e degli animali, ed osservando me stesso posso vedere giorno per giorno le umane modifiche del mio lento invecchiare. Come con il giardino virtuale devo fare anche con la mia vita e vedere con chiarezza i mie umani limiti. Seminando, zappando, vangando, piantando con gentile cura e se mi soffermandomi ad osservare la vitalità della natura riesco a comprendere gli angoli più nascosti del mio animo. Inoltre, ogni giorno devo fare attenzione ai parassiti, che rischiano di distruggere il mio lavoro creativo, nel giardino come nella vita. Mi devo allora preoccupare di ripararmi sia dai vari parassiti perché il mio animo è un giardino di cui è giardiniere la mia volontà e ho il sincero  sogno di  trasformare il mondo in un giardino felice, potando i rami per rafforzarne il tronco.

Favria, 24.03.2013                 Giorgio Cortese

 

Nella vita quotidiana devo amare soltanto Iddio e provare pena per le mie umane miserie.