Oggigiorno i poveri si vantano delle loro spese, i ricchi delle loro economie

 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita.

 Unire e non dividere VXX APRILE 2013

Ma oggi nel 2013 in Italia che senso ha la celebrazione del XXV Aprile. Se la celebrazione è  solo retorica non ha senso, se la celebrazione è solo l’accaparramento politico di una fazione politica non ha senso. Se la celebrazione è solo un giorno di festa che permette un lungo ponte è sicuramente squallido. Il XXV aprile dovrebbe essere una festa che unisce gli italiani nei valori fondanti della Repubblica che è la nostra casa comune. la celebrazione di oggi idealmente si collega al 2 giugno e al 4 novembre e tutte idealmente accostate al 15 marzo giorno dell’Unità D’Italia. La festa della Liberazione oggigiorno dovrebbe essere intesa come festa della  “Riunificazione”.  In questi ultimi venti anni è accaduto che una grande storia di comprensione e di rispetto reciproci contendenti politici sia   stata  ridotta alla caricatura di sé stessa , a puro motore di vicende di malagestione e di corruzione. Il risultato attuale è sotto gli occhi di tutti, i casi di malagestione e di corruzione non sono affatto terminati, e le cronache, negli ultimi tempi, ce ne hanno dato triste e ampia e prova, mentre sembra che ormai si sia persa anche la memoria della disponibilità a “fare insieme”, quando questo è necessario e possibile, nell’interesse superiore del Paese. Io continuo a credere che bisogna puntare, invece, ad osteggiare con forza e continuità la malapolitica e la cattiva amministrazione pubblica e tornare a saper condividere scelte strategiche per il futuro del Paese e per l’equilibrio delle sue Istituzioni fondamentali ed è per questo che sono anche morti i partigiani. Credo, perciò, che serva un bel salto di qualità in una politica da troppo tempo consegnata alle logiche della quantità, che aiuta a stare al potere, ma non a governare davvero,  ridando il potere ai cittadini attraverso la scelta libera dei loro rappresentanti del territorio e non come adesso che non siamo rappresentati da nessuno e gli eletti non governo ma  sono solo timorosamente attaccati alla loro sedia. Ma bisogna stare attenti che  il XXV Aprile il più delle volte in questi ultimi anni infingardaggine politica  è stata molte volte solo più un atto   retorico,  nel senso più deteriore, un rituale istituito e non davvero  sentito, in definitiva il manifestarsi di un’ipocrisia collettiva. Oggi più che mai bisogna “rimembrare” che significa al contrario rifare presente l’essere stato nel passato o, diciamo, l’esserci stato  attraverso la passione dei   luoghi,  nei quali la memoria è di una situazione, non di un   avvenimento. Dopo 68 anni la Resistenza deve trasmetterci delle testimonianze ideali  simili a quelle che allora le staffette partigiane a rischio della vita trasmettevano i messaggi ai partigiani su per le montagne innevate. Oggi abbiamo bisogno di un “messaggio”  di quello che deve essere oggi il nostro futuro ed il nostro attuale agire. Allora i partigiani difendevano un ideale di libertà  ma anche un territorio concreto, che apparteneva a una geografia fisica  e insieme morale. E questo si può vedere nella storia dove i movimenti di protesta politica degli i ultimi tempi,  hanno assunto significato e valore come “Occupy Wall Street in America “ gli “Indignados a Madrid” e “ No Tav in Val di Susa”  sono riconosciuti perché inventati su di un luogo,  un sito storico e simbolico che si fa segno di  riconoscimento: proprio perché tutti noi, nel nostro quotidiano, subiamo la virtualizzazione della nostra esistenza in non-luoghi  telematici nei quali s’è da tempo polverizzata qualsiasi idea di società. La sfida è allora  nel superare la miseria di un localismo identitario, che ha prodotto  negli ultimi vent’anni più o meno gravi catastrofi politiche, dalle carneficine balcaniche alla fiera dell’intolleranza di movimenti nostrani, fino al becero vandalismo di altri movimenti,  per   elevare questa concretezza di situazione ad esempio idealmente universale. Questa sfida del pensiero e della volontà ha un nome: si  chiama buona politica, vissuta con sana passione politica. E per arrivare a questo abbiamo bisogno anche degli alpini che sono  un  tenace e sano tessuto della nostra Patria nel  cui dna pulsa la generosità e l’altruismo che è esempio per tutti noi e per le future generazioni. Il locale Gruppo di Favria fa anche lui oggi la sua festa e questo mi ricorda ancora una volta che gli  Alpini rappresentano il vanto della nostra Terra e siamo certi che, se la totalità della popolazione portasse dentro l’animo il patrimonio di valori delle Penne Nere, questo Paese non si troverebbe nella situazione in cui invece annaspa attualmente. Gli Alpini sono l’esempio verso cui guardare, per ripartire. Forse può sembrare una  riflessione superfua e scontata, ma parlare di valori oggigiorno  in una società che li rifiuta, quando non li deride, è urgentemente necessario riproporli, soprattutto se alla parola “valori” aggiungiamo un aggettivo fondamentale: “alpini”. Ed è proprio a questa espressione, valori alpini, che dobbiamo ispirarci che sono l’essenza stessa di tradizioni, educazione, dignità, gratuità e di forza,  che fa ciò che sono stati e sono gli alpini.

Favria    25.04.2013                       Giorgio Cortese

 

An past bun e l'autr mesan a ten-u l'om san.Un buon pasto e l'altro mezzano mantengono l'uomo sano

 

Grazie mille Alpini!

Gli alpini del Gruppo di Favria sono veramente bravi a fare le feste e anche quella di quest’anno è riuscita benissimo. Certo il bel tempo è stato di aiuto ma loro sono proprio decisamente capaci. Dopo la bellissima manifestazione del XXV Aprile, con il discorso dell’emerito Sindaco di Rivarolo Edo Gaetano e anche la toccante omelia  durante la Santa Messa del Reverendo Sabia don Gianni eccoci arrivare al pranzo. Il pranzo quest’anno è stato organizzato, presso il ristorante – trattoria il Granchio a Rivarolo Canavese, in via San Francesco d’Assisi, numero civico 55, tel 0124 42 4487. La cosa che mi ha colpito quando mi avevano detto che saremmo andati a mangiare al Granchio è stato la definizione del ristorante anche come trattoria che deriva dal lemma trattore, "oste" che a sua volta viene dal francese traiteur, derivato di traiter, "trattare, preparare". Ebbene  i gestori della trattoria, la famiglia Basso, hanno trattato e preparato un ottimo cibo, servito a tavola con infinito garbo e cortesia e  personalmente ho gustato il cibo, prima schiacciandolo dolcemente tra lingua e palato, poi lentamente fresco e delizioso, questi ha cominciato a fondersi bagnandomi il palato molle, sfiorandomi delicatamente le tonsille, penetrando nell’esofago accogliente e infine si  è deposto dove poi rideva di folle contentezza. Secondo  Lord Byron :”Tutta la storia umana attesta che la felicità dell’uomo, peccatore affamato, da quando Eva mangiò il pomo, dipende molto dal pranzo”, ed è vero per la buona riuscita della festa di oggi. Ringrazio Antonio, Giovanni, Meo, Sergio, e tutti gli alpini oggi presenti alla manifestazione e poi allo splendido pranzo. Grazie di cuore a tutti ed arrivederci alla prossima festa, perché sotto il cappello alpino germogliano sempre sani “valori” di altruismo e solidarietà e sincera amicizia. Grazie a tutti ancora, per aver potuto partecipare ad una cosi bella giornata

Favria – Rivarolo 25.04.2013

Artigliere alpino      Giorgio Cortese

 

Fol 'me na mica Stupido come una pagnotta Non capisco bene come mai proprio il pane sia "vittima" di un tale paragone: forse perché si lascia fare di tutto: prendere, spezzare, tagliare, mordere... senza ribellarsi, come noi   non più cittadini ma schiavi pantaloni!

 

Affrontare la vita con il bon ton

Ritengo che  nella vita si può andare avanti anche con le cattive maniere ma con le buone è tutto più bello! Ogni giorno quando incontro delle persone la prima impressione, il ricordo che lascio di me è importantissimo per creare nuovi rapporti sociali e d'affari. Il bon ton è un irrinunciabile segreto di vita che consente di viverla con più facilità e mi consente di affrontare le vicissitudini quotidiane con semplicità. Ma che cos’è il “bon ton?” questo termine deriva dal francese è significa “buone maniere”, nasce negli anni  '40-50 ed è uno stile elegante e mai volgare. Un modo di vivere sobrio che deriva a sua volta dal galateo. Il galateo è un insieme di norme comportamentali con cui si identifica la buona educazione, un codice che stabilisce le aspettative del comportamento tra gli esseri umani che si rispettano. . Il nome "galateo" deriva da Galeazzo Florimonte, vescovo della diocesi di Sessa Aurunca a cui si ispirò Monsignor  Giovanni Della Casa in un celebre libro: “Il Galateo overo de’ costumi”, che  è il primo trattato specifico sull'argomento pubblicato nel 1558. Il titolo dell'opera, infatti, corrisponde alla forma latina del nome Galeazzo: Galatheus, appunto. Da quel libro derivano poi il sinonimo  francese “Bon Ton” e il termine etichetta. Ma pensate che il termine italiano etichetta, in spagnolo “etiqueta” e in francese “étiquette”.verrebbe spontaneo abbinarlo come diminutivo di “etica”, insomma  una cosa moralmente corretta, ma invece  il termine deriva dall’antico francese “estiquier/estiquer”, che significa “infiggere, affiggere, attaccare". Oggi si chiama etichetta quella piccola striscia  o cartellino in genere che si applica a merci, bottiglie e contenitori vari per indicarne qualità e prezzo. Ma anticamente  indicava anche un piccolo avviso esposto nelle corti spagnole con la segnalazione del cerimoniale del giorno e le sue rigide regole che andavano dal programma quotidiano, etiqueta passò poi rapidamente a designare il cerimoniale stesso e, con quel significato, dalla Spagna si diffuse altrettanto rapidamente in Francia e nella nostra Patria venne importato dal Marchese di Castiglione, dopo essere stato alla corte di Madrid per ventuno anni. Ritornando al “bon ton”, ritengo che per affrontare al meglio la vita di ogni giorno, per poter esprimere quel personale carisma che è dentro il mio animo è importante fare la differenza per affermare le mie poche ma sincere qualità e per poter dialogare con tutti, mettendo tutti a loro agio e per saper ascoltare con attenzione. Certo non ho la pretesa di insegnare a nessuno le buone maniere, perché ritengo tutti i miei simili sono dotati di buone maniere e quando si comportano da ineducati è da bon ton non metterli in imbarazzo, intanto la figura da cafoni l’hanno già fatta loro! Ogni giorno penso sempre ad una frase attribuita ad Ippocrate, ci dice: “Ars longa, Vita brevis,” da me personalmente reintempretato che non basta questa mia breve vita terrena per apprezzare tutto il bello che questo mondo mi offre anche nell’arte e allora perché devo perdere tempo a preoccuparmi degli ineducati! Ritengo il Bon ton come un’educazione all’armonia, al bello, a tutto quanto genera ben-essere, e l’Arte sprigiona incanto ed emozioni spesso indescrivibili. Personalmente ritengo il galateo importante ma essere indulgenti questo è un carisma difficile da acquisire e che mi cambia davvero la vita!

Favria, 26.04.2013                 Giorgio Cortese