Maggio. Su  questo mese dicono: Maggio piovoso ti impoverisce; maggio asciutto ti arricchisce. Ma adesso in Italia   come dice un vecchio detto piemontese:”Soma al pian dij babi! Siamo al livello dei rospi cioè ... più in basso di così non si può!” Ogni riferimento è puramente causale!

 

Donatori di sangue, campioni di vita!

Donare sangue mi fa sentire vivo. Se doniamo il sangue regaliamo dei giorni di vita. Dona anche tu il sangue, una  goccia di sangue per un mare di speranza. Perché donare il sangue è l'unico regalo che non mi svena! I veri poveri sono persone che non sanno donare e allora che soa aspetti viene a Favria(TO) cortile interno del Comune, venerdì 3 maggio dalle ore 8- 11 prelievo di sangue, passaparola! Grazie mille! Info cell. 3331714827

Direttivo Fidas Favria

 

Mangià castegn e fasuleria l’è cumè fa dumanda par l’Artiglieria

 

Solo un semplice glicine

Il glicine è un'appariscente pianta arbustiva rampicante appartenente alla grande famiglia delle Fabacee e al genere Wisteria.  Il glicine cresce nella costa orientale degli Stati Uniti, da dove fu importato in Europa nel 1700. Soltanto un secolo dopo, però, quando dall'Oriente, e più precisamente dalla Cina e dal Giappone, arrivarono le splendide varietà asiatiche, il glicine cominciò  ad essere veramente apprezzato dagli Europei. Il primo glicine arrivò in Europa nel 1816. A portarlo fu un inglese, il capitano Welbank che una sera di maggio del 1816 si trovò a cena da un ricco commerciante di Guangzhou, Canton. La cena si svolse sotto una pergola di glicine in fiore, una pianta che i cinesi chiamavano Zi Teng 'Vite blu'.  Nessun europeo aveva mai visto prima uno spettacolo simile ed il capitano Welbank si fece dare alcune piantine che portò in Inghilterra donandole al suo amico C. H. Turner, a Rooksnet nel Surrey. In questo giardino tre anni dopo, nel 1819, fiorì per la prima volta e da li si diffuse rapidamente in tutti i giardini del vecchio continente. In Italia si ha notizia della sua esistenza già intorno al 1840. Glicine significa in greco “pianta dolce”. Questo nome fu dato da Linneo ad una pianta rampicante introdotta dall'America ai primi del 700. Si trattava del glicine americano, Wisteria frutescens. Quando un secolo dopo il capitano inglese portò dalla Cina il glicine che tutti conosciamo, Wisteria sinensis, che in questo periodo ha una splendida fioritura il botanico Nuttal non comprese immediatamente che quella pianta era già stata classificata già da un secolo e la chiamò Wistaria in onore di un professore di anatomia e antropologo tedesco che si chiamava Kaspar Wistar. Questo nome però, nella pronuncia inglese fu storpiato in Wisteria e con questo nome si diffuse rapidamente in tutti i giardini d'Europa tanto che alcuni anni dopo, nonostante ci si fosse accorti dell'errore, il nome Wisteria era diventato di uso comune e fu deciso di utilizzare quello. Solo nei paesi latini, Italia, Francia e Spagna è stato mantenuto il nome originale di glicine. I tedeschi ne hanno coniato uno nuovo molto bello “Blauregen” che significa '”Pioggia blu” e quindi siamo ritornati quasi all'origine, dato che i cinesi il glicine lo chiamano Zi Teng che significa “Vite blu”.  Per i cinesi ed i giapponesi il glicine rappresenta l'amicizia, tenera e reciproca, si narra, infatti, che gli Imperatori giapponesi, durante i lunghi viaggi di rappresentanza, portassero con sé bonsai di glicine; quando giungevano in luoghi stranieri si facevano precedere dagli uomini del seguito, che sostenevano alberelli di glicine fiorito, al fine di rendere note le proprie intenzioni, amichevoli e di riguardo, per gli abitanti di quelle terre. Il significato che il dono del glicine ha conservato è quello di segno di disponibilità ed anche prova di amicizia. Questo mi ricorda che tanti anni fa vidi  un glicine cresciuto attorno a un vecchio palo elettrico. Il marrone scolorito del palo di legno e il colore del glicine si confondevano e si intrecciavano in modo straordinario e solo in alto si capiva dove terminasse il palo e dove la pianta. Mi venne alla mente la coscienza umana: un intreccio di bene e male, un groviglio che può indurre azioni di bontà e contemporaneamente gesti di cattiveria. La coscienza di ogni essere umano, di ciascuno di noi, sia esso umile o potente, sconosciuto o famoso, povero o ricco,  è questo intreccio. Ogni sbaglio, può essere commesso anche dal sottoscritto, un rischio che crea paure e vertigini. Ecco perché devo ogni giorno essere vigile per evitare inciampi nel mio quotidiano cammino e stare attento che il mio animo non si corrompa, mai per nessun motivo. Perché in fondo, se ognuno di noi compie con buonsenso e con sana passione il proprio dovere, il semplice e forse dimenticato dovere personale, in ogni circostanza della vita quotidiana, forse tanti   problemi di scorrettezza, corruzione, sopraffazione, ingiustizia, abuso, verrebbero a cessare e forse si vivrebbe meglio. Per  questo che nella vita abbiamo bisogno di amci veri che bedono i miei errori e mi avvertono.  I falsi amici vedono allo stesso modo i tuoi errori e li fanno notare agli altri. Nono considero gli amici come dei cloni, ma un completamento di me stesso, con i quali si crea una perfetta sintonia per cui anche senza bisogno di grossi discorsi, l’altro sa già cosa voglio dire e viceversa, anzi l’amico è colui con il quale posso anche stare in silenzio. La cosa più importante in un rapporto di amicizia, secondo me, è il rispetto unito naturalmente alla sincerità, alla comprensione ed alla reciproca complicità.

Favria, 1.05.2013                Giorgio Cortese

 

Ma l’elezione del Presidente della Repubblica è vera gloria?

 

1 maggio una festa senza lavoro

Oggigiorno la  Festa del lavoro o Festa dei lavoratori è una festività celebrata il 1° maggio di ogni anno in molte nazioni del mondo, che intende ricordare l'impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori.La festa ricorda le battaglie operaie, in particolare quelle volte alla conquista di un diritto ben preciso: l'orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore, in Italia con il r.d.l. n. 692/1923.  Tali battaglie portarono alla promulgazione di una legge che fu approvata nel  1867  nell'Illinois - USA. E sempre negli Stati Uniti D’America  che trae l’origine delle festa che risale ad una manifestazione fatta a New York il 5 settembre del 1882  dai Cavalieri del lavoro,  associazione fondata nel 1869. Ma a far cadere definitivamente la scelta su questa data furono i gravi incidenti accaduti nei primi giorni di maggio del  1886 a Chicago e conosciuti come rivolta di Haymarket.. Il 3 maggio i lavoratori in sciopero di Chicago si ritrovarono all'ingresso della fabbrica di macchine agricole McCormick. La polizia, chiamata a reprimere l'assembramento, sparò sui manifestanti uccidendone due e ferendone diversi altri. Per protestare contro la brutalità delle forze dell'ordine gli anarchici locali organizzarono una manifestazione da tenersi nell'Haymarket square, la piazza che normalmente ospitava il mercato delle macchine agricole. Questi fatti ebbero il loro culmine il  4 maggio quando la polizia sparò nuovamente sui manifestanti provocando numerose vittime, anche tra i suoi. L’allora presidente  Grover Cleveland ritenne che la festa del primo maggio avrebbe potuto costituire un'opportunità per commemorare questi episodi. Successivamente, temendo che la commemorazione potesse risultare troppo a favore del nascente socialismo, stornò l'oggetto della festività sull'antica organizzazione dei Cavalieri del lavoro. Pochi giorni dopo il sacrificio dei Martiri di Chicago, i lavoratori di  Chicago tennero un’imponente manifestazione di lutto, a prova che le idee socialiste non erano affatto morte. La data del  primo maggio fu ufficializzata in Italia  1891. Ma oggi ha senso ancora parlare di festa del lavoro senza lavoro. In Italia un giovane su tre non trova lavoro con il paradosso che mentre che  la disoccupazione aumenta i “manuali” restano vacanti. Ma il lavoro, questa chimera che i tempo di crisi manca sempre di più è per l’uomo, non l’uomo per il la­voro! Lo scopo del lavoro.  E dell’intera economia,  è l’essere umano e la sia dignità. Se siamo in questa crisi politico-economica e sociale è anche perché l’essere umano è diventato semplice mezzo per realizzare il profitto, que­sto rovesciamento produce ingiustizia, come accade, per esempio, quando l’uo­mo viene trattato come mezzo di produ­zione, come un ingranaggio della catena produttivo-economica, e come viene teorizzato dall’utilitarismo e dall’econo­micismo, che considerano il lavoro sol­tanto secondo la sua finalità economica. Ritengo che noi tutti lavoriamo per una giusta remunerazione sufficiente per fondare e mante­nere degnamente una famiglia e per as­sicurarne il futuro. Purtroppo oggigiorno il lavoro manca per i giovani e per le donne dove per quest’ultime il problema dell’occupazione non riguarda solo la quantità di loro che lavorano, ma anche la qualità del loro ruolo. E anche quando le donne conquistano posizioni di vertice, e conosciamo le percentuali, il loro salario è pari ai tre quarti di quello di un collega maschio. Ritornando ai giovani che a trent’anni si ritrovano an­cora senza lavoro e senza prospetti­ve, nonostante i sacrifici che hanno fatto per studiare, è un problema che tocca l’aspetto sociale e umano. Per­ché sono giovani demotivati, sfidu­ciati, per non dire depressi. E un Pae­se senza fiducia è un paese senza fu­turo. Per questo, la scommessa di chi cogoverna, dei politici e di tutta la no­stra generazione è tutta su di loro. Non ho soluzioni per fare ritornare il lavoro ma una considerazione che è mediante il lavoro che noi esseri umani trasformiamo la natura non adattandola alle nostre necessità ma perfezionando noi stessi.

Favria, 1 maggio  2013      Giorgio Cortese

 

Quando gli esseri umani condividono il pane condividono la loro amicizia.

 

A venta piè 'l temp cun cu ven, j'omini per cos ca sun, e le cose per cos ca valu. Bisogna prendere il tempo come viene, gli uomini per quel che sono e le cose per quel che valgono