Sarei falso se affermo che il lavoro mi piace, non non piace a nessuno! Personalmente ritengo che nel lavoro c’è la possibilità di trovare me stesso

La dignità viene prima del denaro.

Ieri sera un fatto che mi ha profondamente colpito, è stato la frase dettami da una persona che ha perso il lavoro, perché la fabbrica chiude definitivamente. Questa frase mi viene detta quasi sottovoce e pudicamente: “Non voglio beneficenza assistenziale ma un lavoro decente!.” Queste sono parole che interrogano il mio animo ed è questo che i cittadini chiedono in questo momento di crisi. Quello che le persone chiedono non è prima di tutto il denaro, bensì un lavoro, la dignità di un lavoro. Perché? Perché l'opportunità di un lavoro decente le fa uscire dal personale convincimento di essere parassiti falliti, rifiutati dagli altri, e le congiunge invece alla creazione della loro comunità, del loro quartiere o del loro paese, nella dignità e nella sicurezza per la loro famiglia e per loro stessi. Il grido di questa domanda ha riaperto nel mio animo, identiche domande fattemi in questi anni da giovani disoccupati, o da over cinquantenni mentre a poca distanza trovavo adulti che crollavano sotto il peso di un eccessivo lavoro che li faceva sopravvivere appena e nuoceva alla loro vita personale e familiare. Non riesco a rassegnarmi a vedere un tasso di disoccupazione giovanile così alto, quando i giovani hanno in sé tutte le energie del futuro e sono loro precluse opportunità di lavori dignitosi che ne formerebbero la personalità.  Personalmente non ho la percezione se stiamo uscendo dal tunnel della crisi, ma io in questo  buio del tunnel sento di certo i colpi che cadono e mietono lavoratori. Lo si vede bene in giro, non c’è bisogno di esser dei maniaci delle statistiche per capire come in tutto il mondo la sicurezza del lavoro ha subito colpi fortissimi.  Si tratta di sostenere le persone quando vengono colpite, quando diventano più deboli e la perdita o lo spettro della perdita del lavoro possono lavorare un uomo o una donna in modo silenzioso e terribile, insomma lo scavano dentro. La solitudine favorisce che uomini lavorati da questo tarlo improvvisamente si polverizzino davanti agli occhi dei vicini, che sentono di colpo quanto erano lontani.  In un’epoca di crisi, la cosa peggiore è se è in crisi l’attenzione ai problemi. In un’epoca che ha fatto dell’autosufficienza individuale il diktat a cui sottomettere ogni cosa e per cui predisporre strumenti, leggi e persino articoli di moda, chi perde il lavoro mi ricorda che in realtà abbiamo bisogno tutti di tutti.  In un’epoca di crisi, la cosa peggiore è se è in crisi l’attenzione ai problemi. Certo  il Governo faccia il governo, i sindacati e gli imprenditori il loro mestiere. Ma a tutti  ci tocca la responsabilità di fare attenzione, di non lasciare che il muro crolli anche se viene tolto il mattone centrale dell’impalcatura della nostra società, la famiglia. E ritengo che chi ci  governa democraticamente ha quattro priorità: creare impiego, tutelare la salute, far rispettare le leggi e puntare sulla cooperazione. Perché il metro di giudizio deve essere la persona.

Favria, 6.06.2013                    Giorgio Cortese

 

Prima o poi tutti finiamo per dimenticare la nostra vera esistenza per cancellare le nostre individualità e stiamo appiccicati alle nostre maschere ignorando per sempre il nostro vero io. E se qualcuno ce lo fa notare, arriviamo a odiarlo, crediamo che sia pazzo o che voglia violare i nostri più riposti segreti.

 

Scriveva a Giulio Andretto  che :”La cattiveria dei buoni è pericolosissima”, personalmente aggiungerei “devastante”.

 

Dall’agonia all’agone per raggiungere l’aretè politica!

Oggi siamo tutti spremuti, sospettosi gli uni con gli altri,   dai lavoratori dipendenti che accusano i commercianti ed artigiani e questi ultimi anche loro spremuti come limoni ed insidiati nelle loro attività da operai ed impiegati che pubblicamente li accusano ma poi lavorano in nero, autogiustificandosi che intanto loro non fanno nulla di male. E cosi tutti insieme scivoliamo sempre più giù.   Certo non aiutano i partiti che sono solo capaci di insultarsi sotto la cenere di questa pace forzata per fare finalmente qualche riforma importante. E  poi le varie caste e corporazioni che sono il  ventre molle della nostra società e tutte insieme difendono i loro privilegi, dai  sindacati, dove ormai diversi di loro si sono secolarizzati, pensando più agli introiti delle tessere che ai bisogni della categoria che  dovrebbero difendere, dai giudici che a volte inseguendo dei personali teoremi non si accorgono al resto del malaffare che sguazza. Mi viene da pensare che forse nel   400 d.c. gli antichi romani vivevano la stessa angoscia con la corruzione ed il malaffare che imperversava e i barbari che sempre più facilmente bucavano le barriere difensive dei limes dell’impero. Oggi non abbiamo più i barbari, ma gli extracomunitari e allora certi leader a corto di idee convogliano la sensazione di insicurezza verso di loro, poveri italiani contro poveri extracomunitari, che tristezza, questa guerra tra poveri che ci fa affondare tutti sempre di più nella povertà. La nostra società in Italia è in agonia ed intendo con questo lemma  per lo stato che di solito precede la fine della vita di un essere vivente, infatti, nell'ambito medico è il momento dell'indebolirsi di funzioni vitali prima della morte di un individuo. Ma la radice di questo vocabolo deriva dal greco antico “agonia” con il significato di gara e lotta e da questo agon che significa combattimento e anche il sostantivo agonismo che è lo strenuo impegno che un atleta assume per vincere una gara con tutte le sue umane forze. Ecco che allora nutro la speranza  che si può guardare al futuro con ottimismo per riacquistare fiducia in noi stessi, per risalire la china di una pesante caduta economica che ha coinvolto l’Europa intera, guarire da quei mali che tendono a riproporsi periodicamente e che sono riemersi ancora di recente come la corruzione che disgrega lentamente la nostra democrazia con radici in trame inquinanti o in squallide consorterie che possono minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni con il pericoloso virus dell’anti-politica. Si tratta di una realtà variamente commentata sulla stampa, e che ha diversa valenza sul piano penale e giuridico e coinvolge endemicamente molte istituzioni. Questi sottili veleni si spandono  nella vita collettiva, veleni di privilegio, di favoritismo, di complicità. Ma questo mi fa riflettere sul fatto che la tutela di una società democratica non è affidata soltanto al codice penale. Questo produce un guasto non immediatamente visibile, ma che scava, crea sfiducia tra i giovani che non credono più nella giustizia e nel merito, tra quanti lavorano seriamente e vedono premiati i peggiori o i furbi, provoca un indebolimento complessivo della società e della vita collettiva. Per superare questo turbamento sociale sull’orlo dell’agonia con sano agonismo si deve ritornare all’Aretè dell’antica Grecia  la Virtus latina, insomma la Virtù. Per risalire si deve ripartire subito con la disposizione d'animo volta al bene e di ritornare ad eccellere per governare   in un "modo perfetto d'essere". Per questo agonismo nell’aretè politica dobbiamo tutti noi fare la nostra parte ogni giorno per  ridare luoghi alla politica. Insomma ho il personale sogno a occhi aperti, e cioè la speranza che sorga già da adesso, da subito nel Canavese una generazione nuova di italiani che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente entro di essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. Io credo a questo sogno  di canavesano impregnati nel sociale nonostante l’attuale immobilismo della società  ed il forte contagio  di una mentalità privatistica che sta progressivamente desertificando pressoché tutti i luoghi della partecipazione. Perché attualmente se non fossero per le ricorrenti, ma insieme rapsodiche, consultazioni elettorali, dove e quando si parlerebbe seriamente dei problemi della comunità, e dunque di politica? Il nuovo luogo della politica contrapposto al comune non luogo è “L’Associazione Canavese Adesso Open” dove si cercherà sempre per 365 giorni all’anno di parlare seriamente e concretamente di politica nel quotidiano. Occorre che i cittadini si riapproprino della politica, perché solo a questa condizione potrà affacciarsi una nuova stagione della vita civile e tutti dobbiamo fare la nostra parte in questa riappropriazione  facendoci tutti propulsori di una sana passione civile, insomma   un nuovo  orizzonte di ideali perché”ben fatto” è meglio di “ben detto” .

Favria 7.06.2013                    Giorgio Cortese

 

Forse con certe persone non ha senso parlare di buon senso visto che non hanno assolutamente nessun acume e  sesto senso.