Sa a piò a San Medard, par quaranta dì a na pia part.
Se piove a San Medardo, piove per quaranta giorni
Cesare Pavese scriveva che: Quando un popolo non ha più un senso vitale del suo passato, si spegne. Si diventa creatori anche noi quando si ha un passato. La giovinezza dei popoli è una ricca vecchiaia Ed è vero se non ricordiamo le nostre radici come possiamo affrontare il futuro e vivere il presente? La memoria nel dialetto della terra dorigine serve per non sentirci sradicati in questa epoca di mercato globale con un società sempre più liquida, dove tutto si cerca di uniformare tutto. Ecco allora il gruppo musicale denominato Hantura che nasce dall'incontro di musicisti dediti alla riscoperta delle musicalità e sonorità meridionali spinti dalla consapevolezza di dare uno sguardo accurato alle tematiche canore del loro paese d'origine: Petilia Policastro in provincia di Crotone. Ma perché si chiamano hantura, perché questo lemma nel petilino vuol dire poco fa, che deriva dal latino ante horam, con questo nome il gruppo vuole mantenere vivo un passato non ancora del tutto passato cui non si vuol permettere di scomparire definitivamente; per quella globalizzazione che sembra massificare anche i gusti musicali. Infatti questo gruppo musicale si è prefissato il lodevole obbiettivo di recuperare e rivalutare le antiche tradizioni petiline unitamente alla musica popolare calabrese e meridionale. Proprio da questi momenti musicali che è nata una collaborazione con uno dei massimi teorici della musica popolare: Eugenio Bennato, quindi l'amore per la musica etnica, l'amore per i dialetti, l'amore per la tradizione, l'amore per ritmi incontrastati della tarantella del Sud, che sempre di più vede accostarsi una folta schiera di giovani, ha spinto il gruppo petilino a non globalizzarsi di musica industriale. Gli Hantura hanno compiuto una scelta importante per non fare dimenticare il passato, le loro origini mediterranee. Nella loro scelta musicale convivono dalla chitarra battente, alla altalenante incisività della tammorra, alla tradizionalità della fisarmonica senza tralasciare gli strumenti di estrazione colta. Grazie a quel Sound che anche da piemontese mi attarantola, numerosi brani rielaborati hanno acquistato un tale fascino che, grazie anche alle note della chitarra battente, non è facile come ascoltatore rimanere semplice spettatore senza sentire la voglia di lasciarmi andare in una tarantella. Ma a dare un particolare fascino allesecuzione dei vari brani, è lutilizzo per il loro accompagnamento di alcuni strumenti propri della musica popolare calabrese. Fra questi, la regina è senza dubbio la chitarra battente, uno strumento musicale di origine colta (XVII sec.) adottato dai contadini calabresi. Lo strumento ha forma allungata con spalle e fianchi poco pronunciati, fondo bombato e alte fasce su cui, a volte, vengono aperti dei forellini detti "orecchie". Di particolare interesse è la tecnica esecutiva da cui probabilmente lo strumento prende nome. La mano destra struscia con le dita il telo delle corde e contemporaneamente sfrega e/o colpisce il piano armonico creando un doppio effetto armonico-percussivo di particolare efficacia (ribbummu). E allora oltre a recuperare la musica popolare si prodigano perché di conservare e trasmettere alle future generazioni anche questa peculiarità come la chitarra battente e la lira calabrese, che rendevano unica la musica popolare di questo territorio. LAssociazione Petilini a Torino con questa iniziativa e con quelle dei precedenti anni vuole conservare la memoria ben nitida della terra dorigine, facendo suo il pensiero dellillustre pensatore Montaigne il quale affermava che è lo scrigno dei ricordi, ed io aggiungo una forza vitale e creatrice perchè il futuro di una Comunità o di un popolo non è tanto in una massa di giovani frementi ma scarsamente dotati di valori, di conoscenza, di eredità culturale, bensì in una vecchiaia ricca di quel mirabile patrimonio che essi e i loro padri e antenati hanno prodotto e custodito, ogni giorno non possiamo mai incominciare da zero ma sempre con la sacca ricolma di ricordi delle precedenti generazioni altrimenti andiamo incontro al fallimenti. Insomma il passato è come una sorgente che alimenta il fiume del presente e ci spinge verso il futuro.
Favria, 8.06.2013
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Favria 9.06.2013