Molte volte la speranza vive nell'animo sospesa tra le certezze incrinate e la paura di rompere il sottile filo che tiene unito tutto

 

Un  tiglio fiorito

 osservo rapito.

Si eleva altero

 vicino ad un edificio austero.

Il  tiglio fiorito immagine della primavera trionfante

compare davanti ai miei occhi di viandante.

Il tuo profumo intenso

si sparge nel cielo immenso,

richiama la primavera

quando si allunga la sera;

e ogni persona ne è affascinata,

come catturata.

L’immagine del tiglio fiorito con il vento fa cadere fiori dalla sua chioma mi ricorda la riflessione di un grande filosofo, penso si tratti di Pascal, che affermava come la maggior parte delle avversità nasce dal non essere capaci di stare da soli, in quiete e riflessione, nella nostra stanza. Per ritrovare la pace interiore è necessario scoprire l'intimità e il silenzio. E, invece, spesso mi affido all'azione più frenetica, mi si ubriaco di suoni, parole e rumori, mi immergo nel gorgo del traffico sociale.Sono convinto che la capacità di medicare le lacerazioni dell’animo, di vivere in pienezza l'esistenza mi può venire solo attraverso la consapevolezza serena, la meditazione pacata, la sosta quotidiana, anche per pochi minuti, così da ritrovare la quiete in me stesso.

 

Un detto recita che “nelle botti piccole c'è il vino buono”, ma molte volte sa di tappo!

 

L’odorosa essenza della Festa Patronale

Ne avverto il profumo dalla finestra nel tardi pomeriggio è la fragranza dell’imminente Festa  Patronale dei SS. Pietro e Paolo. Il tiglio un albero dal portamento femmineo, il  tronco, in contrapposizione alla chioma, è diritto e slanciato, il gioco dei rami è armonioso: si chinano verso il terreno quelli più bassi, si innalzano quelli superiori verso il cielo, come a sfidare l’alto muro, del parco li accanto. E’ fine giugno, durante la festa dei Santi Patroni l’albero è in piena fioritura. Dicono che gli antichi Greci lo associassero ad Afrodite proprio per questo profumo inebriante. Per i Romani era simbolo dell’amore coniugale. In Persia era considerato un albero oracolare. Sembra che in Lituania le donne gli facciano ancora oggi offerte per avere un buon raccolto nei campi. Osservo rapito il  tiglio fiorito, immagine dell’imminente estate  trionfante che mi compare davanti ai miei occhi di distratto essere umano. Il suo profumo intenso si sparge nel cielo immenso, e richiama nel mio animo un frullare di sensazioni quando si allunga la sera, allora né rimango affascinato, come catturato. L’immagine del tiglio fiorito con refolo leggero di vento che fa cadere fiori dalla sua chioma mi ricorda la riflessione di un grande filosofo, penso si tratti di Pascal, che affermava come la maggior parte delle avversità nasce dal non essere capaci di stare da soli, in quiete e riflessione, nella nostra stanza. Per ritrovare la pace interiore è necessario scoprire l'intimità e il silenzio. E, invece, spesso mi affido all'azione più frenetica, mi si ubriaco di suoni, parole e rumori, mi immergo nel gorgo del traffico sociale. Sono convinto che la capacità di medicare le lacerazioni dell’animo, di vivere in pienezza l'esistenza mi può venire solo attraverso la consapevolezza serena, la meditazione pacata, la sosta quotidiana, anche per pochi minuti, così da ritrovare la quiete in me stesso. I tigli del parco sono lì da prima che io nascessi,  da quando sotto i suoi rami passavano coppie innamorate, e madri con bambini, e vecchi stanchi in cerca di fresco, e uomini che tornavano dal lavoro, e bestie, e carri. Se il tiglio avesse memoria, quella memoria del cuore che, quando ne tocchi le corde, ti riporta tutte le emozioni, piangerebbe di nostalgia ogni giorno. Ma al di là di tutto, al di là dei Greci, dei Romani, dei Persiani e delle donne lituane, lui è solo un albero.

Favria, 23.06.2013               Giorgio Cortese

 

Se ogni giorno non abbiamo come obiettivo uno  scopo non possiamo mai assaporare  nessun  diletto in nessuna quotidiana attività.

 

La marenda sinoira

Per molti la domenica  è una  semplice giornata di festa, personalmente certe domeniche non sono solo giornate di festa famigliare ma giornate di intensa allegria con gli amici,  come l’altra domenica quando sono andato ai festeggiamenti  nel pomeriggio, prima religiosi in onore di S.Antonio. E’ stato un pomeriggio molro avvincente, sono stato nella borgata dove gli avi di mia moglie coltivavano i campi, mio suocero giocava e lavorava da bambino. E’ bello rivedere degli amici in allegria in queste feste in onore del Santo a cui è dedicata la cappella di campagna,  per parlare con loro calma in queste brevi occasioni durante l’anno. In queste feste di campagna dopo la funzione religiosa pomeridiana c’è la   “marenda sinoira”  che è un piccolo pasto (freddo) frugale ma sostanzioso fatto alcune ore prima di cena e che funge quasi da cena. "Sinoira" infatti deriva da "sin-a" che in dialetto piemontese significa cena. Questa pratica era diffusa, un tempo, soprattutto fra le famiglie contadine, si svolgeva intorno alle ore 17 ed aveva lo scopo di ridare energia dopo i faticosi lavori del primo pomeriggio e prima di affrontare i lavori serali legati alla terra ed alla stalla che si protraevano sino al calar del buio. La cena, verso le 21, di conseguenza, era piuttosto leggera: pane e latte o minestra di verdura o panata ed eventualmente un pezzo di formaggio. Al riguardo ho trovato delle interessati definizioni su questa particolare merenda, “Il mangiare fra il desinare e la cena,  San Giusep a porta la marenda ant el fassolet, San Michel a porta la marenda an ciel” questi proveri stanno a significare l’antica usanza contadina che questa merenda avveniva soltanto da   San Giuseppe a fine Settembre,  San Michele.Esiste anche la variante detta la “marenda ant el fassolet” questa era la consumazione frugale che si faceva nel campoe li veniva portata in un fazzoletto, tovagliolo,  e di conseguenza consumata all'aperto. Oggi diremmo che era un "break", a base di pane, formaggio e salumi,   per rinvigorirsi, il quale, si svolgeva solamente nel periodo di massimo lavoro, dalla primavera all'inizio dell'autunno, che coincideva anche al periodo in cui le ore di luce erano maggiori e di conseguenza le giornate lavorative più lunghe.  A Favria i favriot  una volta prima della guerra consumavano un pasto veloce nel fazzoletto, questo pasto era di soli del formaggio fresco che veniva tagliato con un filo da qui il soprannome di tajastrass. La merenda sinoia è anche un’occassione come domenica scorsa di passare alcune ore in allegria senza fretta, perché la fretta fa male allo stomaco ed anche all’animo. Nella vita ho imparato dopo queste belle rimpatriate che non tutto è calcolato. Se ti alzi che c’è il sole, ecco allora il buonumore, se invece, il cielo è un po’ grigio  allora forse si prevede un litigio. Ma   se qualche nuvola va e viene, allora il giorno sarà  come si deve. E alla fine della giornata passata in un’atmosfera di semplice e vera convivialità  è   bello sentire quella sensazione che mi da...il senso di appartenenza.

Favria,  24.06.2013              Giorgio Cortese

 

Certi spettacoli sono l’immagine dell’attuale politica, dove il fine non è niente, lo sviluppo è tutto. Insomma con lo spettacolo il politicante di turno non vuole giungere a nient’altro che a sé stesso.

 

Da zelante a geloso

Pensate che il lemma gelosia nasce sull'altura di Masada, nel deserto israeliano, nel cuore del nulla,dove la setta degli Zeloti costruì la sua città stato. Si trattava di una roccaforte completamente autosufficiente, dotata di enormi cisterne e granai, del tutto isolata dal resto del mondo. Essa cadde solo dopo un lunghissimo assedio da parte dei Romani comandati da Vespasiano, si proprio lui, quello che mise la tassa sui gabinetti pubblici e legò il suo nome a questa tassa, i vespasiani. Ritornando a gli Zeloti, questi preferirono il suicidio di massa piuttosto che contaminarsi con un altro popolo. Ma la parola  Gelosia però sopravvisse a quella strage.Il clamore suscitato da quell'evento fece sì che in Grecia si iniziasse ad usare il termine Zelota per indicare chi era mal disposto alla condivisione, lemma greco di Zelos, emulazione.Traduzione greca del termine ebr. qanna’, che designava colui che è zelante, geloso per una cosa, e al tempo della dominazione romana in Giudea designò gli adepti a un’associazione politica e religiosa di zelanti della legge ebraica, intesa a conseguire anche a mano armata l’indipendenza del paese. Ma   forse il significato più specifico  è quello di ebollizione, in greco zesis che si ritrova anche nel  sanscrito yas-ati,  riscaldarsi, bollire. Perché il desiderio di un qualcosa a cui si tiene fa ardere e alle volte e si prova una sensazione di  calore. Proseguendo il cammino di questa vocabolo passa in latino come   Zelosus, e successivamente  in Spagna, Celosoe con gli ebrei sefarditi al seguito dei mussulmani conquistatori e in Francia  Jealous.. Pensando a questo lemma mi collego con le gelosie, che sembrano nate in Persia, l’odierno Iran. Premetto non sto parlando della gelosia in senso proprio, ossia di quello stato d’animo caratteristico delle persone che, a torto o a ragione, dubitano della fedeltà e dell’amore dell’amato o dell’amata. Mi riferisco a quel infisso di legno, composto di stecche intelaiate trasversalmente e inclinate, che si mettono nelle finestre per lasciare passare l’aria e la luce e non esser visti da occhi indiscreti; in altre parole sto parlando delle persiane, oggi sostituite dalle serrande. Le persiane, chiamate anche “gelosie”, hanno una stretta relazione con la… gelosia, donde il nome, appunto.Questi serramenti che consentono a chi è dentro di guardare fuori senza esser visto, sono stati inventati proprio per motivi di gelosia: per “proteggere” le donne che sono in casa dagli sguardi degli uomini. Le gelosie orientali, i prototipi si potrebbe dire,  erano fisse, quindi non si potevano aprire; molto spesso erano di pietra e chiudevano ogni porta della casa.Le persiane arrivate a noi dal lontano Oriente sono state impiegat per motivi diversi dalla gelosia, oseremmo dire per ragioni più pratiche,  anche se ne ricordano il nome. Il termine persiana  deriva dal francese persienne utilizzato per definire appunto un tipo di imposta caratteristico dei paesi orientali atta a proteggere dalla luce e dal calore senza impedire la circolazione dell'aria. Ma esiste per coprire le finestre anche lo scuro, dal   longobardo skur, copertura, un psarticolatre tipo  di infisso che serve a coprire l'esterno di una finestra, proteggendola da luce e freddo. Come abbiamo visto ne ha fatta di strada questa parola Questa parola che originariamente indicava la volontà di condivisione è pure quella più comune tra i popoli europei

Favria 

Quello che manca oggi è la prospettiva di futuro!