Se vuoi la buona rapa, per Santa Maria, 15 agosto,  sia nata

Ferragosto!

Attraverso, nella giornata di  ferragosto, una piazza vuota. Niente passanti, niente mamme con i bambini in carrozzella, niente cani né proprietari né ragazzi delle vicine scuole, niente pensionati che si guardano intorno, molti purtroppo, con gli occhi già spenti. L’aria è calda ma trasmette già i primi odori dell’autunno. Infatti le sparute nuvole nel cielo mattutino hanno già delle tonalità diverse e mi ricordano che l’estate, proprio nel giorno che viene festeggiata nel massimo fulgore, sta già passando, e la terra trasmette i primi odori del vicino autunno. Ritengo che passiamo la nostra vita a ragionare sul passato, a lamentarci del presente, a tremare per l'avvenire. Siamo ininterrottamente sospesi tra la nostalgia del passato che ormai è solo ricordo e l'incertezza di un futuro non privo di sorprese, di enigmi e forse di drammi. Il presente è, di solito, la stanza ove ci si lamenta.   La tridimensionalità del tempo è da sempre oggetto di riflessioni,  anche il tempo in sé considerato è stato sottoposto a serrate analisi filosofiche. Ciò che, però, tutti sperimentiamo è la sua fluidità inarrestabile. Ma oggi più che mai c’è,   però, l'incapacità di noi esseri umani di  vivere in pienezza il tempo, accettandolo nella sua realtà. Sul passato si recrimina perché lo si è perso, oppure lo si rimpiange idealizzandolo. Il presente genera solo lamenti per la durezza dell’attuale crisi socio-economica. Noi esseri umani passiamo la  nostra vita a ragionare sul passato, a lamentarci del presente, a tremare per l'avvenire. Siamo ininterrottamente sospesi tra la nostalgia del passato che ormai è solo ricordo e l'incertezza di un futuro non privo di sorprese, di enigmi e forse di drammi. Il presente è di solito, la stanza ove ci si lamenta.. La tridimensionalità del tempo è da sempre oggetto di riflessioni; anche il tempo in sé considerato è stato sottoposto a serrate analisi filosofiche. Ciò che, però, tutti sperimentiamo è la sua fluidità inarrestabile e la nostra umana incapacità  a vivere in pienezza il tempo, accettandolo nella sua realtà. Sul passato siamo sempre pronti a si recrimina perché lo si è perso, oppure lo si rimpiange idealizzandolo. Il presente genera solo lamenti per la situazione terribile della crisi e poi il  futuro, visto il presente ci spaventa. Mentre, pensavo a questo, mi sono fermato all’ombra di una quercia centenaria nel parco è ho meditato che ogni cosa ha il suo momento giusto, ogni evento ha il suo tempo sotto il sole, e mi sono avviato a casa per raggiungere poi gli amici e festeggiare il giorno di Ferragosto e la Madonna Assunta.

Favria, 18.08.2013              Giorgio Cortese

 

Res gestae favriesi.

Tutto ebbe inizio da un colono romano, da Manlio a Magliano

Il cognome Magliano sembra originario dell' Appennino reggiano, esiste anche un ceppo abruzzese che dovrebbe derivare dal toponimo Magliano dei Marsi (AQ), uno marchigiano, che dovrebbe derivare dal toponimo Magliano di Tenna (AP), ed uno dell'Appennino toscano, probabilmente originario di Magliano (LU).Per quanto riguarda il cognome che si trova nel Piemonte, anche questo trova origine nel toponimo Magliano Alfieri o Magliano Alpi nel cuneese, che si è poi espanso nel torinese e nel savonese. Ma esiste un ceppo nel salernitano, che derivare dal toponimo Magliano Vetere. Un ipotesi alternativa dell'origine di questi cognomi è che potrebbero derivare dall'appartenenza alla gens latina Manlia, o anche da un soprannome legato al vocabolo latino malleus, maglio, e starebbe ad indicare il mestiere di fabbro. Tracce di questo cognome si trovano già nel 1371, nel salernitano da in un atto rogato dal notaio Carlo Benedetto de Malleano. Ma sembra più plausibile la prima ipotesi che deriva da toponimi di centri rurali a sua volta dal nome romano Manlio che forse, sotto la donimazione romana vari omonimi con questo cognome, avevano avuto dopo il periodo del servizio militare assegnazione di poderi rurali e da qui l’assunzione a toponimo del primo proprietario.

Favria, 19.08.2013     Giorgio Cortese

 

La sincerità non consiste nel dire, ma nell'intenzione di comunicare la verità

 

Uno spaccato d’umanità, alla stazione alla vigilia di Ferragosto

Sono stato alla stazione di Porta Nuova a Torino alla vigilia di Ferragosto per aspettare un mio figlio che arrivava dal mare. Pensavo di trovare una stazione sonnolenta e calma come la città semisvuotata alla vigilia di Ferragosto, ed invece entrato nella stazione mi è sembrato di trovarmi dentro un grande e frenetico formicaio umano.  Nel frastuono di volti sconosciuti di chi sta per partire o di chi arriva già dalla vacanze. Persone vestite con fogge diverse e  multicolori. Lingue sconusciute che si mescolano tra i cellulari perennemente attaccati all’orecchio. Una folla sempre in movimento che  accresce così le voci e le parole, alle quale si sovrappone monotono l’avviso dell’autoparlante dei treni in arrivo, di quelli in partenza e dei eventuali ritardi, in una classifica che nessuno mai stilerà definitivamente. In quella folla che si muove incrocio nei solchi dei volti di persone che respirano ma non vivono, sembra tutto naturale ma è solo l’amara realtà del quotidiano vivere. Nelle stazioni si tocca l’imperfezione della nostra società dove tutti si conformano a mode nuove ma sotto vige la quotidiana indifferenza. Li vicino c’una grande libreria ed osservando il titolo di un libro di un grande autore russo, mi è venuta in mente quanto lui scriveva: “Tutto ciò che l’uomo cerca su questa terra è dinanzi a chi genuflettersi, a chi affidare la propria coscienza e in che modo, infine, riunirsi tutti in un indiscusso, comune e concorde formicaio”. E si le parole di Dostojevskij sono sempre taglienti e fotografo la realtà attuale. L’immagine del formicaio è illuminante, ma lo è soprattutto una frase amara: l’ansia di “affidare la propria coscienza” a un altro. È questa la vera perdita dell’animo, è l’essiccarsi della moralità, sostituita dal "così fan tutti". E se non siamo più che attenti, questa deriva colpisce ciascuno di noi, perché il conformismo è un nemico invisibile che si insinua in tutti gli ambienti, anche in quelli che si pensano sani,   lasciandovi le sue spore. Il conformismo è il carceriere della libertà e il nemico dello sviluppo, certo le sue catene sono, però, dorate e la sua violenza è dolce e nascosta. Per questo è necessario tener alta la guardia e non consegnare mai a nessuno la propria coscienza, ma neppure cloroformizzarla nella superficialità. Personalmente   immagino la vita, come un cartello a indicare una via, e la sua scritta che si fa sempre più nitida ad ogni passo.

Favria, 20.08.2013          Giorgio Cortese

 

Se Sofocle affermava che: Chi è buono in famiglia è anche un buon cittadino. Adesso si potrebbe dire Sofocle.