Oggigiorno sono rare le persone dall'animo nobile. Se nel passato le persone nascevano nobili adesso la  nobiltà deriva dalle proprie azioni, ed è per questo che sono straordinarie.

 Mangiare, vivere insieme.  

Le cene a casa di Pansy  e Pasquale sono molto di più di una cena, permettetemi di utilizzare il lemma: “convivio”, dall’evidente etimologia dalle parole latine “cum vivere”, vivere insieme. Ritengo che esista un nesso tra l’azione del mangiare e quello del vivere. Il cibo è la  sostanza della vita, ciò che la rende materialmente possibile, insomma il mangiare in compagnia è una metafora dell'umana esistenza. I due livelli, quello materiale e quello allegorico si intrecciano molte volte in maniera complicata.  E i due  semplici tempi di paragone,  il cibo e la vita, si confondono l'uno con l'altro.   "conviviale" è un aggettivo; significa "inerente al convivio" dove "convivio", parola abbastanza in disuso, è un termine di significato equivalente, pur con altra dignità al lemma "banchetto". Il convivio una volta era in effetti un banchetto un pò particolare, una riunione a base di cibo, ovviamente, ma nella quale non si disdegnava, e anzi si promuoveva, anche un aspetto più ludico e culturale. Nei convivi, oltre a banchettare,  banchetto significa infatti: "pranzo solenne e sontuoso", si discorreva anche di cose edificanti, spesso si faceva musica e si declamavano poesie al punto che nei convivi, venivano presentate anche opere letterarie commentate variamente dai presenti. ".Conviviale" esprime anche oggi questo aspetto: un pasto fatto tra commensali accumunati tra di loro da certi interessi comuni, in questo caso l’amore per la poesia e per la storia. Nel termine "conviviale" si è anche andato affermando un ulteriore significato; quello di amichevole, pacificamente allegro, disteso. Si usa anche oggi infatti parlare di "atmosfera conviviale" per indicare il tono amichevole e privo di contrapposizioni violente, che si può ritrovare ad esempio, sebbene raramente, in una riunione politica, in un dibattito televisivo, o in una assemblea condominiale. Posto questo, devo dire però che nel termine "Conviviale", come nella sua radice, Convivio, e nel suo sinonimo, Banchetto, non si ritrova alcun limite temporale nell’arco della giornata. La parola Cena,  con il suo ovvio significato di "Pasto serale" che possiede e si fa forza di questo significato. Ecco quindi che "Cena conviviale" è termine esatto, in quanto il pasto serale si è consumato in una atmosfera amichevole, e forse non c’è altra parola per esprimere la serata in modo più sintetico e perfetto. Le società che ci hanno preceduto hanno vissuto in modo sempre intenso, quando non angoscioso, il problema del reperimento del cibo. Per questo il cibo si è caricato di tanti significati, e ha assunto su di sé tutto lo spessore di cultura che la società era in grado di esprimere, riflettendone, come uno specchio, ogni aspetto ed ogni piega, palese o nascosta. Il mangiare in compagnia assume oggi, dei significati simbolici che molte volte superano la sua realtà nutritiva. A questo riguardo mi viene in mente del rito della pausa del caffè, che in contrasto con le sue proprietà eccitanti diviene un momento di relax . Pansy e Pasquale, da insuperabili anfitrioni conducono le loro cene piacevolmente conviviali. La stupenda e impareggiabile cena è simile ad una poesia di Pasquale ma viene disposta sulla tavola imbandita, come ad un quadro della bravissima cuoca Pansy. Alla cena con gli amici Sergio, Magda, Roberto, mia moglie, e gli impareggiabili padroni di casa Pansy e Pasquale, la tavola apparecchiata ha attirato come un magnete i vari discorsi che  le ruotavano intorno. Tutto questo  ritengo sia uno specchio della nostra attuale società multimediale, che nonostante la tecnologia rimane legata ad un mondo di simboli, di messaggi, di idee che si  concentrano nel luogo e nel momento del convivio, proprio come noi durante questa magnifica cena.  Il convivio, come la vita, è un'avventura, dove tutto le idee si contendono e dove ci si acchicchisce non solo con del buon cibo ma dai fecondi pensieri altrui. Mangiare è una necessità ma mangiare intelligentemente è un arte, perché gli  se gli animali si nutrono  noi che ci consideriamo evoluti, oltre che a mangiare non perdiamo mai il piacere di gustare e brindare a: “viva la vita!”.

Favria,  5.09.2013      Giorgio Cortese

 

Il piacere dei banchetti non si deve misurare dalle ghiottonerie della mensa, ma dalla compagnia degli amici e dai loro discorsi.. Marco Tullio Cicerone,

 

L’ immortale ibisco siriano.

A Favria fiorisce in questo periodo, in un breve tratto dellea siepe del Parco Martinotti, l’ibisco siriano e se non l'avete ancora guardato, dategli un'occhiata sono dei fiori bellissimi di un  hibiscus syriacus. La   pianta Hibiscus syriacus o Althaea frutex, proveniente dalla Siria e dall'Asia è della famiglia delle Malvaceae ed è una delle varietà di fiore di ibisco conosciute al mondo. Questa varietà, insieme ad altre è stata scoperta nel 1700 da Ghislain de Busbeck, ambasciatore fiammingo alla corte di Solimano il Magnifico a Istanbul, che durante la sua permanenza in Asia Minore, studiò la botanica inviando in Olanda numerosi esemplari. Ma il suo nome probabilmente è di origine greca antica, e probabilmente fu assegnato da Dioscoride, noto medico dell’antichità, vissuto nel I secolo dopo Cristo. E in effetti sono noti di questa pianta molti aspetti curativi, tra cui anche la preparazione di una bevanda dissetante e ricca di vitamina c quale il karkadé, ottenuta dai petali essiccati. Dopo la sua diffusione europea l'ibisco assunse in epoca vittoriana il significato di bellezza delicata e fugace, poichè questo fiore dura solo un giorno: donarne uno all’amata significa “tu sei bella”, il siriaco a fiore bianco ne loda la lealtà e rosso la pazienza del corteggiatore, mentre i colori cangianti attestano un rifiuto. Il rosso sangue, inutile dirlo, è “ferita al cuore”. Nel resto del mondo ha però moltissimi altri significati: ad esempio è il fiore nazionale delle Hawaii dal 1923, di cui ne è originaria la varietà H. rosa-sinensis. E’ tradizione donarlo in ghirlande a collana ai turisti in segno di benvenuto ospitale e, secondo un’antica credenza popolare, incita a cogliere le opportunità. Le donne hawaiane portano questo fiore tipico tra i capelli dietro l’orecchio sinistro, per mostrare il loro status di single, o dietro al destro, se impegnate. La varietà Syriacus invece è il fiore nazionale per la Corea del Sud identificando l’immortalità, nonostante la sua delicatezza, l’amore perpetuo nei matrimoni e l’invincibilità militare in guerra. Nel culto indù, è offerto alla dea Kali e a Ganesha. E si siamo fortunati noi favriesi, senza girare il mondo a due passi da casa abbiamo queste poche piantine di ibisco, in un breve tratto di siepe, quasi davanti all’ingresso del Palazzo Municipale che ci donano con queste poche piante rustiche, dalle delicate sfumature dei fiori durante tutti i mesi  estivi. Tenero fiore di ibisco, di immortale fiorita bellezza cerchi di sedurre il Cielo nei mesi estivi, ma il tuo breve soggiorno dura soltanto l'attimo di un giorno, mi dai giusto il tempo di ammirati e di fotografarti, e mi ricordi con il tuo breve passaggio che ogni giorno vissuto è una finestra aperta sul vivere.

Favria , 6.09.2013                Giorgio Cortese

 

Stiamo attenti perché di soli diritti si muore.  Certo sono sacrosanti, vanno tutelati, ma dobbiamo tornare ad un sano senso del dovere, consapevoli che per avere bisogna anche dare altrimenti andremo indietro, altro che miglorare la nostra società

 

Res gestae favriesi,  dal colono romano Caresus al cognome Caresio

La necessità di identificare una persona come appartenente ad un dato nucleo familiare piuttosto che ad un altro, diventa una esigenza con la crescita demografica innescatasi in Europa alla fine del primo millennio. Le continue immigrazioni ed emigrazioni, la confusione di popoli di stirpe e cultura diverse, resero indispensabile il ricorso ad un sistema identificativo personale sul modello già sperimentato in epoca romana ove, al nome personale, nomen,veniva aggiunto un soprannome,cognomen, che appunto, caratterizzava quell'individuo evitando equivoci da omonimie.

Durante il dominio romano il territorio favriese fu soggetto alla centuriazione, la suddivisione del territorio in appezzamenti di terra che venivano dati ai legionari alla fine del servizio militare per romanizzare il territorio, Calventius, Caresus, Bercius, Gimentius, Costantinus. Si ha notizia per la prima volta del   cognome Caresio nel  1493, quando dopo lunghe trattative si fissano i confini con Oglianico, giurano per Favria: Rosso, Gay,Vayra, Biesta, Ferreri, Caresio, Casolasco, Tarizzo, Bruno, Battuello, Borzalini, Cattaneo, Baretti, Beda, Casullo, Nizia.

Favria, 7.09.2013              Giorgio Cortese

 

Antant ca la carn la cos, cercuma da fa ’n quai cos. Antala vita tut a vegn bun

 

Erba alta

Un quadro che ho sempre guardato con  piacere nei libri d’arte è:” Il  sentiero nell'erba alta”, un dipinto ad olio su tela realizzato nel  1874 circa dal pittore francese Pierre-Auguste Renoir, dipinto conservato al Museo d’Orsay di Parigi. Trovo che il quadro presenta delle somiglianze con: “I papaveri” di Claude Monet. Come in questa tela, infatti, il pittore accosta due coppie di figure: una in cima alla collina e l'altra più vicina allo spettatore, come se durante la pittura della tela le due donne si fossero spostate verso di lui. Passando dalla bellezza dell’arte alla quotidianità noto ultimamente andando a lavorare o passeggiando in bicicletta nel fine settimana che lungo i bordi di alcune strade l’erba è venuta parecchio alta.  In alcuni tratti una vera e propria boscaglia a tal punto da limitare la visibilità agli automobilisti e quindi da costituire un reale pericolo per la circolazione stradale. E’ il quadro di una situazione che è sotto gli occhi di tutti e della quale, ad onor del vero, è facile rendersene conto. A questo punto, senza colpevolizzare nessun Ente, rendendomi conto della stretta finanziaria che soffrono e delle limitate risorse economiche, se si aspetta ancora, prima o poi in certi tratti che avverranno degli incidenti che mi auguro non mortali. Già non bastavano le  buche ed avvallamenti per rendere insidiosa la circolazione. Ma oltre alla sicurezza viene anche offerto a chi viene in Canavese un pessimo impatto visivo ed una brutta cartolina di incuria e trascuratezza che si assomma ai rifiuti abbandonati in alcuni tratti di strada. Le osservazioni, premetto non sono critiche contro nessuno, ma lo stato d’animo di molti utenti che per lavoro o nel fine settimana  transitano sulle strade del nostro eccessivo verde Canavese. A livello generale, etico ed istituzionale di Governo, penso che sia ora di finirla con certi politici che ci propinano ad ogni tornata elettorale “ l'erba trastulla”, illudendoci e lusingandoci con vane promesse. Questo modo di dire è ricavato dal verbo “trastullare”; passando dal significato originario di “far giocare” qualcuno a quello di “prendersi gioco” di lui. L'erba può entrarci per amore di metrica o per il suo risvolto alimentare. Continuando, non voglio certo “fare d'ogni erba un fascio” equiparando tutti i politici senza fare distinzioni, mettendo insieme il capace e l’inetto e neanche  per questa critica “essere conosciuto come la mal'erba”, solo perché evidenzio in questa mail gli aspetti negativi  ma sicuramente non amo “farmi  crescere l'erba sotto i piedi” perché ritengo che le critiche positive servono per essere tutti efficienti,  tempestivi ed evitare di far perdere tempo. Mi rendo perfettamente conto che non esiste “l’erba voglio”, ma per migliorare la nostra società è indispensabile che tutti ci attiviamo per“sentir l'erba crescere”. Per avere non un’udito finissimo ma per essere tutti attenti a ogni minima cosa per evitare   sprechi e per garantire meglio la sicurezza di tutti noi che serve per migliorare la qualità della vita. Adesso noi siamo il presente ma i giovani sono “in erba”, stanno germogliando e hanno bisogno che tutti insieme estirpiamo la “mala erba” delle persone che affondano il nostro comune futuro propinandoci solo fumo e non piccoli fatti concreti.

Favria,   8.09.2013      Giorgio Cortese 

 

L’orgoglio di certe persone è l'inutile splendore della loro personale stupidità.