La tragedia della vita è che diventiamo vecchi troppo presto e purtroppo, saggi troppo tardi e la nostra saggezza è simile al pettine  per i calvi…..

 

Info

Mercoledì 18 settembre 2013 ore 17,30 presso la Biblioteca Comunale   di Favria G. Pistonatto di Favria C.se, in Corso Giacomo Matteotti 8, si terrà l’incontro: “PER RISCOPRIRE ROSMINI”, interverranno Giorgio Cortese, Federico Fontana, architetto e restauratore, e Pasquale Siano, scrittore e poeta.

La S.V. è invitata a partecipare

Sempre attuale è il  pensiero di Rosmini

Antonio Rosmini iniziò a scrivere "Delle cinque piaghe della santa Chiesa", pubblicate nel 1848 e messe all'indice del libri proibiti un anno dopo. I suoi nemici però non furono ancora soddisfatti. Così 32 anni dopo la morte riuscirono a far condannare anche "40 proposizioni" tratte dai suoi libri.   Domenica 18 novembre 2007 cioè 175 anni dopo,  Antonio Rosmini fu proclamato beato. Da questa data l'eredità spirituale del sacerdote filosofo di Rovereto è stata finalmente sdoganata e messa al servizio dell'uomo.  Si potrebbe dire  per questo  Beato, dalla polvere agli altari. Ma che cosa si nasconde dietro alla sua drammatica vicenda?  Dopo aver avuto un cordiale colloquio con Pansy e Pasquale, sempre splendidi anfitrioni, mi sono ricordando andando a casa di aver letto un libro sul Beato Rosmini, mi pare che il libro  aveva per  titolo: “L' uomo e la società. La politica nel pensiero di Antonio Rosmini”. Autore Muratore Umberto, Nicoletti Michele, Conigliaro Francesco, del 2009 editore  Sciascia. Ripensando a quanto detto su Rosmini e a quanto a suo tempo letto la lezione di questo pensatore cattolico dell’ottocento è ancora di una stupefacente contemporaneità, consiste infatti nel ritrovare il giusto rapporto intercorrente fra pensiero e vita, intelletto e natura, fede e ragione. Un rapporto alterato da certi sviluppi del pensiero tra settecento e ottocento, che hanno condotto, con esiti noti, ai drammi del XX secolo, mentre oggi, purtroppo stiamo ancora sperimentano,soprattutto nell’opulente  e moralmente arido occidente industrializzato, le tensioni derivanti da un eccessivo individualismo. Certo, allora Rosmini  non fu sempre apprezzato dai suoi contemporanei, infatti alcuni arrivarono ad accusare il suo sistema di essere un compromesso tutt’altro che originale tra la Scolastica e varie dottrine illuministiche. Mentre altri   ravvisarono in esso un pericoloso precedente filosofico che avrebbe condotto all’eresia. Accuse, quest’ultime, che si concretizzarono nel decreto di condanna emesso nel 1887. Ma, dopo il Concilio Vaticano II, i suoi scritti sono stati progressivamente riabilitati, e il Papa Giovanni Paolo II, lo aveva accostato nella Fides et ratio a John Henry Newman, Jacques Maritain, Edith Stein, in seguito viene beatificato nel 2007. Bisogna anche pensare al periodo in cui visse Rosmini, sulle condizioni in Italia di allora, lui con un sincero spirito di italianità che lo indusse, anche se formalmente suddito austriaco, a considerare il Piemonte come sua seconda Patria. Ma, allora come raggiungere l’unità nazionale? La risposta che da questo illustre pensatore, che dovrebbe essere sempre di più rivalutato, si inserisce nel vasto disegno di un articolato e complesso sistema dottrinale ove religiosità, la centralità della persona, la nazionalità, la monarchia o la repubblica, i progetti di carte costituzionali, la famiglia, la proprietà economica, le  autonomie territoriali sono altrettanti tasselli fondamentali che debbono confrontarsi con le condizioni reali cui l’Italia dipende dopo che Rivoluzione francese e la successiva Restaurazione e che hanno impresso il segno del loro passaggio sul profilo politico e culturale del continente europeo in quei anni. In questo quadro si descrive l’ipotesi rosminiana di un federalismo capace di aggregare l’Italia, lungo un percorso teorico ove conservatorismo, liberalismo, tradizionalismo cercano   il terreno di una difficile composizione. La visione politica sull’idea di Stato, nazione, Chiesa, autonomie, proprietà privata e non ultimo la distinzione tra potere spirituale e temporale. La cosa che mi ha maggiormente sorpreso è che   Rosmini si trovò molta più vicino alla Rivoluzione americana che in quella francese del 1789, soprattutto nel campo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Questo mi fa pensare alla sua  critica verso una certa idea di sovranità popolare, la sua preferenza a regimi monarchico-costituzionali rispetto a quelli repubblicani. Il suo pensiero politico è una aspirata idea di Res pubblica christiana e costanti non a caso sono i suoi richiami al “Medioevo cattolico”, per l’Europa, la difesa del di Pietro, il suo principio di tutela della proprietà privata, ma anche i suoi dubbi su una Chiesa come  religione di Stato come prevedeva lo Statuto albertino del 1848. O la  sua idea di difesa della libertà di coscienza o la sua proposta di una federazione di Stati italiani, certo eliminando i più piccoli come i ducati di Modena e Parma, ma senza l’Austria, considerata potenza straniera occupante.  Ma la lungimiranza politica, è qui siamo in piena attualità,  è da intravedere sulla sua capacità di scoprire i rischi della corruzione di qualsiasi sistema politico, in particolare quello repubblicano o quella di combattere l’idea di uno Stato accentratore. Ritengo che molti idee di Rosmini, come l’Unità nazionale e  l’indipendenza dell’Italia si sono storicamente realizzate rispettando molti canoni fissati dal pensatore roveretano. Ritengo che la  figura di Rosmini oggi può venire come aiuto provvidenziale a recuperare l’uomo intero e a disporlo, così unificato, ad aprirsi alla comunione con Dio. Nel nostro mondo occidentale si è venuta a creare una progressiva spaccatura. Prima l’uomo si è allontanato da Dio, negando anche interiormente il soprannaturale. Poi all’uomo è stata mortificata la ragione, svuotandone la morale rendendoci avanzati tecnologicamente ma aridi interiormente. La morale di Rosmini si può riassume nella formula "ama l'essere, ovunque lo conosci, in quell'ordine che presenta alla tua intelligenza”. Perché l’uomo si  presenta davanti a Dio non per una porzione, ma nella sua intera persona, che non sacrifica né i sensi, né l’intelletto, né la volontà.

Favria, 15.09.2013    Giorgio Cortese

 

Ripensando ad una frase di William Shakespeare è proprio vero che oggi c'è poca scelta tra le mele marce.

 

Res gestae favriesi, dal Giovedì Santo al cognome Cena

La nascita dei cognomi in Italia, rappresenta uno degli interrogativi che più incuriosiscono.uno di questi è il cognome Cena che è tipicamente piemontese, del torinese, di Chivasso in particolare e di Torino, Verolengo, Collegno, Caluso, Settimo Torinese, Brandizzo, San Benigno Canavese e Torrazza Piemonte, con un ceppo anche a Cigliano nel vercellese e con presenze nel barese. Questo cognome potrebbe derivare dal nome medioevale Cena, che con riferimento alla Cena Domini o ultima cena, veniva anticamente attribuito ai nati di Giovedì Santo, insomma a cavallo tra il XII-XIII,  i primi antenati erano molto probabilmente nati il giorno in cui nasceva l’Eucarestia, il sacramento istituito da Gesù durante l’Ultima Cena alla vigilia della passione e morte, e da li trasmesso per linea maschile a tutti i successivi eredi fino ai giorni nostri.

Favria, 16.09.2013                   Giorgio Cortese

 

 

Al bel tirasu ad noch, al val come un pioch

 

L'anima se ne sta smarrita per la stranezza della sua condizione e, non sapendo che fare, smania e fuor di sé non trova sonno di notte né riposo di  giorno, ma corre, anela là dove spera di poter rimirare colui che possiede la bellezza. E appena l'ha riguardato, invasa dall'onda del desiderio amoroso, le si sciolgono i canali ostruiti: essa prende respiro, si riposa delle trafitture e degli affanni, e di nuovo gode, per il momento almeno, questo soavissimo piacere. [...] Perché, oltre a venerare colui che possiede la bellezza, ha scoperto in lui l'unico medico dei suoi dolorosi affanni. Questo patimento dell'anima, mio bell'amico a cui sto parlando, è ciò che gli uomini chiamano amore.  Platone

 

Smarrimento

Un mio amico ha avuto nei giorni scorsi la vista notturna di ospiti indesiderati: i ladri! Al mattino quando si è risvegliato,  ignaro di quanto era successo ha avuto l’amara sorpresa di trovare la casa sottosopra, constatando malinconicamente la perdita di oggetti preziosi.  Ma la cosa grave, che colpisce l’animo e lo rende smarrito oltre alla perdita economica, non ingente ma neppure indifferente,   è che è stata turbata la violazione dello spazio domestico, che consideriamo come   una estensione del  corpo. Trovare tutto sottosopra: i cassetti aperti e rovesciati, le scatole scoperchiate, le carte sparpagliate,  mina la sicurezza personale, rende sospettosi  e paurosi,  incerti del domani. In questi casi la violenza non colpisce solo le cose ma le persone.  Nei giorni successivi l’animo rimane smarrito ed indifeso.. Questo mio amico, constatava, con dispiacere che nel vile furto sono stati rubati degli oggetti dal grande valore affettivo oltre che economico, oggetti che erano il ricordo della moglie defunta, compagna di una vita. Il mio pensiero, ripensando a queste parole era rivolto a questi oggetti che non ho mai visto, pensavo a chissà che “viaggio” staranno facendo tutte quelle “cose” tra quante mani staranno passando e quanti occhi “interessati” le staranno valutando? Erano i suoi ricordi affettivi, di una persona che non c’è più, alcuni anche ereditati, protagonisti di pezzi di storia del suo passato e che per un tempo sono stati spunto di racconti e di commenti, ritengo, anche divertenti.  In queste situazioni non è facile da ingoiare e metabolizzare un boccone così amaro, e allora. mi viene voglia di scrivere alcune parole al ladro: “Permettimi spregevole ladro, che sei andato a casa del mio amico, nel darti del Tu, per farti avere così un messaggio diretto con una breve riflessione del Tuo vile gesto. Miserabile ladro, forse , alcune volte ti sarà andata bene, avrai guadagnato qualche cosa, ma poi lo avrai dilapidato in fretta perché non si dà valore a ciò che non si suda. Quando verrai preso e dovrai  sudare la libertà, forse allora, potrai capire meglio il valore delle cose, sì perché senz’altro ti prenderanno, li prendono tutti sai, tutti si credevano e alcuni si credono ancora più furbi, migliori degli altri, più furbi di quelli che si alzano alle 5 del mattino e rientrano a casa alle 20 di sera, le galere sono piene di questi furbi. Personalmente, sono felice di fare parte dei fessi che alla sera  vanno a dormire presto perché sono scoppiati dal lavoro e forse a volte ho pensato veramente che Tu fossi più furbo, ma in Italia non ci sono furbi ma solo furbetti della tua stessa forza. Sei stato a rubare a casa di un galantuomo che ha sempre lavorato onestamente e che conservava i ricordi più cari! Certamente ti giustificherai che nella vita sei stato sfortunato, che non è colpa tua ma delle circostanze. Sei veramente ridicolo, ricordati che le scuse sono come le dita delle mani, ma  tutti abbiamo solo dieci dita! Ricordati che la vita è sopratutto sacrificio, dolore e sconfitte, qualche volta mezze vittorie, cercare scorciatoie non ha senso, ed inoltre se tu potessi vedere gli effetti che queste scorciatoie, lo sconforto psicologico che lasci nelle persone, come nel caso del mio amico sono sicuro che forse non ruberesti  più. Ma, chi sono io per scagliare la prima pietra, sono solo un fesso   che lavora e paga le tasse!” A questo   mio amico, gli dico con sincero affetto e per l’immensa stima che nutro nei suoi confronti di cercare di vincere questo tormento interiore, questo senso di insicurezza  che lascia l’animo smarrito facendosi forza nel  guardare sempre avanti. Purtroppo non c’è scelta per cercare di ricostruire e riconquistare una serenità momentaneamente  persa.. La casa dove abito  può trasmettermi uno stato d'animo che sono incapace di crearmi da solo, perché la casa è il mio corpo più grande è insomma  l'epidermide del corpo umano. La casa vive nel sole e si addormenta nella quiete della notte e non è mai senza sogni. Questa è la vera natura della casa, un luogo di pace e il rifugio non soltanto da ogni violenza, ma anche da ogni sgomento,  e dissidio.

Favria, 18.09.2013          Giorgio Cortese

 

Nella vita quotidiana vale sempre la pena di valere e lottare

 

Res Gestae favriesi, la scuola a Favria

Nella  transazione  tra il signore feudale e la Comunità di Favria del 31 marzo 1580 avvenuto nella Chiesa di S. Michele. Il feudatario era Gerolamo Vassallo ed i rappresentanti della Comunità con l’intervento dei notai Costantino Matteo di Rivarolo e  Giovanni Giacomo Ripa di Foglizzo, rettore di scuola a Favria. Troviamo in questo documento la prima citazione di un  maestro di scuola in Favria. Successivamente nell’Ordinato del 30 marzo 1654 sindaci: nobile Giovanni Tomaso Perino e nobile Giovanni Pietro DeMatheijs; consiglieri: Domenico Audo, Bima Giovanni Domenico, Cochiello Antonio, Bernardino Oberto, Ludovico Tarizzo, Antonio Costantino e Antonio Robino; Giovanni Francesco Battuello assente, luogotenente molto magnifico signor Bernardino Gaijs.

In questo ordinato viene citato il maestro di “schola”   molto Reverendo “Prette” Pietro Antonio Cocchiello si trasferisce alla Cura  o si  Chiesa della Parrocchiale di Oglianico e che Favria resterebbe sprovvisto d’insegnante. Si propone la Signora Anna Baretti e le sue figlie che hanno come buone  raccomandazioni  dell’Illustrissimo Reverendo Giovanni Beda priore.

Viene infine deciso vista la contrarietà di tre consiglieri di affidare l’incarico se il posto rimarrà vacante al “al più nobile del presente luogo per tale officio”. Consiglieri contrari: Giovanni Domenico Audo, Giovanni Domenico Cochiello, Antonio Robino.

Nell’Ordinato del 7 novembre 1776, viene menzionato il maestro di scuola Giovanni Battista Perino, viene menzionata la difficoltà dell’insegnante di riscattare metà del proprio stipendio, pari a lire 250 che doveva essere a lui pagato dall’eredità del fu Conte Cacherano “come da instromento delli 14 ottobre 1735”. Per risolvere il problema il Consiglio propose di pagare il maestro utilizzando il denaro della Comunità e di intervenire presso il Senato, contro gli eredi del Conte Cacherano, per riottenere il denaro speso, nel suo testamento il Conte di Cacherano aveva previsto un legato per contribuire a pagare il maestro di scuola.

Nel 1826, la Comunità di Favria si attivò per acquistare una casa per collocarvi la scuola comunale e l’abitazione del maestro, da un documento inviato alla Segreteria degli Interni si rileva che la venditrice della casa era una certa signora Cattaneo Margherita, che l’aveva ereditata grazie al testamento dello zio sacerdote Don Matteo Cattaneo del 3 febbraio 1796; la signora Margherita era legalmente autorizzata a vendere la casa “mediante il consenso del marito” anche se la casa era gravata da un iscrizione ipotecaria che sarebbe stata assunta dal Comune.

La valutazione delle casa era di lire 4702 e centesimi 4, mentre le spese per l’adattamento della casa erano di lire 713 e centesimi 20. Il Comune già allora aveva la necessità di acquistare questo edificio visto lo stato dell’edificio adibito a scuola allora esistente, la Comunità nella sua relazione faceva presente la disponibilità di fondi per acquisire il fabbricato e ne chiedeva l’autorizzazione alla Segreteria di Stato per gli Affari Interni. L’atto era firmato dal Primo sotto Intendente Generale Roatis. Con atto del 4 novembre 1826 l’Avvocato Generale di V.M. presso il Real Senato di Piemonte da la risposta alla Comunità del seguente tono, si dichiara spiacente di non poter dare una risposta definitiva, giustifica l’impossibilità con la carenza di documentazione che comprovi la tutela della Comunità nell’acquistare un immobile con delle iscrizioni ipotecarie, e richiede una documentazione più approfondita per prendere una decisione definitiva..

La casa viene alla fine acquisita nel 1827.

Favria,  19.09.2013                        Giorgio Cortese