Un allegro suono di campanacci.

Transitano stanche dal lungo cammino le mucche affaticate con i loro padroni che, con loro hanno condiviso la fatica in primavera nel riasalire sulla montagna agli alpeggi. O come si dice in linguaggio burocratico monticanza. Ma per ritornare alle origini di questo antichissimo rito dal fascino sempre nuovo i proprietari delle mucche sono risaliti in primavera alla “malga”, parola antica che viene fatta risalire a una lingua “pelatina” a ricordare che essa non è solo l’edificio dove si producono il formaggio e gli altri latticini freschi. Essa infatti è costituita dall’insieme di pascoli, boschi, pozze, ruscelli e dalla fauna che li popola, inclusi gli animali allevati e quelli selvatici. La malga quindi è una vera e propria cellula vitale dell’ecosistema globale. Questa ricchezza dell’economia primaria, negli anni di crescita e benessere ci siamo dimenticati, ma è l’economia che ci permette di sfamarci anche senza il mercato globale e non patisce nessun spread, ma ha sofferto troppo a lungo l’indifferenza   dei governanti, che se a parole per motivi elettorali la imbonivano poi nei fatti quasi mai nessun aiuto. Alla fine dell’estate c’è il ritorno a valle, il ritorno in pianura con  il rito gioioso della trasumanza, lemma che deriva dal   francese, transhumance, composto dal latino,trans, oltre e humus, terra. La transumanza è una pratica antica della pastorizia, la salita e la discesa,  monticazione e demonticazione, nel freddo linguaggio burocratico, che i pastori hanno imparato dai documenti rilasciati dai vari comuni di partenza ed arrivo. Il rito dell’alpeggio e la trasumanza mi ricordano un movimento simile alla marea o meglio ad un respiro. Il passaggio dei solenni bovini, che prima risalgono oe poi a fine estate discendono dalla montagna mi sembra ad una marea o meglio ad un respiro della natura e mi porta alla mente immagini di rifugi persi fra i monti che vengono aperti solo per una stagione all'anno, durante il cosiddetto alpeggio, in cui si svolge l'industriosa opera del pastore che prepara il formaggio nuovo, e di lunghe teorie di animali in branco che vengono guidati per lunghe distanze sopra i corpi massicci delle nostre valli alpine. Quanti ricordi sulla trasumanza, pensate che da Sindaco il primo documento firmato è stata appunto una monticanza e l’ultimo, sempre a maggio un'altra monticanza di due grosse aziende agricole favriesi. Infatti a Favria esistono moltissime aziende agricole che praticano questo ancestrale rito, che è nato da quando l’uomo da nomade è diventato agricoltore e pastore, creando le basi del nostro attuale benessere. Ma la trasumanza di oggi mi ricorda la trasumanza forzata di poveri esseri umani che dopo essere stati resi schiavi e depredati dagli scafisti annegano nella quotidiana indifferenza di noi italiani bensensanti. Certo per loro non ci sono folle di bambini che accompagnano per un breve tratto le possenti mucche di razza valdostana e piemontese nostrana, solo il mare cinico come le nostre odierne coscienze è testimone della loro tragedia che è anche nostra in quanto perdiamo così la nostra umanità.

favria,    5.10.2013                   Giorgio Cortese