W le castagne brusatà della Pro Loco di Favria!

L’origine e la provenienza del castagno è abbastanza controversa, l’origine di questa pianta potrebbe essere l’Asia minore ed il nome, greco, potrebbe derivare da quello della città asiatica KASTANIS. Pare che Senofonte, nel suo racconto sulla campagna in Persia, 400 a.C., dichiara che i soldati greci avrebbero scoperto le castagne durante le incursioni nel territorio della odierna Turchia.  Gli antichi Etruschi, chiamavano i suoi frutti "ghiande di Giove". Delle castagne ne parla Virgilio, Galeno e Plinio e si sa che i Romani ne curarono la coltivazione in Europa prediligendo le zone montuose dell’Italia. Insomma la presenza delle castagne nel Patrio stivale sembra risalire a circa 3400 anni fa, perché proprio in Piemonte è stata ritrovata una piroga, scavata nel legno di castagno, nel lago di Bertignano, Vercelli, e risalente appunto a 3400 fa. Il castagno è una pianta arborea di grandi dimensioni, cresce dai 200 ai 1000 metri di altitudine, è possibile trovarla, in casi eccezionali, anche a 1500 metri, come sulle pendice dell’Etna, ma l’altitudine più favorevole è compresa tra i 400 e i 900 metri. Può raggiungere un’altezza compresa tra i 20 e 30 metri, fruttifica dopo 10/15 anni e raggiunge il massimo della produzione sui 50 anni di età. Ha delle belle foglie caduche, lunghe fin oltre 20 centimetri, lanceolate, con apice acuto, fittamente seghettate, che compaiono ai primi di aprile. Questa generosa  pianta dà i suoi frutti da ottobre a novembre poco prima di perdere le foglie. Il frutto, richiuso nell’involucro spinoso, riccio, rappresenta il seme della pianta. Le varietà sono moltissime ma possiamo fare una grande importante distinzione: castagne e marroni che non sono dei sinonimi. Già nel 1939 esisteva un regio Decreto che distingueva i marroni dalle castagne. Le castagne, dette in piemontese “selvè”, non sono molto grosse, schiacciate da un lato, buccia resistente e colore bruno scuro con polpa saporita. I marroni sono più grossi, un riccio racchiude al massimo 2 o 3 frutti, hanno forma a cuore con buccia striata di colore marrone chiaro e polpa dolce, il frutto è privo della pellicina interna alla polpa. La castagna è il frutto della pianta selvatica, il marrone è quello della pianta coltivata e migliorata con successivi innesti. Il riccio delle castagne ne può contenere fino a tre mentre quello dei marroni ne contiene normalmente uno. E qui arriviamo alle caldarroste, castagne arrostiste sul fuoco. Certo la digeribilità delle castagne è migliore per quelle lesse mentre diventa difficoltosa per le caldarroste. Ma le caldarroste sono buonissime…..Quando sento la fragranza ed il sapore delle caldarroste, le castagne brusatà, nell’animo vengo assalito da vecchi ricordi: “am tôrna an ment ël temp côma ch'a l'era, le storie vere ch'an jë côntava sempre nona granda a randa al feu 'nt le seire 'd le piôvere. E mi, masnà,tra 'n rije e 'na castagna  scôtavô li 'mbajà l'istëssa landa fin che la seugn a ne vnisìa cômpagna. E adess,j'é ancôr n'arcord sì drinta al cheur: le storie 'd nona e 'n fërvain 'd bôneur.”La Pro Loco di Favria, domenica 20 ottobre ha allestito “la Sagra della castagna”, nonostante il clima inclemente, con il gruppo musicale Li Barmenk  che significa “abitanti delle rocce”, cioè le bàrmess i cui trovavano riparo gli antichi abitanti del luogo, i Celti. Li Barmenk sono anche gli abitanti di Balme, il più alto villaggio delle Valli di Lanzo, al confine con la Savoia, paese di capre e cacciatori, di guide alpine e contrabbandieri …e musicanti. Il Gruppo ha proposto melodie tipiche delle sue valli, ma anche quelle di tutto il mondo alpino. Una musica che sa di leggende, di fiabe, di favolose terre lontane… È musica per danzare, per muovere la mente e l’anima con gli strumenti musicali che sono quelli della tradizione popolare come la chitarra, il basso tuba, il violino e il semitun. Il semitun è  una piccola fisarmonica a bottoni . Aprendo il mantice produce una nota e chiudendolo ne emette un’altra . Ha tasti per la melodia a destra , mentre a sinistra sono posizionati i tasti per l’accompagnamento.   A questi si mescolano le suggestioni della ghironda, i toni pastorali della cornamusa e quelli più rustici ed alpestri del corno di stambecchi. Questo gruppo di musici unisce il piacere di fare musica ad orecchio, per sé e per i favriesi convenuti con melodie tradizionali delle nostre valli ma anche quelle di tutto il mondo alpino. A questo indispensabile ingrediente musicale si unisce la laboriosità del sempre presente Direttivo della Pro Loco che ha dirottato la festa nel salone San Michele, causa pioggia, e con genuniana tenacia ha preparato le caldarroste, un grazie sincero e sentito al suo Presidente Ragusi Stefania e a tutti i volontari che hanno permesso la riuscita della manifestazione! E si le castagne'd nostr Piemônt, fruta sincera, nassùe ai pé dij mônt e ant le valà, caôde e brôvà, n'arlegrô'1 cheur. Onhi barota beve ‘na vota! Onhi brusatà beve ‘na gulà!  Onhi barota beve ‘na vota! Onhi mundai beve ‘n bucal.  Le castagne e l’vin  l’è ‘l piat ed San Martin.

Favria                       Giorgio Cortese