Res gestae favriesi da boscaiolo a Boscarato

Boscarato è un cognome tipicamente veneto, della zona di Treviso e della provincia di Venezia. e dovrebbe essere  di un chiaro esempio di cognome patronimico.  Si intende per  patronimico la parte del nome di una persona che indica la discendenza paterna o dell'avo. Si distingue dal cognome perché, mentre quest'ultimo è fisso, il patronimico varia nelle generazioni. Molto probabilmente l’attività dell’antenato era quella di boscaiolo, o proveniente da una zona boschiva dal germanico busch, bosco, ad indicare probabilmente che i capostipiti provenissero da una zona boschiva. Il patronimico Boscaro si è trasformato nel linguaggio dialettale nei figli di un Boscaro, da intendersi sia come cognome che come boscaiolo hanno successivamente si è trasformata la desinenza in ato ed ecco il cognome attuale Boscarato. Rammento che il termine desinenza deriva dal latino desinere, terminare, ed è usato fino dal XVI secolo per indicare in diversi contesti linguistici, come il questo caso sopraesposto, la parte finale di una parola..

Favria,  26.11.2013                                          Giorgio Cortese

 

Il  pifferaio magico

Nella società dell’apparenza accade sempre più spesso di assistere a delle spettacolari  ingenuità nel senso che oggi c’è grande facilità a credere alla versione offerta come spettacolo: io posso bluffare e mostrarmi ciò che non sono, solo se qualcuno desidera credermi. Non c’è guru senza un gruppo di fedeli. È chiaro che il cinico è il guru, ma non basta chiederci «come ha fatto a ingannare così bene», occorre una riflessione molto seria su «perché non avevo visto chi era».  nella vita non esiste nessun narcisista se non c’è qualcuno   che ha bisogno di credere al suo inganno. È questa la cosa più grave, la conferma di un dilagare dell’incapacità di distinguere la maschera dall’uomo. Oggi la società è 'televisiva', nel senso che siamo più abituati a interagire con 'personaggi' che con persone. Negli anni ’50, ovvero nell’era pre-Internet, la gente la sapeva meno lunga su ciò che accadeva, ma era molto più sensibile all’altro, oggi mille facciate ci rendono esperti nel 'rappresentarci' e gli ingenui non guardano che lo 'spettacolo'. Così è possibile tranquillamente fingersi medico con uno, avvocato con un altro, separato con cento donne, sposato con altre, e persino improvvisare competenze del tutto inesistenti.  il narcisista a è abile, se la gioca sull’emotività, ti conquista fingendo affetto, profondi valori, spesso spiritualità. È un vampiro energetico, non avendo nulla di vero in sé, succhia le vite altrui. Ha bisogno di folle che lo adorino, di un 'pubblico' che penda dalle sue labbra e lo consideri un dio. Tant’è che la sua seduzione spesso è desessualizzata, seduce donne o uomini, vecchi o ragazzini, si appaga se sente che ormai farebbero qualsiasi cosa per lui, lo ammirano, vedono in lui doti che non ha, gli sono devoti, gli darebbero tutto: che siano soldi o sesso o applausi è lo stesso.  Come nel mito greco di Narciso, il narcisista non ha altri interlocutori che se stesso, chiunque altro è solo lo specchio in cui enfatizza la sua immagine e per questo ha bisogno di vittime da sacrificare al suo ego. Amando solo se stesso, calpesta genitori, amici, persino i figli, le vittime più incolpevoli, anche loro utilizzati senza pietà. In tutti i disturbi della personalità è tipico il passaggio rapido da uno stato mentale all’altro, con cadute emotive molto veloci, così il narcisista che prima ti amava alla follia immediatamente dopo ti calpesta senza soffrire perché tu non sei più nulla, ora c’è un’altra recita, un altro ambito in cui fingere alti valori, un altro pubblico da ammaliare, un’altra comunità cui sembrare un idolo.  Se smascheraiti  si  sottraggono allo specchio rotto. Negano. Rovesciano la realtà rigettando le proprie colpe su chi li accusa. Se non mantenessero la coerenza interna si disintegrerebbero, così fuggono e si spostano, ricominciano altrove a recitare un altro se stesso, ingannano altre folle, vampirizzano nuovi amici

Favria,   27.11.2013          Giorgio Cortese

 

Nella vita di ogni giorno non mi importa se  un gatto è di colore bianco o nero, finché cattura i topi.

 

Antipode e antipodo

Antipode o  antipodo, lemma che deriva dal latino   antipodes  a sua volta dal greco antico, parola compsta dal significato di contro e piede. Secondo gli antichi Greci erano gli abitanti di un’ipotetica terra giacente nell’emisfero australe e diametralmente opposta alla Terra conosciuta. Nella Divina Commedia Dante immagina la montagna del Purgatorio,  diametralmente opposta, antipode a Gerusalemme. Oggigiorno si usa per indicare  coloro che abitano in punti della Terra diametralmente opposti, ma viene anche usato anche per indicare nel linguaggio comune: “ abitare agli antipodi, per indicare luoghi molto  distanti anche nello stesso paese, a Favria, sono agli antipodi chi abita in fondo a via Caporl Cattaneo con chi abita alla fine di Via Busano, al ridosso di questo Comune. Ma essere agli antipodi vuole anche indicare chi ha idee e concezioni opposte. Invece il lemma antipodo è una variante di antipode, nei varî significati. Ma antipodo è anche un gioco enigmistico costituito da una parola che si legge ugualmente a rovescio purché si porti la prima lettera in fondo oppure l’ultima in principio. Ad esempio la parola madama si legge ugualmente al rovescio se si porta la finale a in principio, “a-madam”. Monotono si legge ugualmente al rovescio portando l’iniziale m in fondo, “onotonom”.

Favria, 28.11.2013                    Giorgio Cortese

 

La democrazia è la peggiore forma di governo tranne tutte le altre. Winston L. S. Churchill

 

Res gestae Favriesi,  da mercanti a Feira.

Il cognome Feira potrebbe trarre origine  dal lemma latino feriae, festa, giorno festivo. Passato poi nel provenzale feira.  Già nel   Medioevo, le fiere si svolgevano nel corso di feste locali e i sovrani del tempo concedevano l'esenzione da  dazi e gabelle rendendo così più convenienti i prezzi delle merci vendute. Questo privilegio creava l'afflusso di compratori, anche dai paesi vicini, attratti dalla possibilità di risparmiare. Secondo alcune fonti la più antica fiera del mondo venne istituita nella città di  Messina, in  Sicilia da Federico II di  Svevia nel 1296. Il privilegio della Fiera, in latino nundinas, era concesso o confermato a un paese o città tramite apposito diploma regio o del feudatario regnante scritto su pergamena ed era munito di sigillo plumbeo nel cui interno vi era impresso a fuoco su ceralacca lo stemma araldico di chi lo aveva rilasciato. Nel diploma era descritta la motivazione, il luogo e la data dove si teneva la fiera ogni anno, la durata, generalmente otto giorni consecutivi, e le relative esenzioni dalle gabelle e dai dazi. Ma ritornando al cognome Feira, una funzione importante della fiera era del  Mastromercato o Maestro della Fiera il quale, oltre a regolare lo scambio delle merci, aveva la giurisdizione criminale della città solamente relativa al periodo della fiera, probabilmente da questo antenato deriva il cognome Feira. Le fiere furono importantissime per lo scambio delle merci nei secoli XV-XVI-XVII-XVIII. Il cognome non è da confondere con il lemma fiera, dal latino ferus, indomito, selvaggio, crudele. Da cui derivano in italiano i lemmi ferire, furia  In Piemonte ci sono circa 35 persone che portano il cognome Feira.

Favria, 29.11.2013  Giorgio Cortese

 

Scriveva Oscar Wilde che: “ il malcontento è il primo passo verso il progresso”, ma allora  adesso stiamo proprio andando di corsa nel progresso verso il regresso!

 

Res gestae favriesi dallo scintillante Catellus a Chiatello.

Catello in italiano è un nome proprio maschile di persona, ha come forme alterate Catiello, al femminile  Catella e come diminutivo Lello e lino. Deriva dal soprannome e poi il nome individuale latino tardo Catellus, da catellus, diminutivo di catulus, che significa "cucciolo. Catulus è a sua volta il diminutivo di catus, cioè "gatto". Secondo molti studiosi l’origine di questo nome da cui poi è derivato il cognome piemontese Chiatello, nel centro sud Catella e può aver avuto origine anche dalla parola di genesi greca katà elion ove, con la elisione dell’alfa, diviene kat'elion che si interpreta con il significato di "presso o vicino al sole" e quindi "splendente, scintillante" oppure "caldo". Il nome proprio si trova ancora in Campania ed è specifico lungo l'arco del Golfo di Napoli, in particolar modo nella città di Castellamare di Stabia, dove esiste il culto dovuto all'omonimo santo vescovo. La ricorrenza si festeggia il 19 di gennaio. Questo Santo è stato vescovo di Stabia nel VI secolo. Da notare che anche il nome proprio femminile Chiara con la variante Clara hanno il medesimo significato, infatti l’aggettivo latino clarus   significa Luminoso. In Italia ci sono circa 70 persone con il cognome Chiatello, la maggior parte nella provincia di Torino, nel  Comune di Torino sono circa 22. Esiste anche un Catellus nel Galles, ed è la leggendaria  figura del re dei Britanni, raccontata da Goffredo di Monmouth nella monumentale opera Historia Regum Britanniae. Secondo questo storico, Geoffrey  Catellus era il figlio del re Gerennus e gli successe il figlio Millius, ma questa è solo mitica leggenda. Insomma questo nome esisteva già nell’antica Roma ed il capostipite del  ceppo piemontese è un ignoto Catellus, probabilmente un legionario romano che fermandosi dopo il servizio militare ha contribuito a  cognominizzazione i primi Chiatello piemontesi.

Favria, 30.11.2013                 Giorgio Cortese

 

Dsember!

Dsember, Natal, Bambin e panteon, e peui San Steo con so bon toron, ‘l bel presepio con l’aso e coi pastor ch’a veno da lontan per feie onor: n’Angel ch’a canta: “Omini ‘dla tera ste sempre ‘n pas, cessè da ogni guera! Dsember al pia e al restituiss mia. Dsember felà a va nen dispressà

 

Invern!

Invern, torment d’ii pover disgrassià ca tramolo a la freis, al vent, al gel, mentre la fioca a cala giù dal cel. Lor a strenso al coeur le soe masna, a je scaudo le man, e con so amor a cerco ‘d soleveie dal dolor.