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sabato 4 gennaio
Res gestae favriesi da pascolo a Boggio
Il cognome Boggio o Boggia può essersi sviluppato secondo diverse teorie.
La prima prende origine da un lemma lombardo bogia, usato anche
come soprannome, dal significato di recipiente e in senso metaforico di conca, bacino,
traendo origine dal lemma prelatino bolia, vaso, recipiente. Ma potrebbe derivare
dal lemma bogè, bugè , latto di collocare il bestiame bovino in
"boggia" sull'alpe, insomma di recinto riparato. Ma potrebbe derivare anche dal
lemma dialettale bogèta, biglia. Vieniva chiamata boggia un consorzio di proprietari del
bestiame alpeggiato e sottoposto ad amministrazione comune o anche una mandria di bovini
raggruppata sull'alpe e amministrata collettivamente, forse dalla radice del lemma
bo che indicava mandrie di bovini. Se si segue questa teoria si arriva al verbo dialettale
dici bogià, bogé, che il significato di come venivano chiamati i lavortatori
lombardi e piemontesi in Svizzera allinizio del 900 che deriva dal lemma
francese bouger. E cosi si arriva al piemontese bogianèn, bugianèn,
letteralmente, non muoverti, che è anche il soprannome dato ai piemontesi dopo la
battaglia al colle dellAssietta. Ritornando alla mandria di mucche allalpeggio
i mandriani che li accudiscono venivano chiamati bogés o bugés . ritornando al filone
pre romano in Lombardia in provincia di Sondrio esiste il torrente Boggia, che
scorre nella
Favria, 21.12.2013
Con le pive nel sacco!
In questi giorni di dicembre ho trovato durante un giro in un
mercatino due bravi zampognari. Il loro incontro mi ha fatto ricordare lespressione,
tipicamente italiana: tornare con le pive nel sacco risale al tempo in cui
abitualmente si suonavano le pive, che erano antichi strumenti musicali,
simili alle più conosciute cornamuse. la parola piva deriva dal francese pipe che
deriva dal lemma latino pipa che in origine significava, canna per fischiare o forse trae
origine dallantico tedesco pfifa, pfeife, pfifer, fischio , zufolo. Gli antichi
romani la chiamavano tibia e i greci aulos. La piva o pivetta era anche unantica
danza campestre dellItalia settentrionale, suonata al ritmo delle pive. Per
ritornare alla locuzione del titolo le ipotesi sono due, la prima perché nel medioevo e
fino alla fine dellottocento le pive, insieme alle trombe, venivano utilizzate
proprio dai reparti militari durante le avanzate , dunque nella fase di attacco, ma mai
quando le truppe erano costrette alla ritirata. In fase di arretramento questi strumenti
venivano nascosti nei sacchi e in questo modo si faceva credere che le forze fossero state
messe in fuga. Ecco spiegato il significato assunto da questa frase popolare che equivale
a dire: tornarsene a casa senza aver concluso unimpresa, né ottenuto nulla di
buono. Una seconda ipotesi vede invece l'origine del modo di dire in un'usanza
tipica del periodo natalizio, quando gli zampognari girano per il paese suonando
cornamuse, zampogne e le ciaramelle per raccogliere denaro alle porte delle case.
Anticamente si accettavano anche doni di altro tipo, come cibo e vestiti, che venivano
riposti in un sacco di iuta. Se si ricevevano pochi doni, nel sacco semivuoto c'era
abbastanza spazio per mettere anche le pive. La ciaramella o pipita è uno
strumento popolare a fiato, ad ancia doppia, di antica origine, dal quale si fa derivare
il moderno oboe. È ancora oggi diffuso in alcune regioni italiane centro-meridionali,
dove è suonato soprattutto nel periodo natalizio insieme alla zampogna. Il termine
ciaramella, deriva dal diminutivo tardo latino calamellus, al femminile calamilla e
calamella, derivante a sua volta dalla parola latina calamus, cioè "canna". Nei
vari dialetti italiani prende i nomi di ciaramedda, cornetta, totarella, trombetta,
bìfara, pipìta; in corso prende il nome di cialamella, cialamedda o cialumbella. Questo
strumento musicale popolare è diffuso in tutto il centro sud Italia, ma il termine in
alcune aree, come ad esempio ciarammelle nell' Alta Sabina o ciarameddi in Calabria e
Sicilia designa la zampogna; questo perché sembra che la zampogna stessa sia nata
dall'accostamento di due ciaramelle alle quali nell'età dell'Impero Romano è stato
aggiunta una riserva d'aria tramite un otre e nel Medioevo saranno aggiunti infine i
bordoni, le due canne. L'otre è in pelle conciata, tradizionalmente di capretto,
che viene cucita nella parte posteriore e si utilizzano le aperture di collo e zampe
anteriori per l'inserimento, del chanter e dei bordoni, mentre viene fatto un apposito
taglio per l'insufflatore. Il chanter, ad ancia doppia, è costruito in un unico pezzo di
legno, lavorato al tornio, con sette fori per le dita nella sua parte anteriore, il foro
per il mignolo è doppio per permettere l'uso dello strumento
Anche se virtualmente desidero abbracciarVi Uno ad Uno e in questo abbraccio Vi auguro di
cuore un SERENO E GIOIOSO NATALE
Favria, 22.12.2013
La varietà del mondo reale non si lascia comprendere sotto la forma definitiva di una legge.