Sono veramente felice quando non ho quello che desidero, ma nel desiderare quello che ho già, buona giornata a tutti!

 Perché scrivo….

Un caro amico,  mi scrive: “Sempre di più, storia dopo storia, mi rendo conto che l’obiettivo della mia scrittura è indagare l’uomo, e così facendo naturalmente indago me stesso secondo quello che Joseph O’Connor definisce il paradosso del romanzo”. Dietro la sua affermazione, nascosta come da un foglio di carta velina, c’è una domanda inespressa che mi chiama in causa direttamente: «E io perché scrivo?». «Già, perché scrivo?» mi domando nella solitudine della mia stanza. Non ci avevo mai pensato in questi termini. Potrei dire che sono d’accordo, che anch’io voglio indagare l’uomo e me stesso. In fondo scrivere è anche questo. Ma mi sento a disagio a rispondere così, in fondo racconto solo delle storie; chi mi credo d’essere? Dostoevskij? Allora potrei dire che scrivo perché sono stato salvato dai libri e spero con le mie storie di salvare qualcuno a mia volta. Ma accipicchia! Già mi vedo con la barba di Mosé, la tunica da profeta e l’indice alzato ad ammonire! Già vi sento ridere di me: con tutto quello che guardano e leggono i ragazzi ogni giorno, cosa vuoi che conti una mia breve pagina! No, no! Occorre più modestia, più umiltà nel dare questa risposta. Ci penso. Veramente rispondere a una domanda come questa può fare uscire di senno un uomo. Uno passa la vita a scrivere e non sa rispondere? Bisogna metterci più impegno, mi concentro. Scrivo per piacere, per divertimento? Potrebbe essere, ma scrivere è anche fatica, sacrificio, talvolta sofferenza. E allora? Scrivere è il mio destino, è l’unica cosa che so fare, non l’ho scelto io ma mi tocca farlo? Neanche questo mi convince, forse il destino c’entra, ma modestamente so fare anche qualcos’altro e ogni tanto lo faccio. Inizio a disperare, mi alzo, vado alla finestra e mi metto a guardare nella strada e nel vicino parco Martinetti dove un gatto gioca con una foglia cacciandola come se fosse un topolino. È a questo punto che mi torna in mente una storia che ho letto tanti anni fa e che scrisse Bertolt Brecht. È una storiella in forma di apologo e fa parte delle storie del signor Keuner. La storia diceva più o meno così, o almeno così l’ho sempre ricordata: Il signor K non amava i gatti ma nonostante non li amasse, quando nel cuore della notte graffiavano la sua porta e miagolavano per farsi aprire, lui si alzava anche d’inverno, li faceva entrare in casa e versava loro del latte. “Chiamano perché sanno di essere aperti!” diceva. “Se non si aprono smettono di chiamare. Chiamare è un progresso!”.Ecco perché scrivo, mi sono detto. Semplicemente perché le storie vengono e io mi alzo per andarle ad aprire. Le pagine quotidiane sono come i gatti di Brecht, sono ovunque e quando di notte vengono a miagolare alla tua porta devi alzarti anche se fa freddo e metterti a scrivere, perché sei fatto così. Hai troppa paura che se le ignori non tornino più; che la tua vita rimanga priva di quel piccolo progresso che fa di te uno che, chissà perché, raccoglie le storie randage del mondo

Favria, 5.1.2014                   Giorgio Cortese.

 

Ritengo che molte volte il bene non è nella grandezza, ma è la grandezza nel bene

 

L’Epifania

L’Epifania tute le feste ai porta via, ai riva ‘l Carlevè, tute le feste ai torna a mnè

 

L’importanza del dono del sangue

L’importanza delle donazioni di sangue è fuori discussione. A tutti noi donatori di sangue abituali sarà capitato di sentirsi dire: “Ma perché doni il sangue?La mia risposta d’istinto è semplice: “Non voglio essere io a convincerti a farlo, ma tu a convincere me a non farlo”. A quel punto la persona che mi ha posta la  domanda sul perché dono ha poche domande da fare, perché sono veramente pochi i casi in cui si può fare del bene senza che costi nulla al benefattore. La donazione del sangue è uno di questi. Me ne sono convinto fin dal 1989, quando effettuai la mia prima donazione di sangue. Fui chiamato dal precedente Presidente del Gruppo Lorenzo, da Alberto, Nicodemo e Franco. Mi onoro di fare parte del Gruppo Comunale Fidas Favria L. Tarizzo-D. Chiarabaglio  e conservo gelosamente la mia tessera n. 121, rilasciatami il 17 novembre di quell’anno e, che mi accompagna ancora a ogni donazione e, pur non riconoscendomi molto nella foto, capelli da biondi a bianchi, chili troppi, ogni volta mi ricorda che debbo essere grato a quelle persone che mi hanno convinto a fare del bene che vale ancora di più perché fuori dal clamore quotidiano. Mi piace pensare che la mia storia di donatore di sangue ha camminato quasi in parallelo alla storia del nostro Gruppo fondato l’anno prima, nel 1988. Da allora tante cose sono cambiate, il gruppo è divenuto grande sia nei numeri che nelle attività, si è sviluppata e radicata nel territorio. In questi anni ho conosciuto nuovi amici e mi sono fatto una cultura sulla donazione del sangue che ho cercato di esternare nell’attività di proselitismo che è uno degli obiettivi primari che si deve prefiggere una associazione come la nostra, perché gli anni passano e occorrono nuovi giovani da affiliare. Ma forse l’esperienza che come donatore mi gratifica di più è la plasmaferesi, la donazione del plasma, che comporta un minimo di sacrificio in più come tempo, ma che mi fa sentire di aver fatto qualcosa di importante. Ogni volta che dono sangue intero o plasma mi pare di  essere andato a  trovare un ammalato e di avergli dato  la medicina più importante di cui ha bisogno: il mio sangue. E tutto ciò nell’anonimato.   Questo significa essere donatore  ma, soprattutto, orgogliosi di esserlo.

In questi anni molto è cambiato sia nei confronti del donatore che verso la donazione del sangue. Il merito non va solo ai progressi della medicina o all’attenzione che le strutture sanitarie prestano al problema, ma anche, e forse sopratutto, alle associazioni come la FIDAS e a tutti coloro che hanno lavorato, lavorano e lavoreranno volontariamente e nell’anonimato. Per quanto mi riguarda finché avrò forza e salute sarò sempre un “Donatore di sangue della FIDAS”. Questo è il messaggio che personalmente sento di dare a me stesso, ai miei amici già donatori di sangue e anche a coloro che donatori non sono, nella speranza che possa servire di stimolo a diventarlo, per aiutare i nostri simili a vivere. Grazie del dono. Ti aspettiamo Mercoledì 15 gennaio ore 8-11 cortile interno del Comune a Favria. Fai la scelta giusta viene a donare il sangue.  Per i nuovi donatori l’accettazione è antro le ore 10,30.   Diffondente l’invito a donare tra parenti, amici e conoscenti. Per info cell. 333 171 4827

Favria, 7.1.2013               Giorgio Cortese

 

Donare il sangue è un atto di generosità nei confronti dell'altro e di noi stessi oltre che un atto di salvaguardia della salute. Non manchiamo, doniamolo.

 

Ma siamo esseri umani o cialtroni

Mi sorge il dubbio che viviamo in un mondo dove domina la cafona psicosi della prevaricazione urlata, dove il sereno difendere gli animali dalla gratuita cattiveria umana diventa un sentirsi, loro animalisti, animali in una guerra sanguinosa al genere umano. Mi  sorge spontanea una domanda, anche se questa mi farà additare come bigotto, ma  se tutti vogliono difendere la vita perché non si dichiarano anche apertamente antiaboristi? Già mi rispondono il feto  non è un essere umano! Conta di più la vita della madre! Ma allora la vita degli animali vale più della vita di un essere umano? Non sono un dottore ma siamo seri e pensiamo che un organismo, umano o animale, è una macchina imprevedibile e complessa. Nessun computer potrà mai prevedere gli effetti di una nuova medicina. E’ necessaria la sperimentazione, la “prova” su un corpo vivente di qualsiasi nuovo farmaco e le strade sono solo due, la prima è provare il farmaco su un animale, la seconda è provarlo su cavie umane.  Ritengo che i ricercatori non si divertano a giocare con la vita, nel mondo la gente muore e soffre e bisogna trovare sempre delle cure nuove, questa è la necessità che per chi soffre e rischia  la vita. e poi prima di distribuire un nuovo farmaco bisogna sperimentarlo tantissime volte, se si vuole evitare il rischio di un’ecatombe,  e qui mi viene in mente gli effetti disastrosi del talidomide, un  farmaco che non era stato sperimentato su animali gravidi ma comunque commercializzato, erano nati, allora, circa diecimila bambini deformi prima che si corresse ai ripari  togliendolo dal mercato. Mi fa sorridere l’affermazione di taluni che ogni farmaco può essere sostituito da una dieta sana e dai rimedi della nonna, una dieta sana certo aiuta cosi come molti rimedi della nonna. Ma se uno è così tanto sprovveduto a credere che questi rimedi da sempliciotti nessuno vieta che alle prime avvisaglie di polmonite si ingurgitino litri di tisane biologiche, e la selezione naturale farà il resto.

Favria,  8.01.2014                 Giorgio Cortese

 

I teatrini quotidiani di certe persone non hanno prezzo, sono il più  grande spettacolo del mondo senza pagare nessun biglietto