Res gestae Canavesano da artigiani  a Tosatto

quando mi è stato chiesto di ricercare l’origine di questo lemma, mi è venuto subito in mente la pagina di un libro bianco che si dice intonso. Lemma che deriva dal latino in, non, tondere,  tagliare, radere.Per creare il libro, su uno stesso foglio vengono stampate più pagine, che vengono poi ripiegate e tagliate ottenendo il libro così come lo conosciamo oggi. Ma fino agli anni '40 una parte del taglio delle pagine,, fascicolate sul lato in alto, ad esempio, era lasciata al lettore che armato di tagliacarte, si liberava con pazienza via via che si procedeva con la lettura del libro. Alle volte mi capita ancora di trovarne qualcuno nelle bancarelle o nei negozi di libri usati. Infatti il  libro intonso è il libro le cui pagine non sono state ancora tagliate, e quindi non sono state lette, praticamente non è stato toccato. E da qui la fascinosa estensione del significato, retaggio di un passato antico della legatoria, per cui il libro non era un mattone di cartaccia incollata da smerciare o accaparrarsi a sconto, ma un'entità con cui rapportarsi, da conoscere con il coraggioso e irrevocabile gesto del taglio delle pagine. Ma ritornando al cognome  esistono   Tosati  nel  ferrarese, Tosato nel  veneto, Tosatti  nel modenese, bolognese, ferrarese e Rovigo,  ed infine Tosatto sia nel  trevigiano che nel  torinese. La  caratteristica è che tutti pare dovrebbero dalla caratteristica fisica degli avi dal termine dialettale tosatt, tosatto, ragazzo, sbarbato. Termine molto usato in Veneto e Lombardia, al femminile tosa per indicare il fidanzato o la fidanzata o anche l’avvenenza fisica. Ma potrebbe derivare anche dal mestiere. di zinigratore, lemma che deriva dal nome della pelle  dentellata degli squali e delle razze,  forse dal turco, sagrì,  cuoio ricavato dalla groppa del cavallo. La zigrinatura, è l'incisione meccanica di una superficie attraverso una tecnica speciale, chiamata godronatura, al fine di renderla ruvida, creando dentelli in rilievo come le else delle spade nel medioevo. Ma gli artigiani che facevo questo mestiere erano anche addette alla tosatura, non delle pecore ma delle monete . Oggigiorno le monete che usiamo hanno un contorno in rilevo che permette di riconoscerle al solo tatto, la  zigrinatura. Ma il motivo per cui è nata in questo contesto non è stato cercare di favorire gli ipovedenti o chi ha tasche profonde nel trovare la giusta moneta con le sole dita. Un  tempo le monete erano fatte di metalli preziosi, e per capire se erano veramente di metallo prezioso questi artigiani le autenticavano con la  cosiddetta "tosatura" delle monete. Con una lima grattavano leggermente la superfici per capire che la moneta fosse veramente oro o argento. Le monete una volta coì trattate venivano chiamate monete di tosa e da tosa a Tosatto il passo è breve.

Favria,  19.1.2014                           Giorgio Cortese

 

Un'idea morta produce più fanatismo di un'idea viva; anzi soltanto quella morta ne produce. Poiché gli stupidi, come i corvi, sentono solo le cose morte.

 

20 gennaio San Sebastian

San Sebastian la violeta an man. A San Sebastian monta ‘ns l’aut a guarda ‘l pian, se ‘t vede tant, spera poc, se  ‘tvede pov, spera tant

 

Dal girotondo alla ronda, Night Watch!

Il lemma girotondo mi ricorda un gioco che facevo da bambino, ci tenevamo la mano in circolo girando in tondo,  cantando una filastrocca che comincia con le parole giro giro tondo e séguita in modo vario da regione a regione. Esistono varie versioni della filastrocca. La più nota recita: “Giro giro tondo, casca il mondo, casca la Terra, tutti giù per terra, all'ultima strofa ci si ferma e  si accovacciava. Ma per girotondo si intende anche il veloce movimento rotatorio intorno al proprio asse, il girotondo. della giostra. Anche, giro vizioso o tortuoso,  il traffico cittadino certi giorni ci obbliga a fare un girotondo  per le strade per raggiungere il centro. Con girotondo si intende anche  nel linguaggio giornalistico e politico, manifestazione di protesta i cui partecipanti si prendono per mano girando intorno a sedi istituzionali o politiche. Dal girare in tondo alla ronda il passo , scusate il gioco di parole è breve. La parola di ronda deriva dal francese ronde, nella locuzione. “à la ronde”, femminile di rond, rotondo, cioè che gira intorno, a sua volta dal latino. rotundus, rotondo. Chi si aggira nel fare la ronda si dice rondare. Insomma l’andare in giro in una zona determinata allo scopo di perlustrare. Oggi si dice soltanto con riferimento a un servizio armato, servizio di ronda,  al quale possono essere destinati due o più militari, in genere tre, di cui uno graduato. E qui arriviamo all’attualità, perché di fronte  all’aumento degli episodi di criminalità alcune persone invocano la ronda! Nel linguaggio militare esiste anche il “Cammino di ronda”, specialmente nelle fortificazioni antiche, stretta terrazza che si svolge lungo il perimetro sommitale e che consente a ronde, sentinelle e altri difensori di percorrere tutto il perimetro restando coperti dall’esterno. Ma chi invoca la ronda si sente, forse un po’ sceriffo? Sceriffo, parola che evoca il Far West americano ma che deriva dall’antica carica inglese di shire reeve. Come la parola sceriffo, sheriff, in sé, il ruolo di sceriffo ha una storia interessante. Nell'Inghilterra anglo-sassone il reeve era un funzionario nominato dal re per essere responsabile degli affari pubblici delle località. Un alto funzionario, lo shire-reeve era il rappresentante dell'autorità reale in uno shire o contea. L'incarico di sceriffo venne mantenuto dopo la  conquista normanna, dove veniva denominato visconte. Visconte era un Titolo nobiliare, frequente in  Francia e poi in Inghilterra e anche introdotto con la conquista di Carlo Magno anche nel nord della penisola italiana.. I conti eleggevano dei  vicecomites, che ne facevano le veci, in Italia sostituirono in molti casi i gastaldi longobardi, che, oltre ad amministrare i beni del sovrano, avevano anche incombenze giudiziarie e di governo locale. Quando le città passarono sotto il dominio dei vescovi, il visconte si trasformò in vassallo vescovile, mantenendo il carattere di rappresentante del potere militare. Ma in italiano abbiamo italianizzato il lemma sceriffo anche dall’arabo Sharif, che significa letteralmente "illustre, nobile", anche se tale "nobiltà" non potrà che essere morale, visto che nel mondo islamico non esiste un feudalesimo di impronta europea.. Nei primi tempi dell'Islam il termine fu usato per indicare tutta la “Gente del Casato di Maometto". A partire dal IX secolo è usato in senso più largo per indicare in generale la discendenza hascemita del Profeta, dal  nome del nonno del Profeta Hashim o come onorifico generico. A differenza degli altri paesi islamici, in Marocco invece di Sharif o Sayyid si utilizza il titolo di Mulav. Tornando agli sceriffi famosi in Europa e negli Usa mi viene da pensare allo  Sceriffo di Nottingham della  leggenda di Robin Hood, che con i suoi due degni compari Crucco e Tonto ne facevano una macchietta irresistibile nel film di W. Disney . Ma la  figura dello sceriffo è presente in molti film western,  considerata come difensore della legge contro malviventi particolarmente prepotenti e violenti, dove si rende protagonista di azioni per lo più eroiche e nobili. Wyatt Earp è un altro leggendario sceriffo di Dodge City, Kansas, la cui figura ha ispirato numerosi registi cinematografici. Ma le evocate ronde mi ricordano un famoso dipinto di Rembrandt Harmenszoon van Rijn , 1606-1669, La ronda di notte del 1642. La ronda di notte, in inglese, Night Watch, in olandese, De Nachtwacht, è il titolo con cui è conosciuto uno dei lavori più famosi dal pittore olandese, ma deriva da un equivoco a causa del degrado della superficie del dipinto. In origine, infatti, è stata dipinta una scena alla luce del giorno, come ha rivelato la pulitura eseguita nel 1946-47. Fu l'ossidarsi delle vernici a causare l'impressione notturna, con una patina molto scura. Il dipinto è famoso per tre elementi: le sue grandi dimensioni, 363 x 437 cm, composto da tre larghi elementi orizzontali, assemblati dall'artista, l'uso efficace di luce e ombra, e la percezione del movimento in quello che tradizionalmente sarebbe stato uno statico ritratto militare di gruppo. Rembrandt ha rappresentato il momento esatto in cui il capitano della compagnia da l'ordine, ai suoi uomini ancora sparpagliati, di inquadrarsi per la marcia. Questa tensione di passaggio tra la staticità e il movimento conferisce all'immagine un particolare vigore. Poi ci sono gli effetti brillanti del chiaroscuro, con una luce quasi mistica che enfatizza notevolmente la figura della ragazza in giallo, l'architettura quasi nascosta, il modo in cui le lance e gli stendardi chiudono la scena nella parte superiore, molto più apprezzabili se la pittura non fosse stata tagliata, il modo veloce e spontaneo in cui i volti sono dipinti: tutto sommato, un lavoro fondamentale per la storia della pittura occidentale. ma che mi fa pensare che  invece di fare le ronde,  visto l’equivoco del quadro, fare un bel girotondo, perché no intorno ad una tavola rotonda!

Favria, 21.1.2014  Giorgio Cortese

 

I fanatici sono così convinti  di possedere la verità, e questo sentimento gli dà la forza di imporla, in genere usando la violenza verbale e anche fisica.  Da ciò sparisce in loro il barlume dell’umana intelligenza e trionfa solo il furore della passione sulla ragione.

 

22 gennaio,  San Vincenzo

S’a fa bel a San Vincent prumet gran  e frument

 

Pattinare, si pattinare

Come per molti sport oggi praticati a scopo ludico, il pattinaggio su ghiaccio nasce invece per il bisogno di spostarsi agilmente, nel nord Europa,  in cui le temperature, rigide per la maggior parte dell'anno, rendevano complicati, se non impossibili gli spostamenti. Pare che le origini di questo sport, di cui oggi esistono molte varianti, affonderebbero le proprie radici nella Svezia dei Vichinghi, oltre dodici secoli fa, anche se alcuni reperti, datati al 50 a.C, fanno pensare ad origini ancora più remote. Allora gli uomini, per  muoversi con disinvoltura sui terreni ghiacciati o sulle superfici di laghi completamente congelati dalle rigidissime temperature, inventarono degli  utensili, utilizzando osso di bue o di renna, e talvolta anche di legno, che venivano legati ai calzari. Sebbene quest'invenzione fu geniale, paragonati ai materiali utilizzati oggi, l'osso ed il legno non risultavano essere molto efficienti, in quanto i pattinatori di allora per mantenere l'equilibrio e per darsi la spinta dovevano aiutarsi con un bastone. Insomma un misto tra sci e pattinaggio. Per arrivare ai primi pattini in ferro, bisogna arrivare nel 1300 in   Olanda,  dove il pattinaggio su ghiaccio divenne un passatempo invernale molto popolare; questo grazie ad i molti corsi d'acqua che, in inverno, divenivano delle piste perfette dove praticare questo sport. I pattini di ferro ebbero il loro battesimi di fuoco, quando  attorno al 1572, un piccolo esercito olandese rimase bloccato con le proprie navi sui ghiacci davanti al porto di Amsterdam. Gli spagnoli, circondarono gli olandesi, ma questi ultimi utilizzarono proprio i pattini per poter sfrecciare sul ghiaccio, gli olandesi colpivano e si dileguavano in un batter d'occhio, senza che gli spagnoli, impacciati e goffi nei movimenti, potessero difendersi. Questo spiega anche il perché, già nel 1500, gli Olandesi disponessero di un'armata di archibugieri attrezzata di pattini. Pensate che l'Olanda, sempre nel 1500, visto il successo avuto, possedeva un' intera armata di archibugieri sui pattini. Anche i commercianti olandesi, durante l'inverno, raggiungevano le città di mercato skettinando lungo i canali ghiacciati. Esisteva persino un santo protettore dei pattinatori: santa Lidwina, vergine di Schiedam. Non é un caso, quindi, che lo stesso termine inglese skate-pattini derivi dall'olandese schaats, vista la dedizione di questo popolo per tale attività. La storia e la progressiva diffusione del pattinaggio su ghiaccio è anche documentata in molti dipinti dell'epoca dove vengono ritratte scene di vita sui pattini, con pattinatori con le gambe all'aria, abiti dai colori vivaci, persone in viaggio su questi innovativi arnesi erano tra i soggetti più utilizzati dai pittori fiamminghi. Successivamente, il pattinaggio su ghiaccio si diffuse anche in Inghilterra, grazie a James, figlio del re Carlo I, che, al suo rientro in patria, diffuse questo sport tra la nobiltà inglese. Si può però dire che il pattinaggio su ghiaccio divenne uno sport noto soltanto nel XVIII secolo. Pattinare piaceva moltissimo ai nobili e ai re, tra Settecento e Ottocento. Non era difficile vedere la regina di Francia Maria Antonietta sfrecciare sui laghi ghiacciati del Bois de Boulogne, o lo zar Alessandro II cimentarsi in complessse coreografie sulle distese ghiacciate russe.  Ma, se fino al 1850 i pattini non erano che lame che venivano legate sotto le suole di scarpe comuni per mezzo di cinghie, da questa data in poi divennero delle vere e proprie calzature a sé: la lama in metallo infatti iniziò ad essere parte integrante della scarpa, per cui venivano costruite scarpe che disponevano già della lama avvitata e fissata sotto le suole. A Philadelphia, nel 1850, l'americano E.W. Bushnell costruì i primi pattini con lame d'acciaio. Da questo momento in poi il pattinaggio diventa uno sport. Il suo battesimo ufficiale avviene a Oslo, Norvegia, nel 1863: anno della prima gara su pista lunga che porta, tre anni dopo, alla fondazione, in Olanda, dell'Unione Internazionale Pattinatori, ISU. I primi campionati di pattinaggio artistico si tennero invece a San Pietroburgo nel 1896. Anche le prime piste coperte artificiali non furono, tutto sommato, così recenti. La prima, infatti, risale al 1876 e venne costruita a Londra anche grazie all'utilizzo delle macchine per la creazione del ghiaccio. a Cuorgnè  in provincia di Torino è stata installata appunto, uno di queste piste artificiali, Break Skating, in via Torino 16 dal 21 dicembre 2013  fino al  28 febbraio 2014. Il pattinaggio su ghiaccio è uno sport completo, armonico, in grado di sollecitare tutti i gruppi muscolari. Migliora l’equilibrio e l’agilità oltre che la coordinazione e la consapevolezza del proprio corpo. E  allora che aspettiamo, si pattina, perché nel pattinaggio come nella vita quotidiana non è forte chi non cade mai ma chi dopo ogni caduta è più forte di prima.

Favria,   22.01.2014    Giorgio Cortese

 

La vita a volte è simile ad una pista ghiacciata e ci devo pattinare sopra