Un antidoto alla sindrome
del signor agonia
Ci sono persone che per conto mio hanno la sindrome
di signor agonia, in quanto pensano di essere incompresi da tutti. Per
loro, quasi affezionati al ruolo piangersi addosso usano la loro mestizia per fare sempre
colpo, in effetti la loro tristezza ha un certo suo fascino. Ma questo forse è un modo
furbo di affrontare la vita, di alzare bandiera bianca per il gusto di trovare qualcuno
che li possa consolare. Forse non si rendono conto che chi gli dà le pacche sulle spalle
non lo inviterà mai a cena. Uno così fa pena, o nel migliore dei casi, tenerezza, il
dolore vero non si ostenta mai. Sono convinto che ci sono persone che soffrono davvero ma
le incontro con un sorriso che non ho mai visto. Ci sono drammi che si nascondono dietro
le facce più impensate, ma onestamente non ha senso, non è giusto mettere il propri
affanni sulle spalle di un altro. La strada per uscirne si deve trovare da solo anche
quando ho la certezza che non porterà da nessuna parte senza speranza. Nella vita
ci sono battaglie che vanno combattute, comunque solo per essere in pace con me stesso.
Duelli nel silenzio della mia anima con ferite che possono vedere solo i miei occhi.
Sicuramente non sono un duro ma non mi va di darla per vinta neanche
quando la sconfitta si profila inesorabile su tutti i fronti. Ci sono giorni in cui mi
viene voglia di cercare un angolo, per piangere tutte le lacrime che mi sono tenuto dentro
per poi asciugarle con la manica della giacca, tirando su la testa e sfoggiando il mio
solito sorriso, quello che farà dire a qualcuno: Però, che fortuna, non ha mai
un problema sempre sorridente. E se oggi non è andata come pensavo ci sarà
sempre un altro giorno da affrontare con un bel sorriso stampato in faccia.
Favria, 27.01.2014
Giorgio Cortese
Jorge Luis Borges scriveva che: Stampando una notizia in
grandi lettere, la gente pensa che sia indiscutibilmente vera, allora mi viene da
pensare che così i politici nostrani quando comunicano le notizie in modo roboante si
illudono che sia vera
Res gestae favriesi da narratore a Favole.
I cognomi hanno avuto in Italia dei percorsi strani e molto
diversi. Il cognome preso in esame Favole è uno di questi. Sappiamo benissimo che in
italiano per favola si intende un genere letterario caratterizzato da brevi
composizioni, in prosa o in versi, che hanno per protagonisti di solito animali o piante o
oggetti inanimati, e che si concludono con un precetto morale. Il lemma favola,
deriva dal latino fabula che deriva a sua volta dal verbo far, faris, dire o raccontare.
Il termine latino, fabula indicava in origine una narrazione di fatti inventati.
La favola ha pertanto la stessa etimologia della fiaba. Sebbene favole e
fiabe abbiano molti punti di contatto, oltre alla comune etimologia, i due generi
letterari sono diversi, la fiaba infatti narra storie fantastiche, con gnomi, orchi, elfi,
re, regine fate e streghe. Nel Medioevo il raccontare le favole era una sorta
di rito ripetuto che nasceva ogni sera, era destinato a tempi e momenti precisi di
riti-riunioni comunitarie, come le veglie invernali nelle stalle, i lavori di gruppo come
la spogliatura della meliga, la tessitura, il filare la canapa o la lana. Principalmente
le fiabe in Piemonte venivano narrate soprattutto dinverno, che era momento di
riaggregazione sociale, momento di interruzione dellimpegno del lavoro allaria
aperta, dopo il periodo caldo dellestate, chera il momento della dispersione,
del lavoro a tempo pieno. Il periodo freddo era vissuto nelle valli del Piemonte con
particolare intensità rituale. Il rito del narrare era necessario al mantenimento e al
funzionamento dellorganizzazione sociale, perché la fiaba non poteva essere
raccontata in un momento qualsiasi della giornata, ma faceva parte di atti propri a
rilassare dalle fatiche quotidiane, e chi le raccontava era chiamato il narratore di
Favole, da li cognominizzare il sostantivo il passo è breve ed ecco allora il cognome
Favole
Favria, 28.01.2013
Giorgio Cortese
Non perdiamo il treno
.
Dopo il Pendolino e lItalo ecco che parte con le
solite zavorre delle polemiche da guelfi e ghibellini lItalicum, una delle ultime
occasioni che abbiamo nel Patrio Stivale dare una svolta definitiva le tiritere che
negli ultimi venti anni, e non solo hanno zavorrato pesantemente la classe politica
italiana portandoci allattuale situazione di inedia politica. Forse l'Italicum, il
modello proporzionale di riforma elettorale da approvare entro le prossime elezioni
europee, non sarà la migliore riforma del mondo ma concretamente è una sterzata sul
binario dellimmobilismo politico. Con questa legge siamo certamente dentro i confini
della Costituzione, la soglia minima per accedere al premio e di limitare il premio
stesso. Di questa soglia, in questa proposta, 35 punti percentuali è un minimo e il 18%
di premio è un massimo. Quindi in realtà in tempi ragionevoli il 35 sarà superato e il
18 non sarà un intero 18". Se il treno arriva a destinazione ci sarà una soglia
elettorale che prima non c'era e una limitazione del premio che prima non c'era.
Certo non si può avere tutto allo stesso tempo, forse la nostra Patria avrebbe
anche adesso un disperato bisogno di fare una grande coalizione per governare guardando
lontano e non i soliti governicchi appoggiati da maggioranze eterogenee e incapaci di
governabilità, e sempre porne a dare lassalto al treno per soddisfare i più
biechi clientelismi. Dal mio modesto parere la critica sull'assenza di preferenze è
stupefacente perché tutte le grandi democrazie europee hanno liste bloccate. Le
preferenze sono una grande anomalia italiana.. Siamo proprio di memoria corta, il
movimento referendario venti anni fa nacque proprio contro le preferenze, ma nel 1991 il
quesito referendario è sopravvissuto alla falce della Cassazione e riguardava la
preferenza plurima a favore di quella unica. Le liste corte, ritengo che siano migliori
del sistema delle preferenze che alla lunga distrugge la coesione interna ai partiti e
crea dei meccanismi di clientelismo e uso distorto del voto, e immaginate poi che cosa
eleggono!
La storia che è maestra di vita, mi insegna che quando si sono
da discutere e fare delle riforme costituzionali o delle leggi elettorali i Paesi
che venivano da regimi non democratici, oltre la famosa cortina di ferro, hanno discusso
con chi c'era. Lesempio della Polonia dovrebbe farci riflettere quando Solidarnos si
è messa al tavolo con il generale Jaruzelski che aveva fatto il colpo di Stato, ed
aveva avuto contro di loro il pugno di ferro. In Spagna, i partiti democratici di
sinistra spagnoli si erano messi al tavolo con gli eredi del Franchismo. Se c'è da fare
un'intesa di sistema si fa con chi rappresenta le altre forze. Se si vuole essere realisti
non siamo noi a scegliere chi i rappresenta gli altri, ci possono anche non piacere, ma laltro
interlocutore del tavolo se lo scelgono loro, e i novelli italoforzuti si sono scelti
il cavaliere. Speriamo che lItalicum non deragli per colpa dei soliti
sabotatori che vogliono tutto in apparenza cambi perché vogliono che tutto rimanga
come è! Per loro il prossimo treno si chiama sfracellum!!!
Favria, 29.01.2014 Giorgio Cortese
Nella vita è sempre possibile ritornare allo stesso posto ma mai
allo stesso momento
Il gatto, la falce, il palo
Unantica favola piemontese del Monferrato che forse si
conosceva anticamente a Favria essendo stato il nostro Comune, fino al 1860 feudo del
Monferrato. Favola tratta da G.Ferraro, Racconti popolari monferrini: C'era una
volta un padre con tre figli. Un giorno morì e lasciò ai suoi figli le tre cose che
possedeva: un gatto, una falce e un palo di ferro. Il figlio più grande scelse per
eredità il gatto, il secondo prese la falce, al terzo toccò il palo di ferro. Il figlio
grande va in cerca di fortuna col gatto e capita in un paese dove non conoscevano i gatti,
ma c'erano tanti ratti che infestavano a destra e a manca e depredavano le scorte
alimentari. La gente vede il gatto e curiosa chiede sl giovane se quel 4 zampe era utile a
qualcosa. Il giovane fa: "Si chiama gatto e non lascia vivo neanche un ratto".
Lo mette alla prova e il gatto sbrana, spaventa, scompiglia tutti i topi. Quella gente
vuole l'animale e tira e molla il giovane lo vende 24 mila lire. I paesani faticano a
mettere insieme una somma così alta, ma nel pomeriggio sul tardi quando tutti i paesani
ritornano dai campi raggiungono la cifra pattuita e gliela consegnano. Partito il padrone
però, quel gatto comincia a miagolare così forte che sembrava invocare il diavolo, i
paesani si stufano e si spaventano. Richiamano il giovane e pur di liberarsi del gatto gli
restituiscono il gatto con altre 24 mila lire. Il giovane torna a casa, ricco e contento,
e tira sù il più bel palazzo mai visto nei dintorni. L'altro fratello, vista la fortuna
del primo, piglia la falce e parte. Arriva in un paese dove non s'è mai vista una falce,
dove tagliavano il grano con la lesina. Il giovane, venuto a conoscenza di ciò, dimostra
che in un'ora, con quella falce si poteva fare il lavoro che loro in quel paese riuscirono
a compiere in sette giorni. Subito i paesani vogliono la falce. Il giovane la cede per 20
mila lire. Ma il re di quel paese, per tagliare veloce, veloce, con un colpo di quella
falce si taglia la pancia. Allora il giovane viene richiamato, perchè si riprenda
l'arnese, e lui accetta, se gli vengono date però altre 20 mila lire. Cosa fatta. E anche
lui torna a casa ricco e contento e tira un palazzo uguale a quello del fratello.E così
finisce la ventura del gatto che miagola e della falce che taglia. E di quell'altro
fratello che aveva preso il palo di ferro, volete sapere come gli andò a finire? Gira e
rigira, non trovava nessuno interessato a quel palo. Allora al posto di portarlo in spalla
lo piantò a terra e gli cominciò a girare intorno e ancora gira,gira,gira...
Favria, 29.01.2013
Giorgio Cortese
La sincera passione si nutre di ragionamenti che la pura ragione non
conosce
Da coscritti a novelli proscritti!
Recenti eventi di puro vandalismo allinizio del nuovo anno,
letti sui giornali locali mi fanno riflettere che nella vita ci sono i distruttori ed i
costruttori, il lato buono ed il lato oscuro della Forza umana. I coscritti, anticamente
conscritto, dal latino conscriptus, sono i ragazzi che una volta venivano scritti nel
medesimo elenco per essere arruolati alletà dei diciotto anni, ed oggi indica i neo
maggiorenni che con lanno nuovo arrivano alla maggiore età e sono il nostro futuro
il lato luminoso della Forza umana. Ma poi cè il lato oscuro, i distruttori, che
non sono necessariamente dei neo maggiorenni, Questi dovrebbero invece essere
identificati e proscritti. Si avete capito bene, proscritti per i loro episodi di vandalismo
allo stato puro che danneggia in maniera vigliacca dei manufatti umani o per le torture
gratuite agli animali che cadono sotto le loro scellerati mani. Certo non intendo come
nellantichità che devono essere esiliati dalla nostra società, ci mancherebbe, ma
forse per loro sarebbe propedeutico indossare la maglia della pubblica gogna. Obbligarli a
riparare di persone loggetto o il manufatto danneggiato in una notte brava,
indossando una casacca che le identifichi come farlocchi. Certo niente a che vedere
con la gogna del Medioevo, che era un antico strumento di punizione che aveva lo
scopo di esporre il colpevole al pubblico ludibrio. Era una pena complementare al carcere
e riservata ai truffatori, ai mezzani e ai falliti, e consisteva originariamente in un
collare di ferro assicurato a una colonna o a un palo mediante una catena e stretto
attorno al collo del condannato. Vicino a lui un cartello indicava il suo reato e il suo
nome. In caso di morte o contumacia se ne esponeva l'effigie. La cittadinanza aveva una
certa libertà d'infierire sul reo, e normalmente lo copriva d'insulti, sputi e percosse.
La pena, che otteneva anche lo scopo di rendere note al pubblico le persone giudicate
pericolose, fu aspramente criticata da Cesare Beccaria in quanto fortemente lesiva della
personalità, e fu abolita subito dopo la Rivoluzione francese. Il lemma discende da gonghia,
collare di ferro, il quale deriva dal greco goggylos, rotondo da cui deriva
anche la parola spagnola gollon, grosso anello di ferro, dal quale gli
spagnoli lo fecero però derivare dallarabo al-golla e gli italiani goglia
e poi gogna. Ne è mia intenzione mettere una persona alla pubblica berlina, altra
pena in voga nell' alto Medioevo durata fino agli inizi dell' Ottocento. Su un
palco pubblico si metteva un condannato e se ne dichiarava il delitto e poi si lasciava
quindi libertà alla gente di oltraggiarlo. Dall' Ottocento il detto è usato in senso
figurato per indicare una derisione o una beffa organizzata con abilità insieme a un
pizzico di cattiveria. Esiste anche una probabile etimologia, infatti potrebbe derivare
dal termine di origine tedesca, berlengo, che per ironia linguistica significa tavola da
pranzo o da gioco. Ma ritengo che il farlocco, questo è il termine appropriato per questi
distruttori debba provare cosa vuole dire infierire contro oggetti inanimati o animali
domestici e oltre alla multa, legge della privacy permettendo fargli fare i lavori
di riparazione di quanto ha fatto con una casacca con scritto: Provo Vergogna,
perdonatemi! Penso che di fronte a una pena del genere molti distruttori si
trasformerebbero subito in costruttori incarnando il lato luminoso della nostra forza
umana
Favria, 30.1.2014 Giorgio Cortese
Ogni giorno che passa mi insegna che non sono gli anni della tua
vita che contano, ma la vita nei miei anni
Res gesate favriesi, da signore ad Abbà.
Il cognome Abbà è molto diffuso in Piemonte, nel cuneese,
ma ci sono ceppi anche nel bergamasco. Ma tutti derivano dalla parola tardo latina
abba, a sua volta derivante dall'aramaico abà, padre, nell'uso abituale
odierno di papà. Da questo nome deriva il temine di abate. Lorigine di
questo cognome è legata alla forte influenza francese che attribuiva al vocabolo il
significato di signore, esponente di una comunità, o monsignore, inteso come precursore
del vocabolo francese moderno Monsieur, Signore
Favria, 31.01.2014
Giorgio Cortese