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Evidentemente  l'ambizione di certe persone sorpassa il loro mediocre talento e per questo si sentono inostituibili

 

Per chi suona la campanella?

A Palazzo Chigi la cerimonia della Campanella si celebra solo per il protocollo e nell’ultimo passaggio di consegne il Premier uscente non ha nascosto il fastidio.  Questo evento di protocollo mi ha fatto venire in mente la figura di Aristide, figlio di Lisimaco, detto "il Giusto, nato ad Atene nel 530 A.C. e morto nel 462 a.C. Questo politico e militare ateniese combatte vittoriosamente per Atene nella battaglia navale di Salamina contro i Persiani e poi di nuovo nella splendida battaglia di Maratone contro lo sbraco Persiano, battaglia che salvò Atene e ci permettere di vivere la società attuale cosi come la conosciamo, perché se avesse vinto Serse,  non avremmo mai avuto tutta la cultura della Filosofia dell’Antica Grecia che da li a pochi anni si diffuse nell’antica  Atene. Nel 479 a .C. guidò per l'ennesima volta alla vittoria l'esercito ateniese contro i Persiani nella battaglia di Platea e successivamente data la sua probità e la sua rettitudine, da cui il suo soprannome "il giusto", fu incaricato di assicurare e raccogliere il contributo che ogni città facente parte della lega doveva versare ogni anno alla cassa federale. Sebbene avesse amministrato il tesoro della lega per molti anni, morì talmente povero che lo stato fu costretto a pagargli il funerale. Ma un episodio non militare lo rende veramente grande, tra una vittoria e l’altra subì l’ostracismo. Una procedura che permetteva alla democrazia dell’antica Atena di allontanare dei cittadini che si ritenevano pericolosi per la democrazia stessa, mediante un forzato esilio, e la sua colpa era quello di essere immensamente popolare. Durante la consultazione fatta per cacciarlo, venne avvicinato per strada da un tale che voleva liberarsene mettendo il nome di Aristide sul suo coccio, la scheda elettorale di allora, ma non sapeva scrivere. Volentieri Aristide diede l’aiuto richiesto. Poi chiese: “Ma tu, conosci questo Aristide? Hai ricevuto da lui qualche torto? Né l’una né l’altra cosa, rispose il cittadino analfabeta, ma sono stanco di sentirlo chiamare Aristide il Giusto”. Ho l’impressione che i nostri concittadini decidano ormai le loro scelte in base allo stesso senso di fastidio, epidermico e disinvolto, che animava lo sconosciuto ateniese. Ho la sensazione che il morbo che rodeva la democrazia dell’antica Atene alle nei palazzi del potere a tutti i livelli. Ma chi vogliamo al governo forse un ex comico che propugna solo di spaccare tutto o il ritorno ad un nababbo gaudente? Se la casa del mio vicino brucia, brucia anche la mia, se la mia Patria è nelle secche  della politica del fare niente, ben vengano dei giovani coraggiosi, chiamiamoli pure populisti che si impegnino a trovare dell giusto soluzioni con tanto buon senso. Ritornando al concetto del casa che va a fuoco, se c’è un incendio  devo si chiamare i pompieri, e se accorrono dei volontari a dare una mano non importa se hanno il patentino o meno. Vedo, invece, che si cerca di trovare il pelo nell’uovo per mettere in difficoltà chi si è buttato con generosità per cercare una via d’uscita. Abbiamo tutti l’impegno morale e civico di sostenere il Governo Renzi, Il Governo di tutti, i Ministri non hanno colore politico hanno come colore il tricolore della nostra bandiera. Tutti dovremmo essere tutti uniti a sostenere Matteo Renzi, dovrebbero aiutarlo a salvare l’Italia.. Ma tanti dicono sempre no o si aggrappano alla forma o, e questo denota una grave forma di opportunismo e anche di vigliaccheria, si sfilano. Se ci fosse solo incenso da condividere, la fila sarebbe lunga; poiché c’è il rischio… chi me lo fa fare!  Con il suo impegno il neogoverno dovrà dimostrare che si può andare lontano e bene, costruendo ulteriore unità attorno a obiettivi riformatori chiari, condivisibili e perciò largamente condivisi senza disperdere intenzioni ed energie e senza lasciarsi inchiodare in qualcuna delle trincee ideologiche care agli aggressivi portabandiera dello pseudo-progressismo. C’è tanto da fare, come: tagliare le pastoie che bloccano le braccia, ed il lavoro, della nostra amata Patria, le famiglie, le reti sociali, la scuola, le imprese che costruiscono e condividono beni e futuro, ramazzare via arroganze e inerzie di palazzo, dare trasparenza e sobrietà alla struttura politica e istituzionale, bonificare spese inutile e una burocrazia irresponsabile che si autocelebra, restituire equilibrio e sostenibilità a un sistema fiscale che oggi, purtroppo, umilia e demotiva gli onesti e i solidali imprenditori e vessa i lavoratori. Il neo premier che piaccia o no è il nuovo pulito che avanza, una storia nata  nel clima sincero e onesto di una giusta, concreta e competente idea di servizio, di una coraggiosa e saggia capacità di aprire e percorrere strade anche ardue, ma mai azzardate.  Forza Matteo i figli della nostra Patria che Tu rappresenti hanno la storica occasione di ripetere e confermare il meglio di ciò che i padri, i politici, hanno fatto, e non sei affatto condannato a ripetere e amplificare gli errori. In conclusione mi viene voglia di dare un modesto suggerimento al neo Premier, quello di cercare di scoprire la formula della colla che tiene molti nostri parlamentari attaccati alla cadrega! Ritengo che sia la migliore del mondo e se si trova la formula, brevettandola  anche con l’antidoto si farebbe una fortuna.

Buon cammino

Favria,   3.03.2014  Giorgio Cortese

 

Uno dei paradossi della democrazia è quello che tutti possono parlare, ma non è obbligatorio ascoltare.

 

Res gestae favriesi da Martinus a Martinetto

Cognome tipicamente piemontese, con varianti in Martinetti. Il cognome deriva dalla  cognominizzazione, del nome personale  "Martino", a sua volta, derivato dal cognomen latino "Martinus", probabilmente portato da un antico colono romano. Ma da questo Martinus deriva anche il lemma martinetto o  martinello, antico congegno usato un tempo per tendere la balestra, detto più comunemente. martinello. Nell’attrezzatura dei velieri, specie nei secoli 15°-17°, altra denominazione dell’amantiglio dei pennoni, costituito da un sistema di cavi collegati e tesati in successione da uno o più particolari bozzelli di grosse dimensioni, detti anche mocche di ragna.Ma con martinetto si indica anche una macchina  impiegata per il sollevamento, fino a un’altezza limitata, di grossi carichi, soprattutto autovetture, carri ferroviarî, se il martinetto èp di piccole dimensioni di chiama cric, di derivazione francese, vocabolo onomatopeico. Dal nome originario Martino deriva anche lemma martinicca,  freno a ceppi, azionato a mano mediante una vite, usato nei veicoli a trazione animale, si suole dire infatti mettere, dare, tirare la martinicca. Infine la famosa campana della martinèlla, che deriva dal nome di S.Martino, in quanto protettore dei soldati, con martinella, nel medioevo a Firenze veniva chiamata una a una campana che nell’imminenza di una guerra era innalzata sopra l’arco della porta di S. Maria e suonava continuamente a monito del popolo, suonare la martinella, al momento della partenza delle truppe dalla città, veniva issata sul carroccio. Ma è anche il nome del campanello elettrico che viene fatto suonare dal presidente della Camera in casi eccezionali, quando si crea un tumulto in aula, oppure per sgombrare la tribuna del pubblico.

Favria, 4..03.2014    Giorgio Cortese

 

Per migliorare davvero dovremmo per un attimo smetterla di rivendicare i nostri diritti e pensare ai nostri doveri

 

Ignoranti presuntuosi del mi piace su Fb!

Certe persone parlano volentieri di ciò che ignorano e ne parlano  benissimo! Ciccano mi piace sui social forum senza sapere il perché! Alcune settimane addietro sono andato in treno ad un corso di aggiornamento per lavoro. Ecco che   nonostante gli appelli alla moderazione dei cellulari,  sul treno l’italiano medio viaggia e vive con un telefonino incorporato al pa­diglione auricolare e sento un signore che spiega a un interlocutore l’attuale situazione socio-politica. Un vero maestro di saccenteria ignorante. Arrivo a casa alla sera e assisto in televisione ad un dibattito tra due 'esperti' e il discorso sta scivolando verso un tema di natura economica.  Rimango sconcertato ed  impressionato da due diverse sensazioni, la prima quella della chiara incompetenza in materia dei due e l’altrettanto decisa fermezza e sicurez­za nel sostenere senza la minima ombra di esitazione. Certo sono due casi limite ma, nel quotidiano tutti noi contri­buiamo un po’ tutti a dimostrare la nostra personale saccenteria ottusa at­traverso la nostra piccola o grande ar­roganza, oppure attraverso l’approssi­mazione negli studi, la superficialità nella preparazione, l’inesperienza e l’ignoranza, coniugata però alla pre­sunzione saccente. Ritengo che la più pericolosa sorta di stupidità è, infatti, quella di chi si crede sapiente e acuto. Queste persone veleggiano  senza timore alcuno nel vasto mare del ridicolo, con grande boria, lanciando giudi­zi, offrendo consigli, dispensando a­nalisi. E, attorno, molti o tacciono o condividono. Ritengo che il vero conoscere, infat­ti, si raggiunge solo nella paziente, ri­gorosa e faticosa ricerca, è ginnastica della mente e dell’animo e chi la raggiunge ha compiuto lunghissimi allenamenti!

Favria,  5.03.2014   Giorgio Cortese

 

Per vivere bene il presente quotidiano si deve evitare il pensiero della  o della morte ingannatore, perché fa dimenticare la volontà di vivere bene adesso.

 

Il vero amico

Si narra che  due amici, passando per i monti videro apparire davanti a loro un orso. Uno, più svelto, salì su un albero e vi restò nascosto, mentre l’altro, che già stava per esser preso, si gettò al suolo, fingendo d’esser morto. L’orso gli avvicinò il muso, annusandolo, ed egli tratteneva il respiro, perché, a quel che dicono, l’orso non tocca i cadaveri. Quando l’orso si fu allontanato, quello che era sull’albero discese e chiese all’altro che cosa gli avesse detto nell’orecchio l’orso. “Di non viaggiar mai più con dei compagni che nel pericolo non restano al tuo fianco”, gli rispose quello. Favola Esopo. Le disgrazie mettono alla prova la generosità degli amici.

Favria 6.03.2014   Giorgio Cortese

 

Devo sempre ricordarmi di assicurarmi di  aver terminato di parlare prima che chi mi ascolta decida di smettere di farlo.