Res gestae favriesi da razza audace a Babando

Per arrivare all’attuale cognome Babando sono partito dal nome germanico Theodbald a sua volta derivato dai germanici theod, popolo, e da bald, coraggio audace con il senso di razza audace. Successivamente il nome proprio per aferesi ha perso la parte iniziale rimanendo la parte finale, bald , coraggio e da li per trascrizione e pèr pronunce dialettali il passo è stato breve.

Favria,  7.03.2014                             Giorgio Cortese

 

Devo sforzarmi sempre di cercare di capire, e solo dopo di essere compreso dagli altri

 

Freschezza ed energia, 8 marzo Festa della donna

La scelta della data della data dell'8 Marzo per festeggiare la Donna, non è casuale, infatti proprio in questa data nel lontano 1929, negli Stati Uniti, in una fabbrica tessile ad alta concentrazione di lavoratrici, ci fu un grande incendio propagatosi nello stabilimento a causa della mancanza di sistemi di sicurezza e delle cattive condizioni lavorative in cui erano costretti a lavorare i dipendenti. Il disastro causò la morte di una larga parte di lavoratori, una percentuale altissima era composta da donne di età compresa fra i 18 e i 25 anni, morte soffocate prima di riuscire a raggiungere l'uscita, che era stata sbarrata dal di fuori in modo che gli operai non potessero uscire durante l'orario di lavoro. Questo triste accadimento, ha dato il via negli anni immediatamente successivi ad una serie di celebrazioni che i primi tempi erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo della orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica. Successivamente, con il diffondersi e il moltiplicarsi delle iniziative, che vedevano come protagoniste le rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale, la data dell'8 marzo assunse un'importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il proprio riscatto. Ai giorni nostri la festa della donna è molto attesa, le associazioni femminili organizzano manifestazioni e convegni sull'argomento, cercando di sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi che pesano ancora oggi sulla condizione femminile, ma è attesa anche dai fiorai che in quel giorno vendono una grande quantità di  mimose, divenute il simbolo di questa giornata, a prezzi esorbitanti, e dai ristoratori che vedranno i loro locali affollati, magari non sanno cosa è accaduto l'8 marzo del '29, ma sanno benissimo che il loro volume di affari trarrà innegabile vantaggio dai festeggiamenti della ricorrenza. Nel corso degli anni, quindi, sebbene non si  manchi di festeggiare queste data, è andato in massima parte perduto il vero significato di questa ricorrenza, perché la grande maggioranza delle donne approfitta di questa giornata per uscire da sola con le amiche per concedersi una serata diversa, magari all'insegna della "trasgressione", che può assumere la forma di uno spettacolo di spogliarello maschile, come possiamo leggere sui giornali, che danno grande rilevanza alla cosa, riproponendo per una volta i ruoli invertiti. Ma per  celebrare la festa della donna, bisogna comportarsi come gli uomini? Mentre l'uomo ha sulle spalle millenni di storia faticosa e ingrata, la donna esce appena oggi dalla soggezione, fresca e riposata, carica di energia e di voglia di rifarsi contro l'oppressore maschio. Riprendo la riflessione sulla questione femminile con le parole, forse provocatorie, di uno scrittore vibrante e persino satirico ora dimenticato, Luciano Bianciardi (1922-1972): esse sono desunte da uno dei suoi romanzi più noti, “La vita agra (1962)” e respirano il clima di quegli anni con un femminismo piuttosto aggressivo che alzava la testa contro “l'oppressore maschio”.  È, comunque, abbastanza vero che il Novecento ha segnato una svolta significativa nella storia faticosa di una piena emancipazione femminile. Ma io vorrei prendere spunto da un frammento della frase di Bianciardi, quello sulla freschezza e l'energia della donna. Purtroppo anch'essa ormai si sta uniformando allo stile pesante e un po' morboso dei nostri tempi; eppure la sua ricchezza sarebbe proprio in quella freschezza di cui abbiamo assolutamente bisogno, in quella energia capace di smuovere i luoghi comuni. Ci manca la tenerezza, la delicatezza, la finezza, l'acutezza, la fantasia, la creatività che la donna custodisce dentro di sé quasi come suo patrimonio spirituale e che spesso e la televisione ne è la prova lampante cela o dissipa per adeguarsi a un certo modello mascolino forzuto, banale, volgare e spregiudicato. E, invece, a tutti, uomini e donne, è ancora necessaria quella freschezza e quell'energia interiore.

Favria 8.03.2014            Giorgio Cortese

 

Auguri!

A tutte le donne che con il loro splendore  rendono magica la mia vita!Auguri a a tutte le donne, esseri  impenetrabili, delicati e meravigliose, che siete. Auguri a tutte le donne che giorno per giorno gridano in silenzio, a tutte quelle che vengono schiacciate dall'ignoranza e dall'ipocrisia! Dai tempi dei tempi la donna è l'essenza della vita stessa!

Donna, colei che non si arrende mai, colei che per i figli dà la vita, colei che ama senza compromessi, colei che prima o poi tutti hanno la fortuna di avere vicino!

Più rispetto a tutte le donne, Auguri!

 

Ricordi di Crimea

Il toponimo Crimea deriva dalla parola tatara Qirim poi traslata in greco come Krimeia. Gli antichi Greci la chiamavano Taurica o Scitica, Chersonesus Taurica o Scitica, nota anche come Tauride. Già la Crimea, una regione che conoscevo ancora prima di andare a scuola, si perchè ne parlavano in casa. Mi nonno materno aveva lavorato in Crimea prima del primo conflitto mondiale, con suo bisnonno. Un fratello di mio bisnonno era nato proprio la, dei parenti li erano stati sepolti, una anche a Tiflis, l’odierna Tiblisi, capitale, della Georgia caucasica, e Sarakamish,  e poi dai ricordi di scuola la Crimea era uno dei terminali europei della via della seta, e ha visto un susseguirsi tale di civilizzazioni forse senza pari. Dalla cività ellenistica nel Ponto Eusino, a Bisanzio, le repubbliche marinare di Venezia e Genova, i mongoli di Gengis Khan e l'orda d'oro, i turchi, i russi.. Nel XIII secolo Caffa era la più grande città italiana fuori della penisola, e i Polo avevano casa a Soldania.. Pensate che a Caffa nel 1346 fu combattuta la prima guerra batteriologica, i mongoli dell’orda d’oro guidati da Gani Bek assediavano Caffa, l’attuale Feodosija,  ricca colonia delle Repubblica di Genova.  Gli assedianti  gettavano con le catapulte i cadaveri degli appestati entro le mura della città. Gli abitanti di Caffa gettavano immediatamente in mare i corpi, ma la peste comunque entrò in città in questo modo. Ma nonostante tutto gruppi di lingua veneta sono sopravvissuti fino al disastro della seconda guerra mondiale.  Nell'estate 1853 lo zar Nicola I invade i principati danubiani di Moldavia e Valacchia, posti sotto la sovranità dell'Impero ottomano; pochi mesi dopo la Turchia, sostenuta da Gran Bretagna e Francia, dichiara guerra alla Russia. Gli anglo-francesi cingono d'assedio la fortezza di Sebastopoli in Crimea, principale porto russo sul Mar Nero. Londra e Parigi cercano di coinvolgere nella loro alleanza antirussa anche l'Austria, che però non si schiera. È invece il Piemonte sabaudo ad accettare di intervenire nella guerra. Nel maggio 1855 il primo ministro Cavour manda in Crimea un corpo di spedizione di 15 mila uomini al comando di Alfonso La Marmora, che prendono parte alla battaglia del fiume Cernia, agosto 1855,  dove combattè il concittadino Favriese  Francesco Antonio Costantino, distinguendosi per coraggio e preparazione militare. In settembre, dopo la caduta di Sebastopoli, il nuovo zar Alessandro II firma l'armistizio. Al Congresso di pace di Parigi, Cavour, grazie alla partecipazione piemontese alla guerra, può quindi sollevare la questione dell'unità e dell'indipendenza italiana. Dai contatti avuti con le cancellerie di Francia e Gran Bretagna, Cavour percepisce che un mutamento in Italia su iniziativa del Piemonte è fattibile, con l'appoggio delle due maggiori potenze occidentali e soprattutto di Napoleone III.La base navale di Sebastopoli ospita la flotta russa del Mar Nero dai tempi della zarina Caterina II, verso la fine del XVIII secolo. Nel 1954 il leader sovietico Nikita Kruscev, originario di una zona al confine tra Russia e Ucraina "regalò" la Crimea all'Ucraina, peraltro nell'ambito dell'Urss. Con il crollo dell'Unione Sovietica, Kiev mantenne la Crimea, ma nel 1997 fu stipulato un accordo ventennale che consentiva la presenza della flotta russa. In virtù del trattato, Mosca ha il diritto di dispiegare a Sebastopoli e in Crimea un centinaio di navi e 25 mila militari. La base è stata utilizzata per la guerra del 2008 contro la Georgia. Nel 2010 i parlamenti russo e ucraino hanno ratificato un nuovo accordo che estende di altri 25 anni la permanenza della flotta in cambio di uno sconto del 30% sulle forniture del gas russo, per un valore complessivo di 40 miliardi di dollari. Condizioni radicalmente mutate oggi, dopo la caduta del presidente filorusso ucraino Viktor Ianukovich. Sempre dai ricordi di scuola, fra i libri che  ho letto mi ricordo il libro “Centomila gavette di ghiaccio" di Giulio Bedeschi e "Il sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern sulla ritirata dei soldati italiani dalla Russia , e dall'Ucraina, durante la Seconda guerra mondiale. Quando la Germania nazista nel giugno 1941 decise l'attacco contro l'Urss, anche Mussolini volle mandare un corpo di spedizione italiano, contro i desideri di Hitler e senza chiedere il parere dei suoi generali, che l'anno seguente fu trasformato in Armata italiana in Russia, Armir, composta di ben 220 mila uomini, peraltro male equipaggiati e armati, che per metà persero la vita o furono fatti prigionieri

Favria 9.03.2014               Cortese   Giorgio

 

Di riffa o di raffa arraffano sempre, adesso con  l’IUC

Il termine riffa, significa una lotteria privata, avente per premio un oggetto di valore. Il lemma riffa deriva dalla parola spagnola rifa, che significa appunto, lotteria.  Raffa, invece, deriva dall'antico verbo raffare, aferesi di arraffare, l’aferesi in  linguistica è la caduta di una o più lettere all'inizio di una parola, con il significato di afferrare, strappare con violenza. Il lemma arraffare deriva dall’antico tedesco raffen con il significato di strappare con violenza. Di riffa o di raffa, in un modo o nell'altro, quindi , stando all'etimologia dei due termini, sempre di prepotenza. In Inghilterra esiste una frase idiomatica per significare il nostrano di riffa e di raffa ed è: “by hook or by crook “. Nell'Inghilterra medievale i "crooks" erano dei bastoncini curvi che servivano ai pastori per afferrare le zampe posteriori delle pecore. "hook" è un sinonimo di "crook". L'uso congiunto in questo modo di dire è una ripetitività e ha il solo scopo dell'alliterazione, una figura retorica e consiste in questo caso ad un suono in parole successive:Coca Cola, Mickey Mouse, Cip & Ciop. Allitterazione deriva dal latino adlitterare, che significa appunto "allineare le lettere". Tornando al nostrano di riffa e di raffa i nostri governanti con le buone e cattive maniere ci stanno confezionando una nuova tassa denominata IUC,  acronimo che sta per “Imposta Unica Comunale”, è una sigla che rinchiude tre diverse imposte, IMU, Tasi e Tari. É la famigerata "Service Tax" di cui si parla ormai da mesi, che servirà per coprire i servizi indivisibili del comune, come illuminazione e pulizia delle strade. All'interno dell'IUC è presente la "vecchia" tassa patrimoniale ICI, alias IMU, che dovranno pagare i proprietari di immobili diversamente dalla prima casa. La Tasi, che sta per "Tassa sui Servizi Indivisibili", è a carico sia del possessore sia dell’utilizzatore dell’immobile. Come l’IMU, si calcola sulla base imponibile della rendita catastale della prima casa di proprietà, mentre sulle eventuali altre proprietà resterà in vigore l’IMU, il prodotto fra l’ampiezza della casa e una tariffa calcolata dall’Agenzia del Territorio che varia da comune a comune, il tutto moltiplicato per un fattore proprio alla categoria catastale della propria casa. Di conseguenza non viene considerato il valore di mercato degli immobili al momento del pagamento: contano solo l’estensione della casa, il territorio dove è costruita e la sua "categoria catastale". La pagherà anche chi abita in affitto, in una quota variabile fra il 10 e il 30 per cento dell’intera tassa, e qui deciderà il  Comune. Sulla aliquota base di questa tassa il Governo pare intenzionato di affidare agli enti locali la possibilità di incrementarla tra lo 0.1 e lo 0.8 per cento. La terza parte della IUC è composta dalla Tari, tassa sui rifiuti e relativo smaltimento, sostituisce la tarsu e sarà dovuta da tutti i possessori o la detenzione a qualsiasi titolo di fabbricati, ivi compresa l’abitazione principale come definita ai fini dell’imposta municipale propria, di aree scoperte nonché di quelle edificabili, a qualsiasi uso adibiti.  Ed in Parlamento che cosa fanno? Piazzate narcisistiche dell’esaltazione dell'io e della libertà svincolata dalla Verità, che per questi facinorosi non esiste se non la loro. Meno male che chi guida le fila di questa battaglia inutile e deleteria è in perenne stato di confusione mentale. Questi novelli giustizialisti,  legalisti e legulei di ogni risma,  sono sempre pronti  a guardare la pagliuzza altrui ma a dimenticare la propria trave. Si ergono paladini della legalità, non quella con la maiuscola,  Legalità, ma del  legalismo formalista e burocratico, che dimentica che la legge è fatta per l'uomo e non l'uomo per la legge.  Ci vuole una bella faccia tosta per affermarlo a parole dopo che, nei fatti, si dimostra il contrario. Il rispetto della legge è una cosa troppo seria per essere ridotto a questo; ma a questo lo si cerca di ridurre, oggi, in questa povera Italia, troppo spesso incapace di guardare in alto e schiava del proprio basso ventre. Il resto della combriccola composta da fanfaroni, pasticcioni  del sottobosco politico, che dimostra come l’italico essere umano  non cambia né cambierà mai al cambiar di partito o di parte politica. Adesso più che mai abbiamo bisogno di guardare in alto, volare alto, sia  nei valori che nelle cose  e la mia non è utopia, perché ci sono per fortuna delle persone che hanno la  passione per il bene comune per il bene della popolazione.. Personalmente in attesa di conoscere le aliquote comunali, non mi resta che accendere un cero in chiesa e sperare in un qualche miracolo, ma oggi di riffa o di raffa ci arraffano sempre i pochi soldi che guadagniamo.

Favria, 10.03.2014   Giorgio Cortese

 

Se in un discorso voglio essere profondo devo sempre sforzarmi di  essere chiaro