Res gestae favriesi , i quartieri d’inverno del 1650

A Favria  nell’Ordinato del 14 marzo, alla presenza del molto magnifico notaio Giovanni Domenico Audo, Luogotenente, viene convocato il Consiglio   con il “suono della Campana tre volte sonata”, 14 marzo 1650, Antonio Sebastiano Cortina e Domenico Cataneo sindaci, Antonio Gallo, Carlo Antonio Costantino, Marcantonio Caresio, Antonio Giacheto, Giovanni Tomaso Perino, Tarro Michel Nitia Casinal consiglieri, la  Comunità deve fare fronte alle spese dell’alloggiamento dei soldati del reggimento di Santes. Infatti l’esattore Comunale Carlo Antonio Costantino resta giornalmente caricato dalle spese dei soldati sopracitati e si rende necessario aumentare le taglie per pagare il bestiame ai Particolari che hanno approvvigionato i soldati. Viene imposta la “Taglia in ragione di due ducali per ogni soldo di registro da pagarsi per ogni soldo di registro, ordinando pubblicarsi e intimarsi detta Comunità in questo posto per qual si intima del tutto pubbliche Testij alla presenza di Giuseppe Bongino e Giovanni Battuello fu Pietro di Favria testij.,   firmato Bernardino de Gaijs segretario” . Bisogna  precisare che questa indisciplinata soldatesca faceva molti più danni di quanto effettivamente consumava in derrate alimentari e che i Particolari che le alloggiavano erano responsabili dell’equipaggiamento militare degli armigeri ospiti e delle loro cavalcature.

Favria, 14.03.2014     Giorgio Cortese

Accipicchia, molte volte non ho mai  abbastanza tempo per fare tutto il niente che voglio

 Res gestae favriesi: la Taglia di san Martino del 1649

In questo Ordinato del 12 marzo, il Consiglio viene Congregato in casa di Maria Boggia, probabile dimora patrizia di quel tempo, doveva trattarsi molto probabilmente dell’ultima investitura fatta dai Monferrato in Favria. Viene imposta una “Taglia su registro di livre 6 e mezzi ducali, per ogni soldo di registro da pagarsi da tutti li Particolari di questo luogo e forastierj aventi beni catastali al registro di questa Comunità”. Il tasso ducale forniva un terzo delle entrate   dello stato Sabaudo, era un imposta diretta sui beni immobili con l’esenzione di clero e nobiltà.. Il tasso subiva a volte delle fluttuazioni e veniva imposto in alcuni periodi in forma straordinaria, le amministrazioni Comunali a loro volta imponevano ai Particolari possidenti, registrati nel libro del catasto la loro quota cotizzata con un maggiorazione percentuale a favore del Comune stesso. Con questo introito si poteva trovare il denaro dovuto al feudatario per la Taglia di San Martino. Questa “Taglia di San Martino” era la consegna al feudatario di quanto dovuto dalla Comunità, una percentuale del raccolto e una porzione dei banni, multe, dei bandi campestri. Furono esattori  “dell’imposto” per il tasso ducale nel 1649 Bartolomeo Tarizzo,  nel 1650 Domenico Cattaneo, nel 1651 Antonio Gallo, nel 1652 Antonio Robino, nel 1653 Giovanni Pietro Batuello. Nel 1654 e nel 1655 Giovanni Maria Casolasco, nel 1656 Giovanni Domenico Costantino, nel 1657 Francesco Nizia Vauda fu Giovanni Domenico.

Favria 15.03.2014  Giorgio Cortese

 Il  Gran Bollito Misto

E' un piatto che si trova piùo meno in tutta l' Italia settentrionale ed anche all' Estero,può sembrare audace elencarlo in vetta ai grandi secondi piatti piemontesi; ma l'originalità del bollito nostrano diventa indiscutibile se si pensa alla sua ricchezza, alla sua composizione, che non ha uguali in nessuna altra cucina. Ritengo che il termine  appropriato per definire il bollito sarebbe quella di scrivere sul menù la dicitura "Gran Bollito Misto", perché un piatto che racchiude in sé un po' di magia, imperniato su due numeri cabalistici: il sette e il tre. Sette dovrebbero essere i tagli di vitellone: punta di petto, fiocco, costata grassa, costata magra, coscia, spalla e sottopancia. Sette devono essere gli ornamenti che devono essere aggiunti: coda di bue, lingua di bue, testina, zampino di vitello, gallina o cappone, cotechino e polpettone. Sette ancora le verdure, variabili a seconda della stagione, ma tra le quali non devono mai mancare cipolla, carota e sedano. Tre infine le salse con cui il bollito deve essere consumato tra quelle proposte e sono : la salsa verde a base di prezzemolo, la salsa rossa a base di pomodori, la salsa gialla, la senape, la mostarda d'uva, la salsa del povr'om a base di brodo, pane, aceto, scalogno, prezzemolo e cipollotti, il rafano, e la saussa dj avije a base di gherigli di noci tritati e senape diluiti in miele e brodo, nel novarese si aggiunge anche la mostarda di zucca e la mostarda di Cremona. Per un buon bollito, " Il bue deve essere giovane e grasso ed avvezzo all'aratro", così scriveva nel 1612 il medico di corte del duca Carlo Emanuele I, in un volumetto sulle virtù i pregi e i difetti degli alimenti. E' quasi banale aggiungere che il bollito non di il lesso, ma talvolta si fa confusione,: il lesso è la carne messa in acqua fredda, e poi fatta scaldare, con questa si fa un  ottimo brodo, ma si impoveriscono le carni. Il bollito è invece la carne messa nell'acqua già bollente, il brodo è meno,  ma le carni conservano ricchezze di gusti, profumi e sostanze. E poi abbiniamo un buon vino, rosso della casa,, della terra ubertosa di Salassa, ed  ecco il bollito, anzi andate da Mauro Cortese, a Cuorgnè al ristorante Armony, il Gran Bollito Canavesano, una specialità che mi fa venire l’acquolina in bocca.

Favria, 16.03.2014   Giorgio Cortese   

 

Un vecchio proverbio russo dice che negli  scacchi non devo mai guardare il mio avversario come una pecora, ma come un lupo, e questo vale anche per la vita di tutti i giorni

 

Soldi pubblici, soldi nostri!

In questi anni di crisi, ogni piccolo spreco ed ogni piccola evasione hanno un danno enorme per la nostra economia che arranca per uscire dal lungo tenebroso tunnel della crisi. Si deve arrivare alla consapevolezza di ognuno di noi che  mettersi in politica non è un modo per far soldi. In questo momento, sfuggendo alla facile demagogica, è un dovere di tutti ridurre i costi della politica e ritengo che siano sempre più efficaci gli esempi pratici a delle inutili prediche.  La questione del costo della politica tuttavia deve essere affrontata anche ai livelli delle amministrazioni locali, delle loro attività economiche, delle innumerevoli commissioni di dubbia utilità e di sicura retribuzione. Non si tratta solo di un problema di risparmio economico o di generica moralizzazione, che sono tuttavia elementi che hanno il loro peso e non vanno sottovalutati. Ma forse il problema attuale di alcuni politici, per fortuna non tutti  è rappresentato dal tipo di selezione,  per così dire al contrario, che si determina nella propensione all'attività politica, se essa viene intesa soprattutto come una carriera lucrativa, il che induce chi intende invece mettersi al servizio del bene pubblico a cercare altre strade come quelle del volontariato e dell’associazionismo, che sono cresciuti esponenzialmente proprio in concomitanza con il declino dell'impegno politico.  In particolare, con la crescita della disoccupazione noto un ingrossamento dei "posti" che dipendono dalle autorità politiche e amministrative, apparentemente e inizialmente giustificato da impellenze sociali, ma che con l'andar del tempo si è trasformato in una forma talmente diffusa e intrecciata di potere clientelare da apparire alle popolazioni come il vero volto della politica e quindi dello Stato. Si Deve smetterla con il buonismo ad ogni costo, basta con l’inutile tentativo di trovare una giustificazione per ogni azione che alla fine confonde tra quanto è lecito o moralmente illecito. Nel primo novecento ai tempi dello scrittore francese Léon Bloy, questo atteggiamento veniva classificato come "sentimentalismo" e questo scrittore  lo bollava, nel libro recentemente letto “Esegesi dei luoghi comuni”con questa immagine pittoresca ma incisiva: “Sentimentalismo è avere compassione dei carnefici di Gesù Cristo. Povera gente, così mal pagata per tanta fatica!” Certo oggi esiste anche l’opposto, ovvero la malignità aggressiva che genera cieca irruenza e bieca  prevaricazione, per cui non guasterebbe raccomandare una dose di buon senso che aiuterebbe il rispetto e l’ascolto reciproco. Tornado ai soldi pubblici, che sono i soldi di tutti noi, anche di chi li spreca senza rendersene conto servono a gestire la  spesa pubblica che si sta dilatando a causa della crisi finanziaria ed economica internazionale. Siamo sempre sul tenuo crinale di finere sempre dentro ad una nuova “sprecopoli”. Nella nostra Patria pare che i nostri soldi finacsano dentro ad un secchio, della spesa pubblica, che  è sempre bucato. Ma se ci sono dei buchi esistono degli antidoti, forse per non tappare tutti i buchi del secchio, ma almeno per minimizzarne la portata. Due sono particolarmente importanti. Il primo dipende quasi interamente dalle pubbliche amministrazioni. Il secondo da tutti noi. L’antidoto 'interno' è un’attenta valutazione delle operazioni di spesa pubblica, facendo ricorso a metodi consolidati e trasparenti come quelli dell’analisi dei costi e dei benefici  finanziari, economici e sociali.. In Italia, questa norma, la legge 144/1999, e sarebbe bello capire se questa norma viene effettivamente  e quanto non invece disattesa. Se l’antidoto resta sulla carta il veleno dello spreco non può che espandersi, con  effetti nocivi per tutto l’organismo.  L’antidoto 'esterno', non meno importante, è costituito dal «capitale sociale» che si sviluppa mettendo in rete il capitale umano di individui, famiglie e imprese. L’Italia è ricca di capitale sociale, anche se non suddiviso uniformemente in tutta la Penisola e spesso non adeguatamente espresso. L’associazionismo dovrebbe essere il modo più efficace per fare emergere dall’ombra il capitale sociale e dare ad esso una funzione di vigilanza, di controllo, di premio e di sanzione nei confronti di chi a livello politico e tecnico gestisce la spesa pubblica.. E qui che esce il  fariseo buonismo che se un’associazione è onlus, deve fare volontariato e deve operare senza senza rendicontare nulla dei soldi pubblici che riceve, perché è una Onlus! Ma purtroppo nel Terzo Settore, cresciuto in fretta in questi anni a fianco di Associazioni che fanno veramente volontariato esistono anche ad enti e associazioni di volontariato, che a discapito del nome usato, in favore dell’utilità e promozione sociale fanno ben poco. Esistono circoli e palestre, e associazioni pseudo sportive carattere ricreativo e culturale che invece nascondono precise attività commerciali, in cui la base gestionale è non in mano a tutti i soci, ma solo ad alcuni di essi, alla faccia del principio di democraticità che dovrebbe caratterizzare tali circoli, dove magari si fa pagare la retta travestita da quota associativa, differenziata a seconda dell’attività e in base alla durata del periodo di iscrizione facendo diventare il cliente un vero e proprio socio e magari usufruiscono pure di contributi da Enti Pubblici. Come aveva ragione James Joyce quando nel suo capolavoro, l'Ulisse, affermava che “Il sentimentale è colui che vorrebbe godere senza addossarsi l'immensa responsabilità dell'agire e del giudicare”. Egli cerca di smussare tutti gli angoli così da non restare impigliato in scelte che possono creare disturbo, che esigono discussione e argomentazione, che impongono coerenza e persino isolamento. Ma voglio ricordare che la pura verità talora può anche bruciare e non solo riscaldare ma è quella che ci permette di pagare tutti le tasse per pagare di meno

Favria,  17.03.2014          Giorgio Cortese