Supercalifragilistichespiralidoso

La magia Disney non cessa mai di farsi sentire su grandi e piccini. Pare che sia proprio questo il segreto del papà di Topolino e Paperino, quello di riuscire con le sue storie animate a catturare i più piccoli e nello stesso tempo a farci riflettere noi smaliziati adulti. Ed ecco che ritorna la mitica Mary Poppins, la dolce, magica e unica babysitter nata dalla penna di Pamela Travers, portata sul grande schermo nel 1964 da Disney e interpretata da Julie Andrew.  Mary Poppins ha accompagnato i miei Natali dagli anni settanta e , immancabilmente il film viene riproposto in tv durante le feste, insomma un evergreen intramontabile. Mary Poppins è una figura perenne, e la si può pensare a seconda di come si osserva il personaggio che sia anarchica, femminista, anticlassista, insomma una vera e propria bomba anche per i nostri giorni. Sembra autoritaria e dispotica ma in realtà è regolata solo dal buonsenso e dalla fantasia. E’ una donna che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, neanche dagli uomini, anzi tutti la ammirano e sono in soggezione alla sola sua presenza. Questa strepitosa bambinaia è amica dei poveri spazzacamini mentre sbeffeggia con ironia la borghesia per la quale lavora. Personalmente, ogni volta che guardo il film di   Mary Poppins ho una sana iniezione di ottimismo contagioso. Già la parola inventata: Supercalifragilistichespiralidoso è una composizione di più parole e modi di dire: Super, sopra,; cali,bellezza; fragilistic, delicato; expiali, fare ammenda; docious, istruibile. La versione originale è infatti Supercalifragilisticexpialidocious, quindi il significato delle sue parti sarebbe "fare ammenda per la possibilità di insegnare attraverso la delicata bellezza". Una parola fantastica, creativa, un po’ pazza, che non esiste, ma che invece prende vita se la si sa pronunciare. Come a dire che la fantasia e la creatività sta in ogni angolo, fa parte di noi e può migliorarci, anche con una semplice passeggiata nel parco, con la fantasia si può trasformare in una gara di cavalli da giostra. Una storia che riesce a essere coinvolgente per i più piccoli e per gli adulti. La storia parla al cuore, mettendo sul piatto i sentimenti e le relazioni che legano genitori e figli, aspetto che coinvolge immediatamente grandi e piccoli, ma parla anche alla ragione, mettendo in scena sottili metafore che non hanno perso smalto. E’ proprio vero che i messaggi più acuti, che dimostrano una intelligenza straordinaria nell’arrivare al cuore dei problemi dei nostri giorni, sono quelli sulla mancanza di tempo e quelli contro le lobby finanziarie e il denaro. Il Tempo, oggigiorno viene molte volte vissuto come un fastidio,  e nel film è scandito e regolato da un altro personaggio indimenticabile, un capitano della marina in pensione che spara con un cannone dal tetto di casa sua a ogni scoccare d’ora, obbligando i vicini protagonisti a interrompere ogni azione per tenere fermi gli oggetti della casa, scossa come da un terremoto dalla fastidiosa esplosione. Il Tempo scandito da noi miseri esseri bipedi è terribilmente, inesorabilmente, prepotentemente invadente. È comunque nell’attacco alle banche e al denaro che il film acquisisce davvero una dimensione immensa. Il padre di famiglia si chiama Banks e lavora in banca e il denaro e il lavoro lo imprigionano in un gabbia, che non esiste,  che lo fa stare lontano dai figli, che addirittura gli fanno impedire al figlio di donare due penny per dar da mangiare ai piccioni, perché “i soldi in banca fanno reddito”. È qui, nel finale, che si capisce che è il padre ad aver bisogno dell’aiuto di Mary Poppins, non i figli, e si arriva all’inevitabile lieto fine. Questa storia ci parla con coraggio di temi universali e anche complessi a fa sì che Mary Poppins riesca a durare nel tempo.  Un bellissimo messaggio del film è la canzone: “Con un poco di zucchero la pillola va giù”  che sottolinea che si può far qualsiasi cosa col sorriso, perfino i lavori più umili e meno comodi come lo spazzacamino, persino prendere una medicina o mettere a posto la stanza. e poi   “Rido da morire” cantata da uno zio che non riesce a smettere di volare perché continua a ridere. Insomma: una risata alleggerisce la vita, la nostra  e di quelli che ci stanno intorno, perché non ne assumiamo una dose quotidiana, fa bene e aiuta a vivere meglio

Favria,  16.04.2014                  Giorgio Cortese

 

Donare il sangue è la solidarietà come  comune denominatore dell’agire quotidiano. Mercoledì 16 aprile a Favria, cortile interno del Comune dalle ore 8 alle ore 10,30 Ti aspettiamo.

 

Res gestae favriesi , da  sacerdoti del dio Apollo ad Arrò

In Italia : 87 persone hanno il  cognome Arrò..A Favria si trova menzione di questo cognome nell’atto del  31 agosto 1771 sindaco Mateo Cattaneo, consiglieri: Francesco Arrò, Domenico Tarizzo, Giuseppe Nizia e Giovanni Battista Caresio. Da una ricerca effettuata pare che il cognome possa avere la stessa origine del toponimo Arro, Salussoglia,  località di indiscussa origine romana, dove è stata ritrovata  un’antichissima stele, dedicata ad Aticia, e altri reperti archeologici trovati nei dintorni dei cascinali di Gorei e di Mezzo.Un'antichissima mappa indica la zona, all'interno di una folta foresta, con il toponimo di " Ara ", forse riferito a un luogo con un'ara sacrificale dedicata al dio Apollo. Lo steso territorio è anche ricordato in numerosi testi ottocenteschi, che descrivendo sommariamente il Brianco, indirettamente citano anche Arro " ... perrochè il vetusto ponte in sull'Elvo, che vi scorre da presso a tramontana, collegava verso greco l'estremità di essa regione con luoghetto di Ara, ora denominato Aro ". Il toponimo " Arro " è probabile che derivi da Ara, in alcuni documenti è citato Aro ed in altri Arr. Certo la sua origine potrebbe anche essere di origine  spagnola, esistono degli Arrò  citati come nobili in araldica o potrebbe essere di  origine gergale. Infatti nel due-trecento il  termine "Arri, o Arrò" era la voce di incitamento che si dava agli animali da tiro e da soma...di probabile formazione onomatopeica", usata già dal due-trecento e documentata nel provenzale, spagnolo, portoghese e arabo. Ma forse l’origine più probabile è quella scritta all’inizio, forse  i primi Arrò abitavano vicino a delle are sacrificali dedicate a quel dio, da lì il toponimo e poi l’assunzione nel tardo medioevo di quel cognome

Favria, 17.04.2014                  Giorgio Cortese

 

L'entusiasmo è alla base di tutti i progressi. Il segreto della vita quotidiana è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere il mio entusiasmo, perché senza entusiasmo non si è mai compiuto niente di grande

 

De Gustibus Non Est Disputandum

La frase latina che significa: “sui gusti non si può discutere”, è assai frequente per affermare che i gusti sono soggettivi e ognuno ha diritto ad avere i suoi, per quanto strani possano sembrare ad altri. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è di Cicerone ma di origine medievale e molte volte si pronuncia un semplice de gustibus … sottintendendo il resto dell'adagio e il suo significato. De gustibus non est disputandum è anche il titolo di un  dramma giocoso in musica  composto da Carlo Goldoni nel 1754.  Certo devo essere tollerante con le idee degli altri, la  tolleranza dovrebbe essere una fase transitoria che deve portare al reciproco rispetto. Certo, di fronte al razzismo, alla xenofobia, alla reazione ostile nei confronti di tutto ciò che è diverso, ben venga la tolleranza che è indulgenza e accettazione di qualsiasi opzione differente purché si collochi nel quadro di un comportamento umano, etico e sociale accettabile. Tuttavia permettetemi di esprimere una riserva sulla tolleranza pura e semplice, per passare a un’altra umana inclinazione, oggi molto trascurata: “il rispetto”. Evidente, che deve esserci sempre un confine da osservare, definito dalle leggi dello Stato e da una morale di base generalmente condivisa. Entro questo perimetro è positivo passare dalla mera sopportazione allo sforzo di comprendere, al paziente dialogo con l’altro, alla longanimità nel giudicare, al rispetto appunto. Usi e costumi, visioni del mondo, esperienze culturali e religiose possono essere simili a uno spettro colorato: ognuno di noi deve tenere ben ferma la barra sulla concezione che ha scelto coscientemente, deve praticarla e testimoniarla con coerenza; ma al tempo stesso è necessario che conosca e rispetti quelle prospettive che non fanno saltare quell’arcobaleno ma che sanno coesistere ed esprimersi accanto alle altre. Solo così si può ogni giorno gustare la gioia di vivere di essere nel mondo, di godere delle sue bellezze. Certo, abbiamo tante cose di cui lamentarci, troppi pericoli ci costringono a badare dove mettiamo i piedi per non inciampare. Ma talora è necessario alzare il capo e contemplare il cielo e la terra, i volti e le presenze, i colori e le armonie. E' solo così che si sperimenta, almeno in un bagliore, che cosa sia la serenità e la pace, come sia possibile accendere nel nostro intimo una luce che illumina il mio cammino quotidiano

Favria,   18.04.2014   Giorgio Cortese

 

Che bello quando riesco a trasferire negli animi di chi mi circonda una piccola dose del mio ottimistico entusiasmo,   perché senza passione non hai energia e senza energia non abbiamo nulla

 

E' l'uomo che governa il mercato o il mercato che governa l'uomo?

 

Aspettare…

Oggigiorno la vita è sempre di più frenetica il tempo dell’attesa oggi è compresso come certe confezioni alimentari come il  riso o il caffè ad esempio, conservati in buste sottovuoto, viene tolta l’aria proprio per rendere più compatte e leggere le confezioni.  Negli alimenti togliere l’aria è anche una maniera per mantenere fresco il cibo. Nella vita togliere l’aria tra un evento e un altro ha tutto un altro significato. Perché l’aria è il tempo dell’attesa, e il tempo dell’attesa è un tempo importante perché genera altri spazi, pensieri, induce ai cambiamenti, corre con il mondo. Il lemma aspettare, deriva dal latino exspectare, aspettare, incrociato con aspectare, guardare attentamente. le giovani   generazioni cresciute con i social pretendono che tutto avvenga alla stessa velocità della rete. Chi scrive una mail tiene conto della rapidità dell’invio e pretende una risposta immediata. La risposta a una mail che arriva il giorno dopo indica un’indecisione, una distanza. Tutti sanno esattamente quando l’altro leggerà quello che si è scritto. Alcuni utilizzano le notifiche di lettura per far sapere a chi spedisce un messaggio sms, su whatsapp, su una mail, quando è stato letto. Inoltre l’aver trasferito posta e messaggi di vario genere sui dispositivi mobili accentua ancora di più la nevrosi. Io scrivo, tu leggi subito e non rispondere diventa uno sgarbo, un vuoto difficilmente colmabile. La scrittura diventa simultanea, e non permette la non risposta. Certi giorni dopo la gionata di lavoro mi sembra di essere simile ad un giocatore di tennis a cui la palla non torna indietro, perché l’avversario si assenta dal campo. Le vecchie lettere impiegavano giorni. Le attese erano una rielaborazione dei concetti, portavano a una valutazione delle cose più profonda. Perché spesso mettere nero su bianco i propri pensieri non è un punto di arrivo, ma una nuova ripartenza, una riflessione aggiunta. L’attesa è libertà ed è rispetto. L’attesa non è un vuoto incolmabile, un segnale di disattenzione o di indifferenza, ma è una passeggiata lunga e silenziosa che rimette a posto i tasselli di quanto ho scritto, e che mi permette di immaginare che risposta potrei ricevere, e in che modo. Oggi le risposte sono contemporanee alle domande. Sono quasi la stessa cosa, lo stesso testo. E generano l’ansia di continuare, di aggiungere, di ribadire. Certo, avveniva e avviene anche in una conversazione, ma la conversazione obbedisce alle tre unità aristoteliche: quella di tempo, di spazio e di azione. La conversazione è teatro, è commedia. La scrittura, con la richiesta di una risposta immediata, non è teatro, è altro. Sono parole che scorrono nella giornata e che vogliono l’aria, il respiro attorno per capirle meglio, per sentirle nel modo giusto. L’attesa oggi porta alla nevrosi di mancata risposta. Per tanti oggi  l’attesa è purtroppo una perdita, è  un luogo vuoto di un tempo che non sanno come riempire: di un tempo senza aria, senza respiro, di cui ormai molti sono schiavi.. L’attesa di fare certe azioni, di non partire con l’istinto ma con il fine e lucido ragionamento è la sublimazione dell’umana intelligenza. Che bello quando simulo l’ignoranza e l’l’apparente inettudine, non nel lavoro, ma nelle discussioni a fine giornata. Molte volte mi viene da pensare che è meglio simulare l’ignoranza e restare inattivo piuttosto che, senza volerlo, mostrarmi saggio pur non essendolo e agire temerariamente? Restare tranquillo ma non lasciarmi sfuggire l’occasione buona: quando l’occasione non è ancora giunta aspettare come il leone nel folto della savana aspetta che la gazzella si abbeveri alla pozza d’acqua, restando immobile come uno stolto, in quei momenti se mi agito mi comporterei solo da folle e non solo rivelerei il mio gioco. Nella vita di ogni giorno, in certe prove fingermi stolto, significa non correre all’impazzata, non agire alla leggera. Il senso dell’espressione nel suo complesso è dunque assumere i modi e le parvenze dello stolto ma restando vigili e pronto a cogliere le opportunità. Nell’Arte della guerra si dice: “Il comandante deve essere abile ad ingannare le orecchie e gli occhi degli ufficiali e dei soldati, in modo da tenerli all’oscuro” circa le reali risorse delle quali si è in possesso”. Nella vita quotidiana, dunque, non devo mai farmi spaventare delle difficoltà, abbandonare le mire iniziali né cercare altri mezzi. Se si consolido passo dopo passo le posizioni e seguo la  strada scelta si segna sempre il punto vincente. Per questo chi si finge stolto vince, chi si finge folle è sconfitto. Non devo mai stancarmi di  aspettare perché il giorno più bello della mia vita può arrivare domani. Devo ogni giorno comportami come gli stupendi alberi del parco Martinotti, Favria, che attendono ogni anno l’arrivo della  primavera per riempirsi di foglie. Il raccolto e le fioriture dipendendone dalle mia attuali scelte, nella vita di ogni giorno bisogna saper donare  senza chiedere nulla in cambio, andare sempre oltre l’attimo che vivo, aspettando con olimpica e placida attesa.

Favria,  20.04.2014   Giorgio Cortese

 Per andare avanti  bisogna sempre esaltare il gruppo, spaventare l'avversario, propiziare la vittoria