Saluto militare

L'odierno saluto militare utilizzato in tutto il mondo, consiste nel portare rapidamente e rigidamente alla fronte la mano destra. Esistono varie ipotesi interpretative in merito alle origini storiche del "saluto alla visiera", ovvero il più diffuso tipo di saluto militare attuale. Una delle versioni più plausibili sul gesto di portarsi la mano alla fronte deriva dal fatto che durante il Mediovevo in Europa i soldati indossavano le armature, elmi compresi, e per farsi riconoscere dai propri superiori o dai loro stessi alleati si portavano la mano sulla fronte nell'atto di alzare la celata, ossia la visiera dell'elmo. Tale gesto rimase in uso anche dopo la dismissione delle armature e degli elmi classici. Un'altra versione riferisce che il gesto di portare la mano al capo richiami quello dei cavalieri medievali che, prima di affrontare l'avversario, chinavano la visiera, anche in omaggio al nemico che avevano di fronte: infatti nell'esercito italiano durante il cosiddetto "saluto al basco" la mano si tiene rigidamente distesa ma leggermente inclinata in avanti, proprio a richiamare la visiera dell'elmo che si chiude. C'è da aggiungere che a quell' epoca, visto che nella maggior parte dei casi gli eserciti erano composti da più gruppi non regolari di truppe create o assoldate dai signori o nobili feudali, che combattevano per i loro interessi territoriali locali o su richiesta dei regnanti o omperatori, le armature o gli stendardi di riconoscimento non erano uniformi come sono state in seguito le divise tipiche dei corpi delle forze armate, ed i pochi fregi o simboli di riconoscimento erano poco visibili in lontananza. Inoltre come per il saluto civile ovvero la stretta di mano DESTRA, alzare la mano alla fronte simboleggiava un gesto di pace in quanto la spada si teneva con la destra, "impegnare" la mano destra simboleggia la volontà di non combattere o infierire, quindi un saluto di pace.

Favria, 3.05.2014    Giorgio Cortese

 

Trentatrè!

Il significato della "Trentatrè", l'inno degli alpini, ad oggi varie interpretazioni...quale sarà quella corretta?

A voi il giudizio:

33 è il numero di battute al minuto dell’inno. Per chi non si intende di musica possiamo dire che è il numero di colpi di tamburo che batte il ritmo (un colpo forte per ogni battuta. 

33 era il 33º pezzo nel repertorio delle fanfare alpine dei primi reparti. La sua vera origine viene però da un inno francese: Les Fiers Alpins, testo scritto da D'Estel, con la musica di Travè.

33 erano i passi   da fare al minuto marciando (contando il passo fatto sempre con il sinistro) e sul quale doveva sempre essere dato qualsiasi ordine di marcia;

33 si attribuirebbe al suono dei primi quattro accordi della marcia stessa che vagamente suonano come la parola «trentatré»;

la leggenda dice che nella prima fanfara alpina il maresciallo direttore richiamava questo brano indicando con le dita, gesticolando, 2 volte 3;

33 è il numero della pagina degli spartiti della banda nel 1887.

 

Memorie di un alpino favriese per i 90 anni del Gruppo.

Ho raccolto questa testimonianza di un alpino che desidera restare anonimo e che trascrivo: “Sono un semplice alpino che da tantissimi anni fa parte del gruppo di Favria. Certo non ho i 90 anni del gruppo ma sono quasi vicino a quella veneranda età e  ogni tanto mi capita di dire, con genuino orgoglio, con le persone che incontro, che sono un Alpino. Appena pronunciata la parola Alpino, mi accorgo che sul viso di queste persone, in tutti questi anni, appare un sorriso. Un sorriso che è sempre di simpatia e di grande stupore. Sono avanti con gli anni e non partecipo più, da tempo, alle  adunate e spero di essere ancora vivo per partecipare ai 90 anni del mio gruppo di Favria, fondato nel lontano 1924. Mi viene da ripensare, allora, con la meraviglia di un bambino a tutte le adunate vissute e rivedo quei fiumi di penne nere avanzare per la stessa strada di tante Città, in tante regioni Italiane. Ci penso spesso poiché quella visione mi dà una grande forza proprio nei momenti nei quali mi sento stanco e troppo vecchio per affrontare le grandi battaglie quotidiane nell’arrivare a fine mese con la mia misera pensione, dopo una vita di sacrifici e rinunzie. Ecco che allora mi chiedo, nella mia ignoranza, avendo frequentato la scuola solo fine  alla quarta elementare, quale sia il magnifico mistero che unisce  centinaia di migliaia di persone, provenienti da ogni parte d’Italia ed anche dall’estero, con vite diversissime tra loro, in quelle sfilate favolose. Che belli quei momenti, con tutte quelle persone, che bello stare insieme, con l’animo traboccante di gioia, con gli sguardi di tutti da bocia al vecjo sempre avanti con speranza. Se ripenso a quei bei momenti mi prende una forte commozione e mi luccicano gli occhi. Mi domando allora quale forza misteriosa abbiamo dentro noi Alpini, ci penso e poi ragionando tra di me, e mi permetto di dirlo, nella mia grande ignoranza, che quasi certamente non esiste altra Associazione dove migliaia di miglia di persone che comunicano tra di loro ed annuncino anche ai non Alpini un bellissimo messaggio di fratellanza e di pace, un messaggio di dialogo e di tolleranza, il messaggio dei valori Alpini che ci accomuna. Pensando al Gruppo favriese che mi onoro di appartenere mi ricordo ancora, quando sono partito per la naja, era inverno, sono andato a piedi fino a Rivarolo per prendere la Littorina, cosi si chiamava il treno allora, e dalle cascinali di Favria dove abitavo, fino a Rivarolo C.se non c’era la corriera. Ricordo il periodo di leva, nonostante che ci fosse la guerra e poi il dopoguerra, non c’era nulla ma eravamo tutti più felici e avevamo con i nostri prossimi, dei rapporti più distesi. Pensando al gruppo mi ricordo quando negli anni settanta è stato inaugurato davanti al Castello il monumento e la sede attuale della mia Associazione. Ricordo ancora dei pezzi del discorso di allora, messaggi di speranza che mi accompagnano ancora adesso. Mi rammento che qualcuno delle Autorità presenti, la memoria non mi aiuta, aveva detto che noi alpini: “ Siamo come il vino delle bollicine, ossia siamo sempre pieni di vita”. Penso molte volte a quel bel momento conviviale e questo mi aiuta ancora adesso a vivere senza paura nell’affrontare gli acciacchi degli anni e le amarezze quotidiane, quel ricordo riempie sempre il cuore di gioia, come le bollicine del vino. Grazie Alpini di Favria, grazie di cuore A Voi tutti e, anche quelli che hanno già fatto un passo avanti, avete nella vostra laboriosità quotidiana, formata da tante vite vissute operosamente, trasformato e reso la vita gioiosa di tante persone. Grazie mille! Cari Alpini quando mi trovo con Voi mi rendo sempre di più conto che solo facendo il proprio dovere nel silenzio discreto del fare senza voler apparire. Io Alpino, ormai avanti negli anni, questa passione me la porto appiccicata sul viso e nell’animo, nel ricordo delle sfilate, nello sguardo sereno, nel passo unico nell’avanzare vicini e compatti, senza alcuna incertezza, con il rumore di un unico scarpone. Ma finita la festa, che spero quest’anno di assistere al novantennale del gruppo, nessuno dopo, resta solo, perché torno sempre a casa con il  desiderio sempre appiccicato sul viso, con lo sguardo sereno, continuando a sentire la presenza degli amici commilitoni vicini e compatti nel suono di un unico passo, perché non torno a casa solo, torno ogni volta con tutti Voi nel cuore!”

Grazie Alpini di   Favria, Grazie Alpini di tutta Italia!

Favria,   04.05.2014  Giorgio Cortese

 

‘L  ciochin

Tirò ‘l ciochin, la corda a sona, saota fora ‘l lum con la serva ‘n man; l’ai ciamaie s’a iera sor prevost, l’a rispomdume che d’si ch’a iera nen

 

I nomi popolari

I nomi popolari delle nostre piante sono sempre di fine fattura, siamo essi scherzosi o seri o siano talvolta amche aspri, colpiscono sempre per la loro originalità. Molti di quesati soprannomi affndamo le loro radici nell patrimonio dolcloristioco della storia della nostra lingua madre. Pensate i billeri vengono chiamati crescioni dei prati, ma vieniva anche chiamato fior di cuculo, perché sboccia quando il cucolo comuncia a farsi sentire. il senecio volgare, un fiore giallo che cresce ai margini delle strade viene chiamato erba calderina, forse perché si sviluppa ai primi tepori primaverili, Ma anche erba verxellina, capelli del vecchio, e la Veronica hedeifolia occhi della Madonna, l’acetosella è il pan e vin, per il succo aspro che contiene e la fama di estinguere la sete. Lerba cipressina, per via del latte che schizza quando la si preme fra le dita è detta “lait del biss, il tasso barbasso è nnotonanche come fior dla fevra. I nomi popolari nascondono, nrella loro semplicità. molti preziosi elementi del nostro patrimonio popolare. Sarebbe bello farne una raccolta, perché presi  sempre di più dall’innovazione queste informazioni rischiano di andare inerosabilmente perdute.

Favria  5.05.2014       Giorgio Cortese

 

Ogni giorno devo sforzarmi di amare come se dovessi odiare o odiare come se  dovessi amare.

 

I fieri pallon di maggio!

L’amico Sergio, ogni hanno ha sul bordo della cinta una splendida fioritura di viburno bianco, tra   tutti i viburni il Viburnum opulus, chiamato anche pallon di maggio, palla di neve, viburno opalo, oppio, palle di neve, sambuco rosso, sambuco d’acqua, oppiono, in dialetto : bale ’d fioca, rusej, paugnat, è senz’altro il più diffuso sia come specie indigena in Italia. Come si vede questa pianta può contare su molti nomignoli relativi alla  forma della sua fioritura,  e il termine latino Viburnum, può riferirsi al suo significato di “lentiggine” per l’aspetto della corteccia oppure a vincio,  lego, per l'uso che se ne faceva anticamente; il nome specifico opulus che è l’antico nome dell’Acero, è dovuto alla somiglianza delle sue foglie a quelle di questa pianta. Il nomignolo “palla di neve” deriva per via della forma quasi perfettamente sferica che i suoi gruppi di fiori, piccoli e di colore bianco, biancastro.  Si tratta di arbusto che viene coltivato anche in serra, spesso forzandone la fioritura, per essere utilizzato come fiore. Piccola curiosità? La sua coltivazione è particolarmente fiorente nella regione olandese di Alsmeer. La corteccia del viburno contiene tannini, e o frutti di viburno, non commestibili, contengono saccarosio, proteine, isovaleriana, acido tannico, vitamina ?. In Europa, nelle vecchie pubblicazioni scientifiche sostenevano che l’ingestione delle bacche potesse causare un serio avvelenamento, fino alla morte; in realtà le bacche hanno un livello di tossicità molto modesto e solo l’ingestione di frutti acerbi o in grande quantità può provocare fastidi come diarrea o vomito,  tuttavia il sapore aspro e l’odore ingrato rendono il frutto poco interessante da un punto di vista alimentare, specie da crudo. Le bacche secche vengono commercializzate per il loro contenuto in vitamina C. Il Ministero della Salute, nel novembre del 2004, ha inserito i derivati dalla corteccia di Viburnum opulus nella lista di piante non ammesse negli integratori alimentari ma solo nei prodotti farmaceutici ed erboristici, ad uso terapeutico. L’estratto di corteccia ha proprietà antiossidanti. In Russia dalla corteccia e dai frutti si ricavano decotti ed estratti alcolici usati soprattutto come antiemorragici per lo stomaco e le emorroidi. Questi preparati hanno anche proprietà ipotensive, cardiotoniche, calmanti, spasmolitiche ed antinfiammatorie. Dai frutti si ottiene una tintura rossa e dalle bacche disseccate si può fare un inchiostro. Pur trattandosi di un pianta rustica e quindi teoricamente necessitante di poche cure, il suo significato nel linguaggio dei fiori è quello di “muoio se mi trascuri” e anche di “fierezza”. Penso siano evidenti le implicazioni di un suo utilizzo in un mazzo di fiori appositamente creato per lasciare un messaggio. Pensate il viburno bianco viene citato da Giovanni Pascoli, nella poesia “Il gelsomino notturno”: “E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso a’ miei cari. Sono apparsi in mezzo ai viburni Le farfalle crepuscolari…”   Al riguardo ho trovato un racconto fattomi da un anziano di Favria di una favola che gli veniva raccontata da ragazzo. Questa favola  racconta infatti di un giovane che aveva deciso di diventare re, e che per questo motivo lasciò la propria casa e seguì un mercante nei suoi pellegrinaggi.  Un giorno, in un paese deserto, il giovinetto fu messo alla prova dagli spiriti dei defunti. Fu così dolce e caritatevole nel prendersi cura dei corpi dei defunti tormentati che sulla tomba ancora fresca da lui preparata crebbe un cespuglio dai fiori bianchi e un pettirosso fatato disse al ragazzo che quei fiori di Viburno l’avrebbero reso invincibile. Il giovane ne ebbe riprova trovandosi in un regno comandato da dodici savi in mancanza di un re e angustiato da un drago che pretendeva il sacrificio di 10 giovani fanciullo, ogni anno, uno per ogni sua testa.  Grazie alla forza del viburno, il ragazzo che non era San Giorgio,  riuscì a decapitare il drago con il solo aiuto di un bastone e divenne il loro re. Grazie Sergio per la cura per questo rigoglioso Viburno che ogni anno è sempre  più bello e prospero.

Favria 06.05.2014       Giorgio Cortese

 

Certe persone viste da lontano sembrano temibili, ma una volta vicino constato che  non valgono niente.

 

FIDAS FAVRIA FESTA SOCIALE DOMENICA 1 GIUGNO 2014

Donatori   Sangue del Piemonte

Gruppo Comunale di Favria  -To

Lorenzo Tarizzo-Domenico Chiarabaglio

Festa  Sociale biennio 2012 /  2013

domenica  1 GIUGNO 2014

Cara/o

 Donatore, Ti esprimiamo ancora  una volta la nostra sincera    riconoscenza per il Tuo impegno  e siamo immensamente  felici di inVitarti alla festa Sociale del 1 giugno 2014

il Direttivo

 

PROGRAMMA:

 ore   9,30,  ritrovo presso sede sociale, via N. Barberis

 ore 10,00, avvio corteo con sfilata

 ore 11,00, S.S. Messa nella Chiesa parrocchiale  di S.S. Pietro e Paolo

  ore 12,00,  Premiazione dei Donatori benemeriti in  piazza  sagrato  Chiesa San Michele vicino al Castello

 ore 12,30 ca. pranzo sociale presso  Ristorante  “Circolo gli Amici del Mulino” ,   Casale Molino 1– 10080 Rivara (TO)

L’accompagnatore e l’alfiere dei gruppi invitati  saranno graditi ospiti. Per motivi organizzativi è strettamente necessaria la prenotazione telefonica entro il  24 maggio sino all’esaurimento dei posti disponibili ai seguenti numeri: (ore serali)

0124 349509      Macri’ Nicodemo

3479656671        Massaro Barbara

338 1236372       Varrese Vincenzo

3393360888        Spaducci Antonello     

.3331714827    .   Cortese Giorgio

Per i non Donatori, amici, simpatizzanti  o Donatori   non aventi diritto, il costo del pranzo è  di Euro  28,00.  Per tutti i Donatori che hanno effettuato almeno una Donazione nel Biennio 2012/2013, e i nuovi donatori del 2014 il costo del pranzo è di Euro 15,00

HANNO DIRITTO AL   PRANZO GRATUITO tutte le medaglie d’oro, onorificenze Re Rebaudengo, padrini e madrine del Gruppo e  premiati

Presterà servizio la Banda musicale di Favria. Si invitano Autorità, Enti, Associazioni e Popolazione ad   intervenire alla nostra Manifestazione                           

             ELENCO DONATORI DA PREMIARE

 

BENEMERENZA DIPLOMA

ARENA FABIO, BEZGINA ANASTASIYA, BINA ALESSANDRO, BOLLERÒ ANDREA, BRILLANTE ANGELO, CARTELLA’ SERENA, CAT BERRÒ GIANLUCA, CIBRARIO ROSSI FEDERICO GIUSEPPE, COSTANTINO ALESSANDRA, DANTONIA MASSIMO, DI CHIO LEONARDO, DI LIBERTO PIETRO, FARAOANU CELINA, EMANUELA, FARAONE MARIA, FEIRA LORIS

FERRARI FRANCESCA, FORESTA ANTONIO, GALEANO HECTOR DANIEL

GIANNINI ANDREA, MOSCATIELLO MARIALUISA, MOSCATO ALESSANDRA

MOTTO GIORGIO, PANTANO GIUSEPPE, RAMPONE ROBERTA, ROSSI ANNA, ROSTAGNO GIUSEPPE CARLO, SALVARANI MAURIZIO, SCALESE DARIO

SIMONETTA GIUSEPPE, SPADUCCIANTONELLO, TARIZZO RENZA DOMENICA, TINETTI VALERIA, VIGLIATURO MAURIZIO MICHELE, VITELLA CLAUDIA

 

BENEMERENZA DISTINTIVO BRONZO

BARLETTA FRANCO, BERTORELLO JESSICA, BONGIOVANNI IVO, ORGHINO ROSANNA MARGHERITA, BRUSA DAVIDE, CAPOZZIELLI GIANLUCA, CEBIN GINO PAOLO, CESARANO TERESA, CROVERO EUGENIO, D’ALOIA ALESSANDRO, FEIRA COTTINO DAVIDE CARLO, FERRO MARCO, FLOCHEN GIOVANNI, GAROFALO VINCENZO FRANCO, LAROSA DOMENICO ANTONIO, MANCUSO PAOLO, MARCHETTO ERALDO, MAURO FABRIZIO, MUSTO MICHELE, OBERT ANDREA, RUFFATTO FULVIA, SCALESE MARIO, TREVISAN LUCA, VITTON GOMMA FABRIZIO, VITTON MEA ELENA, ZENZOLO DANIELE

 

BENEMERENZA DISTINTIVO ARGENTO

BAIMA BESQUET ROBERTO, BAIMA BESQUET ROBERTO, BARTOLOTTA ANTONIO, BORGIA VINCENZO, IANIA MAURIZIO, MANCA KATIA, SACCO SERGIO, SIRIANNI ROSINA, TAMBURRO ANDREA, TORTORELLI PAOLA, TRAPASSO PASQUALE

 

BENEMERENZA  1 MEDAGLIA  ORO

COSTA ROBERTO, COSTANZO FILIPPO, DEMATTEIS PAOLO, GAMERRO CLAUDIO, GAVARDONI ANTONIO, MAZZASCHI MASSIMILIANO MARIO,

SCHIPANI LEONARDO, SIMONETTA LORENZO, VARRESE SERAFINA

 

BENEMERENZA 2 MEDAGLIA  ORO

BATTUELLO MARIO VINCENZO, CAT BERRÒ DOMENICO, CURTO FRANCESCO, D'ANGELO GIOVANNI, D'ANGELO CLAUDIO

 

BENEMERENZA 3 MEDAGLIA ORO

DIGHERA PIERLUIGI

 

BENEMERENZA 4 MEDAGLIA ORO

GIOLITTO DEINA GIOVANNI , PRETARI FRANCO

 

BENEMERENZA 5 MEDAGLIA ORO, 150 DONAZIONI:

 NORCIA FRANCESCO